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Uno specchio per conoscere noi stesse: la salute mestruale

Quando un argomento è scomodo, si tende a non parlarne, ma più è scomodo, più spinge alla riflessione. È per questo che parlare di mestruazioni e salute femminile, nel 2019, è scomodo. Mi sono avvicinata a questa tematica, molto calda e sgradita ai più, per merito di una mia amica, che mi ha spinta e informarmi e interrogarmi. Maria Carmen Punzi (dottoranda all’Erasmus University di Rotterdam) è una di quelle persone su cui potrei spendere pagine intere, ma che oggi sento di dover farvi conoscere per la piccola battaglia che porta avanti: la conoscenza di sé stesse e del proprio corpo. Le cose di cui potremmo chiacchierare sono tante, ma proveremo a non tralasciare nulla. Sappiate che intervistare una cara amica non è affatto cosa facile! Ci sentiamo via Skype di venerdì mattina, e la prima cosa di cui parliamo è il caso di bocciatura dell’emendamento Boldrini dei giorni scorsi.
Il punto non è l’IVA sugli assorbenti, mi dice subito Maria Carmen, abbassare o alzare l’IVA porta il tutto ad un discorso semplificato. E’ un fatto di principio, e che ti spiega non tanto che c’è una discriminazione, ma dimostra che le leggi non le fanno le donne e quindi c’è questa idea che tanto è una cosa minima.

Maria Carmen Punzi

Il percorso di Maria Carmen nella femminilità nasce molto anni fa, per ragioni sia di studio che di interesse, ma ciò che le chiedo è perché la salute mestruale sia ancora un tabù nel 2019. Lei mi guarda ridendo. Eh.. la domanda da un milione di dollari! Diciamo che secondo me c’è una risposta breve ed una più lunga. Partendo dalla breve, semplificando, non è un mondo per donne. Cioè, è un mondo che è stato in un certo senso messo insieme e pensato dagli uomini. Ora, si potrebbe fare una digressione infinita sul perché di questo, ma la cosa fondamentale è che c’è e c’è stata una differenza di genere negli anni, quindi una prevalenza maschile, ma non è una prevalenza di forza, piuttosto di schemi mentali. Nel momento in cui siamo arrivati a combattere per l’uguaglianza, la narrativa è stata tramutata in “ok siamo uguali, abbiamo gli stessi diritti e dobbiamo avere le stesse possibilità”. Principio giusto, ma ci siamo dimenticati che in realtà, uguali non lo siamo per niente! Il corpo femminile è completamente diverso dal corpo maschile, a livello ormonale e di salute mentale, per cui c’è stato questo trade-off tra il “si lotta per l’uguaglianza o vogliamo capire in che modo siamo diversi?” Per me è questo il problema di fondo, nella lotta per l’uguaglianza, la risposta è stata la pillola anticoncezionale, il voto, la possibilità di vestirci come gli uomini.. Essere come gli uomini e, in un certo senso, la parte delle ciclicità della donna, perché va detto, le mestruazioni sono solo una parte di un ciclo più complesso, è stata messa da parte. Anche dalle donne. Non è che le femministe hanno fatto male o i maschi sono cattivi, ma parliamo di una differenza biologica che va capita prima di essere decostruita. Un uomo ha un ricambio ormonale di 24 ore, la donna di 28-30 giorni.. Voglio dire, è la prima differenza! Per questo non se ne parla, è l’ultima ruota del carro anche quando si parla di femminilità.

Mentre parliamo, le sue parole mi portano ad una constatazione: parlare di ciclo “fa schifo”, ma quanto?
Secondo me tanto ancora! Non lo si conosce ancora, e tutto proviene da un mix di messaggi che noi riceviamo come donne e come uomini, ma da sempre! Pensa alla classica pubblicità della LINES in cui ti mostrano la ragazza che fa la ruota ed è felice: lì il messaggio che passa è che nessuno deve sapere che io ho il ciclo, anzi mi metto i pantaloni bianchi e profumo. Quindi che cosa percepisco? Nessuno deve sapere e questo prodotto mi aiuta a farlo. E’ anche l’idea che la vagina e il sistema riproduttivo femminile sia una cosa che non va bene, che puzza..! Un insieme di ignoranza e messaggi che continuiamo a trasmettere gli uni agli altri.

