Bistrò del Teatro dell’Acquario.
Luci soffuse, ambiente accogliente e brusii di sottofondo.
Venerdì sera.
Ci sono tante belle facce: vecchie coinquiline, amici nuovi e lavati con perlana, sconosciuti sorridenti grandi e piccini, un papà, una mamma.
Ci sono dei rappresentanti di Arcigay e del Consiglio Nazionale dei Giovani, l’autore del libro Riccardo e suo marito Marco.
Mi guardo intorno con un sorrisone da orecchio ad orecchio; sono frenetica ed ho tanta voglia di vedere cosa succederà.
Mi piace l’atmosfera ed ho un buon presentimento. Le mie intuizioni non vengono disattese, la presentazione del libro è stata molto bella. Si è parlato di amore; si è parlato di come si ci sente soli, derisi, piccoli di fronte ad un mondo che spesso ti fa sentire disprezzato per quello che sei; si è parlato di insulti e di come vivere la propria vita a testa alta sia un atto dovuto, un atto politico.
Il libro è un diario autobiografico in cui Riccardo ci parla di sé, delle sue paure, del suo bisogno di essere amato, dei suoi coming out, delle persone che lo hanno segnato.
Qualcuno potrebbe pensare che essendo un racconto così personale appartenga a lui solo, ma si sbaglia. I diritti civili, l’amore, la felicità, la necessità di fare parte di una collettività, di sentirsi parte del cambiamento e la voglia di fare la differenza appartengono a tutti e quando si lotta, e di lotta Riccardo ne ha fatta tanta, la lotta appartiene a tutti.
La prefazione del tuo libro l’ha scritta Marco Cappato. WOW. Come è nato questo sodalizio?
Ho frequentato per anni l’ambiente radicale. Con Marco abbiamo in comune le battaglie civili di laicità, di libertà anche sulla ricerca scientifica. Quando gli ho proposto di scrivere la prefazione del libro ha subito accettato. Era entusiasta. Condividiamo non solo le battaglie civili, ma anche l’emozione di fare qualcosa perché è giusto. Mi sono innamorato delle battaglie radicali come l’antiproibizionismo e il fine vita e lui, per quanto riguarda il matrimonio egualitario che ancora non abbiamo ed i diritti civili è sempre stato in prima linea. Tant’è che quando noi ci siamo uniti il 27 Maggio del 2017, non potendo essere presente all’unione civile, ci mandò un video con gli auguri suoi e di Filomena Gallo, la presidente della Associazione Luca Coscioni.
Il tuo è un libro diario che racchiude la tua esperienza di vita. C’è un episodio che più degli altri ha un significato particolare per te?
Momenti ce ne sono stati tanti. Di certo quello cardine è stato quanto ho fatto coming out con mia madre. La paura più grande era quella di non essere accettato. Ti premetto che, prima di fare coming out, io come tante altre persone, ho tentato il suicidio. Quando l’ho detto a mia madre è stato un momento di svolta in cui ho pensato: se non va, non va! Lei invece ha risposto con una frase che mi ha sconvolto. Mi disse “tutto qui?”. Pensava facessi parte di una setta o che mi drogassi. Mi disse che lo avremmo affrontato insieme. Poi ci fu l’incontro con Marco [Marco Marchese, suo marito, “il mio Marco” nel libro n.d.r.] avvenuto pochi mesi dopo, nel 1999 e da lì c’è stato l’impegno civile, la scoperta della comunità LGBTQI* calabrese, il primo Pride nel 2000 e ti dai forza. Sono tante le fasi che mi hanno dato forza. Il coming out dà forza. Dico sempre a tutti che ognuno ha i suoi tempi. Il coming out ti dà forza perché ti restituisce dignità, la dignità di essere. Non ti senti più solo e soprattutto ti senti orgoglioso di poter far parte di una società che all’inizio pensi che ti escluda, invece poi magari scopri che sei tu a non dare fiducia all’altro. Iniziano così i primi piccoli coming out con gli amici, sul lavoro ed anche con gli sconosciuti. Se devo parlare di Marco dico “mio marito” oppure il “mio compagno”. Non mi vergogno e non penso di dover nascondere qualcosa. Tant’è che ho sempre girato con la fedina anche prima del matrimonio ed a chi mi chiedeva, dicevo “ho un compagno”.
