<< un vero viaggiatore quando parte dimentica se stesso, perché il vero modo per capire davvero la cultura di un altro popolo è viverne la quotidianità. Dunque non stupitevi se un giorno vi ritroverete a mangiare cervello di montone condito con uovo a colazione, perché ciò vorrà dire che avete avuto il coraggio di mettere in dubbio i vostri gusti, le vostre convinzioni per provare il dolce piacere della scoperta.>>
Recentemente ho avuto la possibilità di partecipare ad uno scambio internazionale di un mese tra studenti di medicina e chirurgia, organizzato dal SISM (segretariato italiano studenti medicina e chirurgia) e dall’IFMSA (international federation of medical student’s associations), con destinazione Marocco e precisamente Casablanca. Sarò banale ma è stata davvero un’esperienza fantastica tanto dal punto di vista professionale quanto dal punto di vista umano e culturale, mi ha consentito di scoprire una cultura profondamente diversa dalla nostra, vivendo per un mese a stretto contatto con i ragazzi del posto. Devo dire che se adesso dopo un mese di Marocco, mi chiedessero di trovare una singola parola o una frase che sia in grado di descriverlo mi troverei in difficoltà. La sorpresa maggiore di questo viaggio è stata proprio questa, non è possibile trovare un posto che sia in grado di rappresentare questo magnifico paese, rimangono piuttosto nelle mie mente decine d’immagini che si accavallano e sovrappongono. Il Marocco è indubbiamente il deserto, ma è anche il mare, le montagne dell’atlante, le atmosfere esotiche e familiari di Essaouira, le banche e il caotico traffico di Casablanca, la medina di Fez, Djema el-Fna e i suoi incantatori di serpenti. Il Marocco è una terra in cui modernità e tradizione si incontrano senza scontrarsi, producendo una magnifica mescolanza tra la cultura occidentale e quella musulmana.
Devo ammettere che questo non sarà un articolo come gli altri, dimenticate l’ordine cronologico, la razionalità, la linearità, un viaggio per definizione non è lineare. Il modo migliore per descrivere un viaggio è raccontarne profumi, emozioni, storie e sapori piuttosto che narrare tutto nei minimi dettagli. Non è forse vero che ciò che più rimane impresso non è la memoria dei luoghi in sé, quanto piuttosto le emozioni che questi sono stati in grado di suscitare in noi?
L’id al-adha è la festa del sacrificio. In questo periodo dell’anno si celebra questa festività in memoria dell’episodio biblico in cui Dio ordina ad Abramo di sacrificare il figlio (per i musulmani Ismaele). Abramo esegue l’ordine, ma, proprio nel momento in cui si accinge a compiere il sacrificio, Dio lo blocca intimando di sacrificare un ariete al posto del figlio. L’ariete di cui si parla nell’episodio è oggi sostituito da un montone che ogni famiglia acquista in occasione di questa festa. Proprio per questo motivo nella settimana che precede la festa, tutte le città musulmane brulicano di camion pullulanti di montoni. Dopo il sacrificio, il montone viene scuoiato e si preparano piatti tipici esclusivamente di questo periodo come i “Bul fef”, spiedini di fegato ed epiploon cotti alla brace, o il già citato cervello di montone con uovo, che, con molta onestà, è disgustoso. Se vi ritrovate in un paese islamico in questo periodo, non avrete scampo vi faranno mangiare montone per mesi interi.
Storia N.2 – La corsa del Montone
Sono circa le 9 del mattino, il mio host, visibilmente entusiasta, mi sveglia dicendo che dobbiamo far tagliare il montone, così dopo essermi lavato e vestito mi ritrovo in macchina in compagnia di un montone morto adagiato sul sedile posteriore. La macchina sfreccia fino ad un supermercato, Ilias (il mio host) scende dalla macchina, prende un carrello, carica il montone sul carrello e mi chiede se voglio portarlo dentro. Non ci credo sto correndo, con un carrello, a tutta velocità dentro un supermercato in cui c’erano, a dirla tutta, più montoni morti che persone; ci sono volute 4 ore per riavere il nostro montone.
Il montone è un esempio della generosità del popolo marocchino, perché in alcuni casi le famiglie più ricche regalano parte del montone a chi non ha la possibilità economica di acquistarlo.
Storia N.3 – Non importa quale sia la tua meta, finirai certamente da un’altra parte.