Di conseguenza, l’altra domanda che mi sorge spontanea è: perché la disinformazione parte soprattutto dalle donne? E’ pudore o rifiuto?
Dipende molto dalle persone, chiaramente, ma soprattutto non è un discorso culturalmente omogeneo. Non parliamo neanche di Europa VS Africa, anche all’interno dell’Europa stessa.
Allora, la paura porta a delle emozioni forti, cioè questi passaggi dalla pre-ciclicità al dopo, sono dei passaggi importanti per le ragazze, è un momento in cui devi affrontare il peso del fatto che il tuo corpo sta cambiando a velocità maggiore del tuo stato mentale. Secondo me bisogna riagganciarsi ai messaggi contrastanti che riceviamo, da una parte “sei diventata una donna”, dall’altra “non vestirti troppo scollata”, oppure “il ciclo che schifo”.. Insomma, tutto questo genera confusione su come ci si deve sentire. Se si impara ad accettare la propria ciclicità, questa diventa uno strumento potentissimo. Certo, è difficile in una società come la nostra: è difficile accettare che una ragazza sia suo agio nel proprio corpo, magro o grasso non importa. Non è che siamo contenti di fronte ad una cosa del genere. Forse è come siamo state cresciute, pensare che ci sia distanza tra noi e il nostro corpo, quindi non è né pudore né ribrezzo, magari, è più che altro una distanza, un fatto di non essere dentro il nostro corpo.
E’ come se fosse una cosa esterna: il ciclo è una cosa che arriva, che non è parte di me. Si parla solo delle mestruazioni, non del ciclo completo, ma ci sono anche molte altre fasi che hanno altre caratteristiche che possono aiutare a capire sé stesse. Altrimenti ci sentiremo sempre dire “Ah hai il ciclo, sei isterica, hai le paturnie”, che poi devo dirlo, queste sono cose che accadono nei giorni prima della mestruazione, comunque ecco.. Ci si aliena dal proprio corpo, quasi non lo si riconosce, perché altrimenti non ti farebbe schifo. Non è che uno ogni volta che si va al bagno si dice “Oh Madonna mia che schifo ho fatto pipì!”

A questo punto del discorso, non la chiamerei neanche più salute mestruale ma salute femminile, e allora ecco, perché pur essendo una cosa che afferisce un intero genere umano, di questi argomenti non si parla? Come scavalchiamo la ritrosia e l’ignoranza?
Questo è strettamente legato al mio lavoro negli anni passati, quindi non te lo dico come agente esterno. Le due cose fondamentali sono l’educazione, forse banale da dire, e poi la leggerezza di spirito. Da una parte questa è per me una tematica importante, fondamentale, dall’altra affrontarla con serietà, peso esistenziale, porta a non parlarne affatto! Già è un argomento molto difficile, poi se uno si mette con la mentalità di convincere le persone.. Allora gli altri faranno cento passi indietro, e lo so, l’ho visto succedere. Non dobbiamo sminuire il problema, ma è una cosa che fa parte di noi, se ne può parlare come no, bisogna sempre avere rispetto della persona che hai di fronte, non è che puoi costringerla investendola di questa cosa! Tornando all’educazione, per me è necessario conoscere. Non si può risolvere il problema dicendo “d’accordo, assorbenti gratis per tutti”, qui il punto è che non si sa come funziona il ciclo mestruale, non si sa che il ciclo è una finestra sulla salute delle persone. Se stai male, il ciclo è uno degli unici modi che tu hai per capire se hai, ad esempio, problemi di infertilità o ormonali. Ma se continuiamo sopprimere il ciclo stesso, è come se noi non mettessimo a tacere questa spia, quando è come se il tuo corpo ti stesse dando delle informazioni. E’ un peccato continuare ad avere questo approccio, perché si perde tanto. Partire dalle basi, quindi: cos’è il ciclo mestruale, come influenza la mia vita, perché alcune malattie sono strettamente collegate al ciclo. Magari finalmente si potrebbe cambiare la narrativa che le donne sono pazze e incostanti. In realtà sì, le donne sono incostanti, perché noi abbiamo delle fasi diverse, e se questo è vissuto attraverso le lenti di un mondo a forma di uomo, noi non ci entreremo mai in quel modellino, perché non siamo fatte così! Tutto proviene dall’ignoranza, non si ha ha ribrezzo verso il ciclo perché si odiano le donne, ma se non si conosce, è chiaro che si genera indifferenza.