Cosa ti ha spinto a fare attivismo?
E’ un po’ come la politica. Molti si interessano, pochi poi decidono di farla attivamente. Io penso che il motore sia il bisogno di dare un contributo a sradicare la sofferenza dell’altro. Se hai vissuto un percorso di sofferenza e pensi di poter fare la differenza, ti metti in gioco. Una bella frase di Harvey Milk [politico americano, primo componente delle istituzioni dichiaratamente gay e militante del movimento di liberazione omosessuale n.d.r.] dice: “Se non sei tu a mobilitarti per primo per i diritti di qualcuno al quale sono stati levati, pensi che quando li toglieranno a te ci sarà qualcuno a difenderli?”. Questo concetto ricorre anche in Martin Luther King ed in Rosa Parks, che ho voluto ricordare anche nel libro. Rosa Parks era quella donne che, durante l’apartheid quando c’erano i posti riservati alle persone di colore sugli autobus, non si alzò compiendo un atto di disobbedienza civile. Lo abbiamo fatto anche noi con il matrimonio ugualitario quando andavamo in comune a chiedere di essere registrati e si rifiutavano di farlo. Le battaglie che si fanno non sono fatte solo per se stessi, ma sono fatte per cercare di dare alla società un colore, che per me è quello dell’arcobaleno. La bellezza è proprio questo, ognuno di noi ha diritto di essere felice ed io voglio con questo libro cercare di eliminare un po’ di sofferenza. La felicità esiste e bisogna prendersela. La battaglia vera è questa. Non bisogna per forza andare in piazza. Il pride lo fai tutti i giorni, quando ti svegli la mattina e decidi di essere orgoglioso di te.
Se tu potessi dare un consiglio ad un ragazzo che, come è stato per te, si trova in bilico tra il fare una scelta fatale e rivendicare quello che è, cosa gli diresti?
Gli direi innanzitutto di rivolgersi alle associazioni. Ai miei tempi, vent’anni fa, non c’erano associazioni o erano pochissime. Oggi abbiamo la fortuna, anche qui a Cosenza, di avere l’Eos Arcigay. Dei ragazzi, se vogliono, possono rivolgersi ad una associazione e non sentirsi più soli. Poi c’è la rete che ti dà la possibilità, tramite i blog ed i canali tematici, di non sentirsi più esclusi. Penso per esempio a Tiziano Ferro che con la sua quotidianità ci dimostra che l’essere innamorati non è da gay o da etero, ma fa parte della vita. La varietà umana è la cosa più bella. Quindi io consiglierei a chiunque di fare un po’ di ricerca, come un piccolo esploratore, perché non si è mai soli. Una frase che ricorre spesso nel libro è che “niente accade per caso”. Ti capiterà nella tua vita di incontrare qualcuno che in quel momento è stato mandato da te ed è così che tutto inizia e tutto poi continua.
Tu ed il tuo compagno state insieme da venti anni ed il vostro, come traspare anche dal libro, è un legame fortissimo ed un amore raro. Dacci un tuo consiglio d’amore.
Quando abbiamo deciso di unirci civilmente abbiamo deciso anche di girare un video simpatico che è su youtube e si chiama: “Sandra e Raimondo a Cleto” dove simuliamo una scenetta di Sandra e Raimondo nel letto. Penso che la cosa più vera sia cercare di ridere sempre, trovare punti d’incontro. Io amo Marco e Marco ama me; per me Marco è l’uomo della mia vita. Se tornassi indietro rifarei mille volte la stessa scelta di dirgli di sì. L’unico consiglio che posso dare è che ci vuole pazienza, come ci dicevano le nostre nonne. Nessuno di noi è perfetto, ma nel nostro caso ci incastriamo perfettamente.
Siete stati molto fortunati.
Si, molto.
Un libro da leggere assolutamente.