Sono – o meglio ero, fino a qualche settimana fa- una studentessa fuori sede, una dei tanti studenti meridionali col cuore diviso fra la propria terra, nel mio caso la Calabria, ed un’altra città, Bologna, teatro del mio percorso accademico. Qui non ho solo studiato giurisprudenza, conosciuto amici che probabilmente resteranno per sempre al mio fianco, approfondito i miei interessi e coltivato nuove passioni; a Bologna ho trovato casa. Certo, la mia famiglia e le mie radici restano a Cosenza, ma il capoluogo emiliano mi ha tenuta per mano per cinque anni e non posso negare di essermene innamorata.
Fra i mille convegni, dibattiti e lectio magistralis dei migliori pensatori ed esperti giuridici del paese, quest’anno mi sono imbattuta in qualcosa di diverso ed ho deciso di prendere un “impegno sociale” attinente al mio percorso di studi. Quest’anno, grazie ad un passaparola fra amici, ho scoperto “Avvocato di Strada”, un’associazione senza scopo di lucro che fornisce assistenza legale gratuita alle persone senza dimora.
Era gennaio ed ero appena tornata dal simil-luglio australe di Santiago del Cile, la capitale sudamericana che mi ha ospitato per la durata del mio semestre Overseas, un progetto simile all’Erasmus ma che si svolge al di fuori dei confini europei.
Dopo aver studiato un ordinamento giuridico ancora in via di sviluppo a seguito della dittatura, dopo aver visto per la prima volta fenicotteri e pinguini e dopo aver parlato con gli indigeni delle loro abitudini domestiche e di come si possa essere felici senza cellulare e senza TV, ho sentito che qualcosa dentro me era cambiato. Dovevo fare qualcosa per rendermi, nel mio piccolo, utile alla società per contrastare le tendenze razziste e le politiche dell’odio dilaganti, qualcosa che avesse a che fare con le persone discriminate, marginalizzate e depauperate dei beni di prima necessità, ed Avvocato di strada era l’occasione perfetta.
Sono entrata in associazione come volontaria nella sede principale, Bologna, ma il progetto negli ultimi 10 anni ha subito una sensibile crescita e sono sorti sportelli legali in tutt’Italia, e tra le diverse sedi vi è anche la mia Cosenza. All’attività degli sportelli partecipano a rotazione avvocati che forniscono gratuitamente consulenza e assistenza legale ai cittadini privi di dimora, oltre a volontari che curano la segreteria e la conduzione dell’ufficio. Ci occupiamo di qualsiasi tipo di questione che abbia un fondamento legale: dai problemi legati all’immigrazione, e quindi ai permessi di soggiorno, alle richieste d’asilo e di protezione umanitaria/internazionale, a quelli legati alle multe sui mezzi pubblici fatte ai nullatenenti, per arrivare alle questioni di tipo penale principalmente riconducibili a furti, occupazioni di suolo pubblico, risse, spaccio e altri reati.
L’ambiente in associazione è di collaborazione totale, non solo in ambito interno fra volontari, avvocati e assistenti sociali che gravitano nel medesimo sportello legale, ma anche a livello esterno con le altre sedi italiane e con gli ulteriori servizi sociali presenti sul territorio. L’obiettivo è infatti quello di garantire la tutela dei diritti fondamentali anche agli esclusi e a tutte quelle persone ai margini della società che vivono per strada, promuovendo lo scambio di informazioni tra gli operatori di territori diversi per migliorarne le competenze e renderle più adatte alle diverse realtà italiane, contrastando l’esclusione sociale, o anche solo regalando un sorriso a chi ha perso la speranza.
E fu spontaneo il sorriso del giovane senegalese che mi ringraziò in una piovosa giornata di aprile mentre uscivo dal centro di accoglienza in cui viveva: ero andata lì con un altro volontario di Avvocato di strada per accompagnare degli studenti del liceo delle scienze umane “Enrico Mattei”, che stavano svolgendo l’alternanza scuola-lavoro presso l’associazione, per mostrare loro una realtà diversa dal comodo divano di casa e dalla play station.
Appena entrati un’assistente sociale ci ha accolti calorosamente e ci ha condotti all’interno della struttura per un “tour” conoscitivo: il centro di accoglienza, oltre ai dormitori e alla mensa, è dotato di zone comuni in cui gli ospiti possono chiacchierare e fare amicizia, nonché di una palestra, un laboratorio di sartoria, un piccolo orto e di un deposito abiti usati che vengono riciclati mensilmente. Sia io che i ragazzi eravamo curiosi di conoscere le persone temporaneamente residenti in quel luogo e abbiamo deciso di cenare con loro, portandogli in regalo qualche torta e qualche dolciume. Erano tutti contentissimi e ci hanno ringraziato un centinaio di volte, ma il volto che più mi è rimasto impresso è quello di un ragazzo senegalese di 25 anni che ci ha raccontato le peripezie e gli ostacoli che ha dovuto affrontare nel viaggio dal Senegal all’Italia, facendoci riflettere sui recenti risvolti del tema immigrazione nello scenario politico italiano. Dopo questo breve racconto e prima di salutarci ci ha nuovamente ringraziato e con gli occhi pieni di umiltà e riconoscenza mi ha detto: “Grazie per la torta e per la visita amica, spero di rivederti presto!”. Porterò per sempre nel cuore il sorriso con cui ha pronunciato quelle semplici frasi, nella speranza che l’odio ed il disprezzo dilaganti nei confronti dei migranti un giorno si trasformino in una fetta di torta offerta con gentilezza.
Voglio concludere col motto di Avvocato di Strada, che costituisce un’iniezione di ottimismo e invita a non smettere di lottare per i diritti e per la giustizia: è per questo che per gli studenti fuori sede e non, per le famiglie arcobaleno, per i migranti, per gli omosessuali, per le persone di colore e per tutti noi “NON ESISTONO CAUSE PERSE”!