Dunque quanto influisce la cultura in questo senso? Secondo me tantissimo, perché in realtà dipende tanto da come vediamo il corpo, quindi c’è certamente un’influenza religiosa, almeno in Italia. Per non parlare del tabù dei prodotti interni, di conseguenza tutto un tabù legato alla verginità, per esempio, che pure è presente in tanti paesi africani. Non è solo come si vede l’educazione delle donne, ma come si vedono le donne nella società.


La riflessione si estende, le domande che vorrei fare sono molte e complesse. Visti gli eventi di questi giorni in Italia, sono curiosa di porre una domanda nello specifico: l’Italia è pronta ad una rivoluzione ideologica come questa? Oppure siamo destinati a sentir parlare di tampon tax per sempre?
Io non sono una determinista, mi definirei un’ottimista. Penso che negli ultimi anni ci sono stati molti cambiamenti, molti dei quali sono persino avvenuti in paesi più difficili dell’Italia. Il cambiamento ci può essere se non è una rivoluzione di idee, cioè se non diventa una battaglia maschi contro femmine oppure donne che usano la coppetta contro quelle che usano assorbente esterno e via dicendo. Avendo lavorato con molti imprenditori, posso dire che non c’è una soluzione per tutti, e questo funziona con i prodotti così come con l’approccio! Non è che adesso tutti dobbiamo amare le mestruazioni! Se diventa una battaglia io contro te, allora no. In Italia tanti di questi dibattiti si svolgono così, per tutta una serie di motivi (cultura, mass-media..), ma c’è tanto potenziale se diventa una narrativa che si conosce insieme: in una coppia, in una classe a scuola.. Non c’è nessun problema se tu lo approcci come un tema che è interessante. Alla fine, pure per gli uomini che cercano di stare vicino a delle donne – mogli, figlie, amiche – è una chiave di lettura, è uno strumento! Ma se noi li escludiamo a priori, diventa molto difficile, perché non è che possiamo fare la rivoluzione senza i maschi! Rido spesso quando penso alla battuta della “Casa di Carta” in cui si dice “Empieza el matriarcado” perché in realtà non me lo auguro, perché neanche quella è l’uguaglianza!

Appunto, come dicevamo prima, si conosce e si lavora insieme, donne e uomini. Ecco, a proposito di battaglie, su queste cose che abbiamo appena detto, mi ha colpito molto una frase che hai detto prima, cioè che non è possibile una soluzione per tutti. Allora penso a tutti i dibattiti social che ho visto in cui si scontrano donne con coppetta contro donne senza. Quanto influisce l’ignoranza sul tema?
.. io sono super arrabbiata quando si fa questo discorso! Ti dirò velocemente che è perché molte persone non possono usare prodotti interni, ci sono tante persone che hanno disagi di salute, non è che non vogliono in assoluto. Non è che iniziando a fare una campagna ideologica tra donne si risolve il problema. Si parla tanto di prodotti ecosostenibili e certo, delle soluzioni di questa natura sono desiderabili, ma una cosa alla volta! Io di prodotti ne ho provati molti, lo sai, e credo che i prodotti riutilizzabili ti mettono ancora più a contatto con te stessa, ma non tutti possono e vogliono farlo! Per me bisogna prima di tutto far sì che tutte le soluzioni siano conosciute, perché non tutti sanno la differenza tra i vari tipi di assorbenti – cotone organico, con applicatore o senza.. -. E poi, una volta che conosci le alternative, le adatti alle tue necessità. Si dovrebbe poter scegliere, anche se molti di questi prodotti innovativi sono proibitivi, un’altra follia. Quindi no alle faide interne, si toglie il senso a ciò che stiamo cercando di fare. Libertà di scelta. Altra cosa che dico, perché fa parte della mia ricerca, di molti prodotti non conosciamo gli ingredienti, nessuno fa sapere come sono stati fatti, e certamente questo fatto delle tasse mi fa rabbia, dovrebbero certamente essere prodotti di prima necessità.


Visto il tuo progetto dalla tematica così delicata, quanto è stato accolto e accettato da professori, professionisti, amici e famiglia?
In realtà io sono stata molto fortunata, alla fine c’è un contrasto tra la distanza che uno prende dall’argomento e il fatto che è un argomento “sexy” perché è nuovo, quindi a livello lavorativo mi ha aiutata. Non ci sono molte persone che si prendono la briga di fare queste ricerche, quindi alla fine del Master, ho fatto due anni di lavoro in una ONG che si occupa di salute della donna nei paesi in via di sviluppo. Lì dentro, nessuno sapeva davvero qualcosa di salute mestruale, e parliamo di gente che si occupa di contraccezione, non di acciaieria! E’ stato un valore aggiunto il mio. Poi sai, parlando con amici e familiari è bastato poco.. Non appena uno lancia una miccia è un attimo che divampa il fuoco dell’interesse! Io non sono una professionista, ma avendo letto e studiato tanto posso indirizzare le persone. Quindi no, non ho incontrato resistenza.

