Il mio libro preferito compie 77 anni.
È straordinario come ancora oggi “Il Piccolo Principe”, ogni qual volta lo rilegga cambi forma, si trasformi radicalmente e io riesca a cogliere dei dettagli sempre nuovi, dettagli che- sono certo- non ci fossero prima. Sono anche certo che non si tratti del fatto che ne posseggo una copia in lingue ed edizioni differenti.
Antoine de Saint-Exupéry, con l’intento di scrivere una storia per bambini, ha scritto una storia per grandi che vorrebbero tornare bambini e che spesso dimenticano ciò che è fondamentale nella vita.
Ciò che fa pensare, è proprio come questo breve libro riesca a toccare il cuore di grandi e piccini, attraverso incontri straordinari, oserei dire di un altro pianeta.
Ho letto “Il Piccolo Principe” per la prima volta all’età di 12 anni e ricordo di aver capito ben poco di questo ragazzino biondo e della sua rosa. Da uomo, ogni pagina ha un sapore diverso.
La storia inizia con il dialogo tra un ragazzino dalla chioma incolta- principe dell’asteroide B-612- e un aviatore che si è perso nel deserto del Sahara. Il bambino sembra spaesato, ma apre la conversazione con una domanda molto particolare: “Mi disegni una pecora?”. Ma il principe aveva una ragione per porre quella domanda: doveva difendere la sua amata rosa.
La rosa, descritta come vanitosa, è ciò che più somiglia a un’amica per il bambino, poiché è ciò di cui ama prendersi cura. Le pecore aiutano a mangiare i semi di baobab, che sono l’unica minaccia all’incolumità della rosa sul piccolo pianeta del principe. Ma pensiamoci: chi non ha, sul proprio “pianeta”, un baobab minaccioso, simbolo di un limite che non riusciamo a superare? Spesso non siamo capaci di prenderci cura del nostro giardino e non ci impegniamo abbastanza per renderlo bello come lo vorremmo.
Il piccolo principe, però, si impegna. Parte, quindi, alla ricerca della conoscenza e del senso della vita durante la quale incontrerà svariati personaggi: un Re ormai rimasto solo ma che vuole ancora comandare i suoi assenti sudditi, un ubriacone con la voglia di dimenticare il suo passato, un vanitoso dalle manie di protagonismo; ma sono la volpe, il serpente e l’aviatore ad aver peso maggiore in questo viaggio così lungo.
L’aviatore diviene il primo mezzo di ascolto. Un curioso personaggio, adulto, che cerca di aiutare il Piccolo Principe a capire il senso della vita e a tramutare gli incontri fatti in forza, da riutilizzare sul suo pianeta per renderlo perfetto.
La volpe, invece, è il simbolo chiave di questa storia; la incontra sulla terra, in un momento in cui il Piccolo Principe ha bisogno di condividere, parlare e addomesticare. Ma che significa addomesticare?
La Volpe parla di creare dei legami, avendo una inspiegabile voglia di costruire un rapporto che vada al di là delle convenzioni e della diversità. Il Piccolo Principe chiede semplicemente di giocare con lei, ma è spiazzato dal modo in cui la stessa Volpe risponde, perché non addomesticata.
“Se tu mi addomestichi, avremo bisogno l’un dell’altro” dice la Volpe, sperando che il Piccolo Principe possa impegnarsi nel farlo. Il protagonista accetta di buon grado e l’animale spiega quanto tempo ci voglia per creare un legame ed avvicinarsi sempre più.
E chi di noi non è stato felice, almeno una volta nella propria vita, di aspettare.
“Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi.”
Io mi inquieto ogni volta che una persona importante promette di esserci sempre per me; mi agito, perché quel momento vissuto sarà pieno di ciò di cui ho bisogno, senza giudizio e senza barriere, pieno di gioia e voglia di condividere tempo ed emozioni.
Questo incontro così particolare, con uno degli animali considerati più furbi, resta passaggio obbligato non solo nella vita del principe, ogni qual volta si legge questo testo, ma in ognuno di noi, in ogni incontro che rendiamo fondamentale e in cui riponiamo tutte le forze per accudire ed addomesticare chi ci sta accanto.
Il distacco, però, sembra essere fondamentale anche nel rapporto Volpe-Principe, perché il ricordo è ciò che aiuterà entrambi ad essere l’uno vicino all’altro. E del resto il Principe doveva tornare a casa perché “è il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante. Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di tutto quello che hai addomesticato, tu sei responsabile della tua rosa”
Siamo responsabili dei rapporti, degli incontri, degli scambi. Forse in questo periodo così difficile, il Piccolo Principe potrebbe diventare mantra per la nostra anima, insegnarci a capire che in un attimo qualcuno o qualcosa potrebbe toglierci ciò che più amiamo, senza darci il tempo di godere a fondo di quel legame. Questa quarantena ci ricorda quanto le nostre rose siano importanti e quanto le nostri Volpi abbiano bisogno di noi.
Il Piccolo Principe, nel suo ultimo incontro, parla con un serpente per chiedergli aiuto per tornare a casa, perché questo animale ha il dono di portare le persone lontano. Il Piccolo Principe, come Eva nell’Eden, è ammaliato dalle parole del serpente e dalla sua sinuosità e decide di fidarsi.
Non vi dirò come termina l’incontro che chiude questo capolavoro per bambini e grandi. Se lo leggerete, vi sfido a non innamorarvi delle parole e delle emozioni espresse con semplicità e di un personaggio in cui è impossibile non ritrovarsi, almeno un po’.
In questa quarantena, spendiamo il nostro tempo a cercarci. Prendiamo questo testo, cerchiamolo sul web se necessario e immaginiamo di viaggiare, saltando da un mondo all’altro, attraverso quegli areoplanini di carta che amavamo costruire da bambini e con quella curiosità che muove i nostri interessi. Torniamo bambini per qualche ora e scopriamo come possiamo essere grandi.
E ricorda, caro lettore: “Gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare con il cuore.”