…e si sente l’America!

Mi chiamo Luigi Sprovieri, ho 28 anni e sono stato in America.
Non importa come io mi chiami o quanti anni io abbia. Io sono stato in America.

Non parlo di un viaggio per visitare parenti lontani o scoprire le città più importanti. Ho vissuto lì un anno intero. Lo chiamo segno del destino, visto che sono nato il 4 Luglio.

Anno 2016, appena laureato in giurisprudenza. Città prescelta: Boston (MA). Winter Street si trova a Cambridge; la mia casa ha un pavimento scosceso ed un parquet fatiscente, ma mi piace. Mi piacciono le mie coinquiline, la mia stanza molto piccola da $1200 ed il fatto che siamo in una palazzina precostruita di soli studenti.

Non so se avete mai avuto modo di vivere lontani da casa. Ho vissuto tre anni a Roma e già sentivo periodicamente il bisogno di tornare nella mia amata Calabria, ma scegliere un altro continente, con orari diversi, videochiamate come abbracci e portafogli spesso vuoto, non è semplice da vivere.

Tutto risiede nella motivazione che ti spinge a saltare su un aereo, anche quando ne hai profondamente paura. La mia motivazione si chiamava Hult International Business School, per un Master in International Marketing, che con tutti i suoi controsensi, non solo con il mio background, ma anche organizzativi, è una di quelle esperienze che rifarei ancora e ancora.

Sono arrivato in ritardo, come sempre del resto; lezioni già iniziate, studenti seduti con un tag con il proprio nome davanti ed il paese di provenienza ed una docente giovane, molto preparata, che inizia con “Abbiamo un nuovo studente”. Era il 15 settembre, ancora il torpore estivo si sentiva, ma il gelo si è presentato ugualmente a quella affermazione. Ho risposto con imbarazzo dovuto a 140 occhi puntati solo su di me, anche perché pur avendo una buona base di lingua inglese, risultavo estremamente fuori luogo parlando con accento italiano. I primi quattro mesi sono stati così; io che provo a comunicare inserendo gesti e figure, pur di non sembrare più impreparato di quanto fossi; fino a quando, con il ritorno a gennaio 2017, ho deciso che tutto sarebbe cambiato. L’atteggiamento si era modificato ed il mio essere secchione, come al liceo, ha cercato di avere la meglio su di me.

Questo Master mi ha sicuramente dato modo di entrare nel mondo del Business che conoscevo non così bene, ma soprattutto mi ha dato la possibilità di capire quali fossero le mie inclinazioni in questo mondo ed in cosa fossi bravo o meno.

In questo anno è nata anche Weddie, una piattaforma per la preparazione del proprio matrimonio, pensata per la Calabria e con la voglia di portarla nelle altre regioni a tempo debito. Il mio Team mi ha sbalordito, perché pur essendo composto, come nelle migliori barzellette, da un indiano, uno spagnolo, una ceca, un’araba ed un italiano, ha ripreso e approfondito le nostre tradizioni e ha fatto sì che si potesse vincere un premio all’interno della scuola stessa.

Questo è il bello di partire e andare lontano, perché nascono varie realtà. Ma la più bella la trovavo tra le quattro mura di casa. Io e le mie due coinquiline e mezzo. Non chiedetemi perché, ma c’era chi non pagava l’affitto, ma viveva con noi; sia chiaro, lo pagava, ma in altro appartamento. Eravamo quattro persone in tre stanze, ma un unico cuore. Lì dentro ho trovato il modo di non impazzire e di capire che il tempo, poi, passa alla velocità della luce.

A maggio il mio compagno mi viene a trovare, ma una settimana, dopo quattro mesi, non basta. Aspetto con ansia agosto ed il giorno del diploma. Da bravo calabrese, porto con me undici persone: il mio compagno, due genitori, due sorelle, due cognati e quattro nipoti dai 2 ai 9 anni all’epoca. Una gioia averli lì con me.

Vengo chiamato sul palco, faccio una smorfia per la conclusione degli studi e poi arriva il giorno in cui ottengo il visto tanto atteso, per cui ho pagato e che avevo voglia di avere. Guardo la mia foto con amarezza, paura, ansia e tanta voglia di capire se sto per fare la scelta giusta.

Sarei tornato in Italia per un mese e poi destinazione New York, per vivere il sogno americano e trovare il “lavoro dei miei sogni”, con un curriculum pieno di speranza ed una foto un po’ troppo seriosa per i miei gusti.

Arrivo a Fiumicino alle 7 del mattino. Sento l’odore di cappuccino e cornetto, vedo gente sorridere ed essere conviviale, molto di più del bostoniano medio. Il sole riscalda fortemente ed ogni insicurezza scompare: no, non tornerò dall’altra parte del mondo.

La scelta avviene quando il cuore si alleggerisce. Pur dopo aver viaggiato in America in questo anno passato da studente, pur avendo conosciuto persone meravigliose, pur sapendo che il mio compagno mi avrebbe seguito ovunque nel mondo, il cuore deve avere la precedenza. Bisogna saper discernere e ricordare che per quanto la testa punti al meglio, non sempre si tratta del meglio per sé. Avevo la sensazione che gli Stati Uniti sarebbero stati sempre nel mio cuore, ma le persone così diverse da noi, la vita lavorativa che non ha assolutamente nulla da invidiare in quanto a sforzo (pur essendo migliore dal punto di vista retributivo), il bisogno viscerale di rapporti umani, erano la giusta spinta per riportarmi a casa, con l’amaro nel cuore per un qualcosa che sembrava essere una sconfitta, ma con quella forte nota di gioia incondizionata.

Il meglio per me era un paese 11 volte più piccolo degli Stati Uniti, con una realtà fatta di problemi, caos automobilistico in ogni strada, un gran numero di buche, con uno Stato da ricostruire dalle basi, ma con una grande voglia di ricrescere, rinascere e farsi valere, tra incomprensioni e contraddizioni.

Dal 2017, anno del mio ritorno, scelgo l’Italia per essere felice. Ancor di più, in questo momento, scelgo la Calabria, una terra incontaminata e meravigliosa nelle sue contrapposte sfaccettature. Scelgo Cosenza, un centro urbano fatto più di auto che di uomini, ma che guarda ad una crescita artistica e di profonda preparazione, a vista d’occhio. Scelgo la mia casa, il mio cielo, il mio nuovo progetto, ricordando che dall’altra parte del mondo avrei potuto fare grandi cose, ma le più belle rimangono a casa.

God bless my home.