Adesso – per mia sfortuna come amica – lavori in Olanda. A prescindere dai motivi personali che ti hanno spinta a questa scelta, ma perché proprio l’Olanda si è rivelata territorio fertile per questa ricerca?
L’Olanda è molto attiva, ha una società con il terzo settore molto attivo, anche sui diritti delle donne e in generale su questioni tabù come la sessualità. Insomma, rispetto ad altre realtà è molto aperta. C’è molta più ricezione, almeno così l’ho percepita io. Diciamo che c’è molto desiderio di argomenti nuovi, anche all’università di stimola la tensione verso argomenti nuovi e meno tradizionali. Inoltre, iniziano molto presto l’educazione sessuale, che è anche molto completa. Poi c’è l’aspetto culturale, come si accennava prima, qui l’attenzione sull’educazione alla pubertà è molta.

© Monki


Gli elementi che hanno giocato e giocano a tuo favore sono molti, insomma! C’è anche da sottolineare un altro, importantissimo aspetto. Tu sei giovanissima, dinamica e coinvolgente, tutto questo influisce certamente sul tuo lavoro e nella tua “campagna di conoscenza e sensibilizzazione”, infatti, di recente, hai anche aperto una fantastica pagina Instagram! (@periodswithmariacarmen). Certamente può fare la differenza il fatto che una giovane come te parli di questo argomento, almeno in un paese come il nostro.
Io sono convinta che, chiaramente, prima si inizia meglio è! Ho saputo che ultimamente la LINES ha fatto uno spot con degli attori molto giovani, e questo può essere un segnale forte. Non sai quanti commenti bellissimi ho ricevuto riguardo l’apertura della pagina! Questo per me è rincuorante. Poi, se ci pensi, più vai avanti con l’età, più è difficile sdoganare tutta la faccenda. E non parlo solo di ciclo, anche sulla sessualità è tutto molto complicato! Vai a sradicare tutto questo a 70 anni..! Se la consapevolezza parte in giovane età aiuta, e aiuta che io sia giovane, che sia una ragazza, ma dipende tutto da come ci si pone. I temi da trattare sono infiniti: c’è una parte spirituale, economica.. Ci sono tanti aspetti! Pensa per esempio a come accomodare la ciclicità al lavoro. C’è sempre, in ogni caso, una lente che si può applicare a tutte le situazioni in cui prendi in considerazione la ciclicità. Per questo non dobbiamo parlare solo di mestruazioni, ma considerare sempre tutto. E ti dirò di più, la cosa importante è presentarla con una chiave di lettura positiva. Quando comprendi appieno la tua ciclicità, sai anche quando puoi fare meglio certe cose, per esempio, biologicamente, ci sono dei momenti in cui vogliamo stare tra la gente, in continuo movimento; ce ne sono altri in cui ti senti giù, senza forze e inutile. Lì è il tuo corpo, i tuoi ormoni che ti dicono che hai bisogno di ricaricare. Quando mai hai sentito dire una cosa del genere?

Andremmo avanti a parlare per ore, perché questo universo offre mille spunti e scoperchia, di continuo, altrettante curiosità. Maria Carmen è la persona più giusta con cui parlarne e affrontate certe spinose questioni, perché con la sua conoscenza e professionalità, ma soprattutto, dolcezza e savoir faire, riesce ad aprire gli occhi e coinvolgere. Però, oggi, terminiamo la chiamata con l’augurio che di questo tema si possa parlare sempre più e in maniera sempre più informata. Non si combatte per amor proprio, ma per bene comune. Andare oltre certe barriere mentali e culturali non è una cosa da poco, ma, come sempre, la conoscenza è l’unica arma veramente utile. Ringrazio la mia amica preziosa, come prezioso è il suo contributo in questo immenso macrocosmo!

Ricordo a tutti la pagina Instagram su cui seguire gli aggiornamenti di Maria Camen, perché non si smette mai di imparare! @periodswithmariacarmen.

Articolo già pubblicato in versione ridotta sul Quotidiano del Sud – l’Altra voce dei Ventenni di lunedì 18/11/2019