Sappiamo quanto sia bella tutta l’Italia, ma proprio tutta, chilometro per chilometro, tanto che forse il modo migliore per scoprirla è perdersi, chiudendo navigatore satellitare o eventuale cartina stradale superstite. D’altra parte, però, chissà quante volte passiamo difronte ad un museo o un’opera d’arte che abbiamo quasi sotto casa senza soffermarci, presi dai nostri mille impegni, pensando che avremo sempre tempo per visitarli. Così, però, si finisce per conoscere bene altri luoghi e non la città in cui viviamo. Anche io chissà quante volte, in sei anni, avrò camminato difronte all’entrata di Palazzetto Leo, a due passi da Piazza Unità, a Trieste, senza mai entrarci. L’altro giorno, invece, ci sono entrata, seppur svogliatamente, ma quando sono uscita ero di tutt’altro avviso.
Palazzetto Leo è una finestra sull’Oriente
Il palazzo ristrutturato è un esempio di casa padronale e, allo stesso tempo, una finestra sull’Oriente poiché ospita una raccolta di manufatti Giapponesi e Cinesi. Si inizia la visita del museo dal terzo piano dove si ha la possibilità di avvicinarsi alla figura leggendaria del Samurai: dalle armature, alle armi come lance, archi e spade tra cui le mitiche katane. La cosa che forse colpisce di più è la minuzia con cui venivano rifiniti tutti questi oggetti, ad esempio: l’ armatura è per lo più costituita da scaglie metalliche legate una per una con dei fili di seta; le spade hanno l’impugnatura di pelle di razza e, al di sopra di essa, sono intrecciate delle fettucce insieme a delle
piccole sculture in metalli preziosi di animali; mentre i foderi di legno sono o colorati o abbelliti con un mosaico di madreperla laccata.
Chi erano di preciso i samurai?
I samurai rappresentavano la casta militare fino alla Restaurazione Meiji, fine del XIX secolo, quando furono sostituiti dal’ esercito in stile occidentale. A fronte di molti privilegi, questi dovevano non solo conoscere l’ arte della guerra ed essere fedeli al loro signore, ma affinare anche altre arti come la poesia, il teatro o la pittura. In più, dovevano seguire uno stile di vita irreprensibile come gli imponeva il Bushido, ossia un codice di condotta morale simile a quello cavalleresco. Quindi erano molto attenti ai bisogni degli altri, specie dei più deboli, come donne e bambini, ma nutrivano un profondo disprezzo per il nemico che si arrendeva e l’ unica morte onorevole per loro era quella in guerra.
I piani dedicati alla Cina e al Giappone
Al secondo piano sono collocati oggetti di uso comune sempre dal Giappone come porcellane, strumenti musicali, utensili per la scrittura e altri portaoggetti. Non mancano le pitture e arazzi dove spesso sono rappresentate donne dagli abiti raffinati e coloratissimi da cerimonia. Al primo piano si posso ammirare manufatti cinesi, soprattutto porcellane dai disegni blu a sfondo bianco e abiti tradizionali in seta.
Oltre a quello di Trieste, in Italia ci sono molti musei dedicati all’Arte Orientale che consiglio di visitare per il fascino che traspare da ogni oggetto, sia per il tempo che gli è stato dedicato per completarli perché rifiniti in ogni particolare, sia per gli usi e i costumi che si colgono attraverso essi.