Siamo abituati a sentire storie di ragazzi che emigrano dal sud verso il nord, d’Italia o d’Europa, trovano un lavoro e decidono di stabilirsi definitivamente nelle città che li hanno accolti. Nel frattempo i paesini del sud invecchiano sempre più, rischiando di scomparire o di rimanere un luogo per le vacanze estive degli emigrati. Noi vogliamo raccontarvi una storia diversa, controcorrente, la storia di Michele. Dopo aver vissuto diversi anni a Roma, dove ha studiato e trovato lavoro, Michele ha deciso di ritornare al sud, nel suo paesino nel cuore della Calabria, Albidona, e ha deciso di ritornarci a piedi. Una storia fuori dall’ordinario e che merita di essere conosciuta, per il coraggio di lasciare tutto e andare incontro all’incertezza e alle difficoltà di vivere in un paesino del sud, e per l’originalità dell’idea.
- Iniziamo parlando di te, della tua storia, cosa ti ha spinto a fare questa “calata” a piedi verso casa e raccontarlo sui social?
Dopo aver lasciato il lavoro a Roma ed aver deciso di tornare a vivere ad Albidona, in Calabria, avevo voglia di prendermi un paio di mesi per fare un viaggio a piedi. La scelta cadde sul celeberrimo cammino di Santiago. Quando finii di preparare il viaggio (mancava da comprare solo i biglietti per Lourdes o Bilbao) chiamai uno dei miei 4 fratelli, Angelo, e gli manifestai la mia insoddisfazione nei confronti di questo viaggio che iniziava a risultarmi un po’ banale. Insomma, volevo fare qualcosa di esclusivo. Lui rifletté un attimo e mi disse: “scusa, ma visto che hai deciso di tornare a vivere in Calabria e visto che hai deciso di fare un viaggio a piedi, perché non torni giù camminando, creando così il tuo personalissimo viaggio?” . A quella domanda/proposta la mia mente si aprì ed iniziò da subito ad organizzare! Questa cosa fu concomitante alla lettura di un libro molto importante, “Le basi morali di una società arretrata” dell’antropologo americano Richard Banfield, il quale nel 1958, a Chiaromonte (PZ), si interrogò sul perché la società meridionale d’Italia fosse economicamente e commercialmente indietro rispetto al resto d’Europa. Trovai incredibilmente scioccante come alcune sue conclusioni, fatte 59 anni prima, fossero così attuali nel 2018. Allora mi misi in testa di provare se quelle affermazioni fossero ancora giuste, toccando con mano la vita di piccoli paesini lungo il mio viaggio nel Sud Italia.
- Come hai deciso il percorso da fare?
Il percorso si basa sulla storia: è diviso lungo 2 importanti direttrici. La prima è la via Appia, prima strada d’Italia che i romani edificarono per raggiungere il mezzogiorno ed aprirsi un varco ad oriente col porto di Brindisi; la seconda è l’attuale SS92 che da Potenza, incrociando l’Appia, raggiungeva Sibari, passando da casa mia Albidona. Questa strada, anticamente, veniva probabilmente utilizzata dai pellegrini del Sud Italia per raggiungere San Michele sul Gargano. Era mio intento, quindi, trovare su questa strada tracce della via Micaelica.
- Qual è la cosa più bella che ti è capitata durante il percorso o quella che ricordi con più piacere? Cosa invece ti ha sorpreso?
A parte le centinaia di persone che mi hanno accolto (anche nelle loro case), le nuove conoscenze, l’affetto dimostratomi, ricordo con grande piacere due eventi in particolare:
Il primo è il valico del Monte Carruozzo, tra Campania e Basilicata perché mi ha dato l’impressione di aver scavalcato un muro e di aver iniziato una diretta discesa verso casa; il secondo è la condivisione di un pezzo di percorso con una ragazza (della quale non dirò nè nome nè provenienza per evidenti questioni di privacy), della quale mi ha colpito la voglia di comprendere fino in fondo i motivi del mio viaggio ed i miei sentimenti in quel momento.
Ciò che più mi ha sorpreso è la Basilicata per intero. Una pazzesca biodiversità in 180km, ma anche una contraddittoria convivenza con veleni e situazioni che uccidono. Ho avuto la possibilità però di conoscere gente combattiva. Una bellissima regione.
- C’è un’esperienza in particolare che senti di voler raccontare?
