Pochi tecnicismi, ma tanto istinto. Quell’istinto che ti fa prendere in mano una macchina fotografica e scattare, immortalare qualunque cosa possa attirare lo sguardo indiscreto dell’obiettivo.
Ma dove sta il talento? Il talento sta nell’immortalare degli attimi unici, irripetibili, perfetti, fugaci e per questo, eterni.
Vivian Maier è una fotografa statunitense che, in poche parole, non sapeva di esserlo se non fino a qualche tempo prima della sua morte, avvenuta nel 2009. Sarà John Maloof nel 2007, all’epoca agente immobiliare, ad acquistare durante un’asta parte dell’archivio della Maier, confiscato per un mancato pagamento. Purtroppo non riuscirà mai a conoscerla, ma ha continuato e continua ancora oggi nella ricerca di prezioso materiale riguardante la misteriosa tata-fotografa.
Chi è Vivian Maier
Vivian nasce a New York nel 1926 e, in seguito alla separazione dei suoi genitori, Charles e Maria, si trasferisce insieme alla madre in Francia, tra Saint-Julien e Saint-Bonnet-en-Champsaur, dove vi trascorre gran parte della sua infanzia. E’ proprio in quel periodo che ha l’ occasione di avvicinarsi all’arte della fotografia, sotto l’influenza di un’amica della mamma, nonché fotografa professionista Jeanne Bertrand, che convive per anni insieme a loro.
Nel 1951 Vivian lascia la Francia per tornare negli Stati Uniti, precisamente a New York.
Ha 25 anni e una Rolleiflex che porta sempre con sé a tracolla, come un’amica, una compagna di viaggio. Dopo aver attraversato il Nord-America, nel ’56 si stabilisce a Chicago, dove lavora come bambinaia per la famiglia Ginsburg.
Nonostante il suo lavoro non le piaccia particolarmente è comunque molto amata dai bambini e, nella casa che la ospita, riesce a ritagliarsi il suo angolo di paradiso, trasformando il suo bagno privato in una camera oscura.
E’ proprio a cavallo tra gli anni ’50 e ’70, durante la permanenza negli Stati Uniti, che dà alla luce la sua vasta collezione di scatti fotografici. Scatti per la maggior parte in bianco e nero che raffigurano momenti di vita quotidiana, in una New York che ostenta la ricchezza e soffre per la povertà.
Mani che si stringono, donne americane avvolte nelle loro pellicce o nascoste sotto la veletta di un cappello, bambini che piangono, clochard ai bordi delle strade, famiglie sulla spiaggia e tanti autoritratti: lei, la fotografa vestita da tata, riflessa nella vetrina di un negozio di antiquariato o nello specchio di un caffè.
Il vero potere di questa fotografa, che per anni ha vissuto nel silenzio e nell’austerità della sua arte, è quello di saper cogliere e immortalare scene di vita quotidiana senza tempo. Le espressioni dei volti così come i gesti delle persone raffigurate nei suoi scatti, rappresentato la natura archetipica di alcuni caratteri umani, tanto da farli somigliare a delle eccentriche caricature: la fronte corrucciata della ricca signora colta di sorpresa mentre si accinge ad attraversare la strada, lo sguardo profondo degli occhi color nocciola di una donna di colore, l’anziana che si adagia stanca e a occhi chiusi sulla spalla del marito, raccontano prima di tutto delle storie e delle personalità, oltre che tracciare oggi una testimonianza della moda, dello stile e della vita di quegli anni in America.
Inutile dire che ci si perde facilmente ammirando le sue opere, che definirei ironiche, bizzarre, curiose, perché osservandole attentamente si può scorgere in un vetro il riflesso di Vivian, il particolare di un volto, i cartelloni pubblicitari di un tempo.
La mostra
La mostra, allestita nella Galleria Forma Meravigli di Milano e partita il 19 novembre, terminerà domenica 31 gennaio e raccoglie circa 120 fotografie in bianco e nero e a colori, nel formato 1×1.
Ciò che la rende affascinante e interessante è che l’artista potrebbe vagamente ricordare una fotografa “social” del nostro tempo, che scatta istintivamente la scena di vita quotidiana caricandola su Facebook o su Instagram, nel formato che l’app fino a qualche tempo fa imponeva: 110×110.
Un box che può contenere un attimo di vita, gli stessi attimi che Vivian Maier, per anni, ha attentamente custodito nel proprio animo.
Seppur scattate decenni or sono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul presente. E in maniera profonda e inaspettata. Molti di noi condividono il suo stesso desiderio e il suo impulso di fare fotografie – e grazie alla tecnologia digitale a nostra disposizione, oggi lo possiamo fare. Se con Facebook, Flickr, e Instagram, oggi siamo in grado di produrre immagini e con un semplice click proiettarle in tutto il mondo, l’innegabile talento di Vivian Maier, abbinato al fermo proposito di mantenere la propria attività di fotografa come una questione privata, ci affascina e al tempo stesso ci confonde. Non può però sorprenderci: in un’epoca in cui la fotografia viene ridefinita, cambiano anche gli autori che troviamo più interessanti e stimolanti. Proprio come Maier, noi oggi non stiamo semplicemente esplorando il nostro rapporto col produrre immagini ma, attraverso la fotografia, definiamo noi stessi.
Marvin Heifermann