In Tv, sui giornali e attraverso internet veniamo costantemente aggiornati delle ormai infinite decapitazioni, omicidi, atti di guerra e attentati compiuti dallo Stato Islamico, ma vorrei rivolgere l’ attenzione ad una barbarie che non comporta spargimenti di sangue, ma che non di meno ci riguarda da vicino. Infatti, Irina Bokova, direttrice generale dell’ Unesco, ha definito come “ crimine di guerra” la distruzione e la vendita di reperti archeologici e di opere d’ arte compiuti in Siria e Iraq dall’Isis. L’ elenco sarebbe troppo lungo, basti pensare che 2000 siti archeologici iracheni sono controllati dallo IS, ma ricordiamo:
– il sito archeologico di Nimrud distrutto dai bulldog. Questo racchiude i resti dell’ antica città di Ninive, sul fiume Tigri , capitale dell’ Impero Assiro citata nella Bibbia. Nel vicino museo di Mosul sono stati distrutte le statue che custodiva, anche se il direttore del Museo di Bagdad ha dichiarato che erano dei falsi e che gli originali sono al sicuro nella capitale. Nuafi, governatore della città, ha confermato quanto detto prima, ma ha fatto notare che due statue, un toro alato e il dio Rozan, erano originali;
– Hatra, distrutta con bombe e ruspe. Questa città, patrimonio dell’ Unesco in Iraq, fiorì tra il 2 e 3 secolo d.C. e passò dall’ essere capitale di un piccolo regno semitico, a centro romano e poi persiano. Fu un importante snodo commerciale sulla Via della Seta e si potevano ancora ammirare edifici costruiti in stile romano che erano adibiti a luogo di culto per il dio del sole.
– Crac des Chevaliers, castello risalente al periodo delle crociate, ubicato nella provincia di Homs in Siria. Questo è posto nell’ unico corridoio che dal centro della Siria porta alla costa ed è appartenuto ai cavalieri di Malta. Per quanto la sua funzione fosse di difesa, all’ interno seguiva un’ architettura raffinata, con archi acuti, tipici medievali di origine araba. Qui hanno trovato riparo i miliziani del Daesh dal bombardamento dell’ esercito siriano. Sono andate perse parti del castello e un’incisione che recitava in latino: “Grecia, saggezza e bellezza puoi godere ma diffida dell’ orgoglio che da solo può offuscare tutto il resto”.
– Dura Europos, fondata dai Seleucidi, dinastia di re ellenistici arrivati al seguito di Alessandro Magno, sulla riva dell’ Eufrate in Siria. Questi le diedero il nome della loro città di origine: Europo. Divenne poi romana, fu sotto il regno dei Sassanidi e dei Parti. Molti edifici si sono salvati perché coperti di terra per rinforzare le mura di cinta dai soldati romani che difendeva la città dall’ assedio dei Sassanidi. Quest’ ultimi, infatti, cercarono di entrare nella città scavando un tunnel sotterraneo e costruendo una rampa per scavalcare le mura. I detriti coprirono tra gli atri: una sinagoga, che contiene affreschi che rispecchino l’ arte paleocristiana; una casa romana, che contiene una grande sala dove si riunivano le prime comunità cristiane, con affreschi che sono probabilmente la prima rappresentazione pittorica cristiana con raffigurazioni delle scene della vita di Cristo e che seguono l’ iconografia ellenistico ebraica; un mitreo, tempio dedicato al culto di Mitra, che ora si trova negli USA. Il sito è stato danneggiato e sono stati saccheggiati il museo e il sito di ricerca vicini;
– l’ ultimo è stato l’ attacco al Museo del Bardo a Tunisi, che ha causato al morte di 23 persone, di cu 4 italiani. Questo contiene la più ricca collezione di mosaici romani al mondo, più altre opere d’ arte.
Circa un mese fa, i jihadisti hanno diffuso un video girato mentre distruggevano delle statue, con tanto di ralenti ed enfatico sottofondo musicale. Il messaggio sembra essere: se l’Occidente si oppone, fa la fine delle statue. In più c’ è anche l’ ipocrisia di vendere i piccoli reperti, ma di grande valore, per finanziarsi. Distruggere i resti antichi, in una zona, come quella del Medio Oriente, culla di civiltà, equivale a distruggere l’ identità di un popolo la cui Storia è strettamente collegata a quella occidentale tanto da essere inseparabili. L’ obiettivo è quello di fondare una nuova civiltà musulmana, ma così si crea un uomo che non impara dagli errori del passato, rendendogli più difficile vedersi nel suo simile. Capire questo, vuol dire superare differenze culturali e religiose che ovviamente l’Isis tende ad acuire per arrivare allo scontro diretto, rendendolo inevitabile.