I marocchini sono probabilmente le persone più generose, cordiali, ospitali, e socievoli che io abbia mai conosciuto. È facile che ti fermino per strada, anche solo per il piacere di scoprire chi sei e per conoscere la tua storia. Ti capiterà di chiedere dove poter acquistare qualcosa ed essere condotto altrove o di essere invitato per un thè alla menta, ti capiterà di perderti. La vita in Marocco è così, nessuno ha fretta, tutti sono sempre pronti ad ascoltarti, ad aiutarti. Perditi, vaga senza meta e potresti ritrovarti a sorseggiare l’ennesimo bicchiere di fantastico thè alla menta, ascoltando un concerto di musica tradizionale marocchina in compagnia di marocchini, venezuelani e spagnoli. Ogni giorno è un’avventura.
Storia N.4 – Il Sahara
L’ho già citato ma il deserto merita una storia a parte. Credo che forse la parte più difficile di questo racconto sia descrivere il deserto. Materialisticamente si potrebbe pensare al deserto come un cumulo di sabbia e dune. Io penso invece sia un cumulo di sabbia e magia, e credo che andare nel deserto sia una di quelle cose che bisogna assolutamente fare nella vita. Non è importante il luogo in sé quanto ciò che rappresenta, la realizzazione di quella solitudine universale, che è traccia di come un tempo doveva essere il nostro mondo. Guardando il deserto ti avvicini all’assoluto, scopri davvero il significato della parola” senza limiti”, scopri che il tempo, a volte, può davvero essere immutabile. Non importa quanti secoli, quanti millenni passeranno, il deserto preserverà immutato il suo silenzio, deridendo beffardamente la nostra mortalità. E mentre sei lì da solo nel buio del deserto, ammirando l’incantevole baluginio delle stelle, diventi partecipe dell’immortalità di questa condizione, diventi parte di quel posto fantastico e fuori dal tempo, e senti di essere esattamente dove dovresti essere.
Djema el-fna è uno dei posti più straordinari che abbia mai visto, è una piazza con 2 facce, il giorno e la notte. Di giorno appare calma e tranquilla, mentre di notte si riempie di fumosi ristoranti temporanei, che inebriano l’aria dell’odore di carne, spezie e fumo, che solo il Maghreb sa regalare. Ogni sera questa immensa piazza brulica di persone da ogni parte del mondo, è una sorta di crogiolo di popoli che creano una marea umana, un movimento di gente che ogni giorno, ogni sera riempie la piazza. In questo magnifico contesto potrete assaggiare la Tanjia, semplicemente il piatto migliore che ho mangiato in Marocco. A rendere questo piatto unico non è solo il sapore umido e sapido, o il fatto che questa piazza è l’unica al mondo in cui potrete mangiarlo, quanto piuttosto l’unicità della preparazione. Si tratta, infatti, di uno stufato di agnello, cotto per circa 10 ore nel forno di un hammam e preparato esclusivamente dagli uomini, come dimostrazione della loro capacità di poter vivere anche senza le loro donne. La tanjia è djema el-fna.
È l’ultimo giorno in Marocco, ho accettato con riluttanza l’invito di Rajaà, una mia compagna del tirocinio, insomma in Italia non capita molto spesso, anzi non capita mai, che una ragazza quasi sconosciuta ti inviti a casa sua a pranzo con madre, sorelle e parenti più o meno vicini, ma qui siamo in Marocco ed ogni giorno è un’avventura. Col senno di poi è stata una delle decisioni più sagge che potessi prendere, perché non solo ho mangiato couscous come se non ci fosse un domani, ma alla fine di questa incredibile esperienza mi sono stati anche regalati degli stupendi souvenir in legno di cedro, che adesso custodisco gelosamente nella mia stanza. In Marocco non importa chi sei ci sarà sempre un posto a tavola per te.
Un viaggio è ciclico inizia e finisce allo stesso modo, alla fine ti ritroverai nello stesso luogo da cui sei partito, ma con la consapevolezza che qualcosa è cambiato. Quando parti e conosci mondi diversi, ti rendi conto della tua piccolezza, di quanto poco tu sappia dei sei miliardi di persone che popolano questa terra. Senti il bisogno di continuare a incrociare la vita delle persone, e ti ricordi con nostalgia, dei 2 ragazzi tedeschi arrivati a Marrakech in autostop dal portogallo, della ragazza californiana che da un anno viaggia da sola in giro per il mondo, del tuo compagno di viaggio di san Francisco di madre palestinese, che alla domanda “Di dove sei?” risponde con orgoglio “Palestina” o del ragazzo cileno che fugge nel mondo alla ricerca di se stesso. Ed è Proprio in quel momento che ti chiedi chi sei e cosa hai lasciato alle persone che hai incontrato. Con ogni probabilità questa domanda non avrà mai risposta, ma concludi il viaggio sperando che con la tua presenza, almeno una, delle tante persone che alla tua risposta “Sicilia” esclamò “mafia”, penserà a te la prossima volta che sentirà quella parola. Viaggiare è lasciare un po’ di sé in giro per il mondo.