Corleto Perticara, metà Maggio, ore 17. La piazza si riempie di operai in giubbotti arancioni. Vengono dal vicinissimo impianto di estrazione di Tempa Rossa…mi sono venuti i brividi, per tutto ciò che significa e per tutto quello che c’è dietro. Il giorno dopo dovevo parlare ai ragazzi dell’istituto tecnico industriale per spiegargli che quella non era l’unica strada…ma come avrei fatto? Il giorno più difficile del viaggio…
- Quali sensazioni ti hanno accompagnato durante il viaggio?
Un po’ tutte. Felicità, stupore, stanchezza, rabbia, solitudine, propositività, gioia. Credo che, però, questo viaggio e viaggi del genere, a piedi ed in solitaria, siano utili per un motivo principale: ti mettono inevitabilmente ed inesorabilmente di fronte a te stesso, costringendoti a scavare, anche con rabbia, nel profondo del tuo animo. Questi viaggi diventano spirituali, anche se il movente non sono i Santi.
- Come hai trovato la “gente del sud” sul tuo cammino?
Prima di tutto accogliente, anche se non so dare un giudizio oggettivo su questa cosa, dato che il mio viaggio era ampiamente annunciato e preparato anche da persone presenti in loco. Sono però convinto che, magari dopo un po’ di diffidenza iniziale, sarebbero stati tutti accoglienti anche se fossi piombato lì senza preavviso. Poi un po’ lamentosa. Sembra sempre che la colpa per la propria condizione sia di qualcun altro.
Per la maggior parte statica. Guardandoli, colloquiandoci , si ha la sensazione che stiano aspettando che il mondo si muova verso di loro, piuttosto che muoversi verso il mondo. È vero anche che i miei principali interlocutori, sono state quelle persone che in un modo o nell’altro spendono parte della loro vita per migliorare il posto in cui abitano. Mi sono reso conto però che , purtroppo, queste persone rappresentano la minoranza.
- Come hai trovato il sud, invece? Quali prospettive credi che abbia e cosa conserva ancora del suo passato? Quali sono i suoi punti di forza?
Del suo passato conserva poco, anzi lo ha disprezzato e lasciato deperire. Oggi si cerca tanto di rivalutarlo, grazie anche al cambio generazionale, ma alcune cose sono perse per sempre. Ho trovato un Sud più consapevole delle proprie forze, ma ancora legato a meccanismi politici ed economici vecchi e poco adatti al territorio. Basti pensare che si insiste costantemente nel turismo dei villaggi e dei macroattrattori, quando in realtà le bellezze naturali basterebbero, se sfruttate al meglio, per creare eserciti di visitatori interessati. Credo appunto che turismo e agricoltura siano i punti di forza per lo sviluppo, anche perché lo sono sempre stati nella nostra storia. Dopo avercela scippata hanno provato a riportare l’industria nei nostri territori, ma in effetti non ha mai attecchito.
- Cosa ti aspettavi da questa esperienza? Le aspettative sono state rispettate?
Da questa esperienza mi aspettavo che fosse una importante palestra per tornare a vivere giù. Devo dire che le aspettative sono state rispettate.
- Se dovessi fare un bilancio come sarebbe?
Assolutamente positivo. Tralasciando gli intenti socio-atropologici, le esperienze umane vissute sono impagabili.
- Cosa porterai sempre con te di questa “calata”?
I volti delle persone.
- Come è stato il ritorno al sud e come vedi il tuo futuro al sud?
Nonostante la buona palestra fatta col viaggio, vivere giù è altra cosa. I traumi non sono stati pochi ed alcune buone intenzioni sono naufragate di fronte alla impossibilità di essere realizzate. Di contro, però, il Sud ti permette tanto rispetto alla grande città o al resto d’Italia in generale. Si tratta di rapporti umani differenti, di tessuto sociale intrecciato in altra maniera, una sorta di mutuo soccorso, fondamentale per la stabilità mentale. E questo mi mancava parecchio a Roma. Inoltre sembra diventare sempre più forte una certa voglia di ritorno, da parte di giovani e non, alla propria terra. Questo è un bene e potrebbe essere davvero la chiave per un nuovo sviluppo.
Non so se il mio futuro sarà qui o altrove. Intanto mi sto facendo casa. Poi si vedrà…
- Hai in mente altri progetti simili?
No. I progetti che sto portando avanti da due anni, qui ad Albidona, sono progetti che si riflettono sul territorio e cercano di coniugare valenza sociale e sviluppo territoriale e per ora non implicano un cammino.