La cosa che amo dell’arte è che mi innamoro ogni giorno. Chi sente bruciare dentro l’arte non sa mai come si sveglia la mattina e come si addormenta la sera. Sa che è vivo. Sa che arriverà quell’idea, in quel preciso istante. Sa che dovrà trasformarla per renderla comprensibile a chi vive al di fuori della sua mente. Sa che spesso è complicato, che è suscettibile di giudizi, ma c’è qualcosa dentro che brucia e non si spegne.
In questo tempo di totale solitudine fisica l’arte e gli artisti ne hanno risentito in modo amplificato. Chi vive d’arte ha bisogno, per vivere, del contatto con l’altro. Ha reale necessità di guardare negli occhi le persone e di farsi osservare, di comunicare con la propria arte. Musicisti, scrittori, attori, pittori, fotografi hanno dovuto reinventarsi in un mondo che già raramente tende a “proteggerli”.
Così Raul Iacometti dà vita al suo progetto, nato tra le mura di casa: “homeToHome” coinvolge giovani ballerini provenienti da diverse parti del mondo che hanno trasformato la “casa” di Raoul in un “palcoscenico”.
In questo periodo di stasi, in cui tutto è fermo non configura certo la situazione ideale per la fotografia. Non si può viaggiare, non si può passeggiare, non si possono ritrarre volti altrui, non si può immortalare un ballerino in una delle sue coreografie. Eppure, ecco l’idea: HomeToHome. Abbiamo chiesto a Raoul di parlarci di questo progetto.
“Poco prima della metà di marzo”, inizia a raccontare Raoul,”in un pomeriggio di quarantena, durante un paio di video call con due amiche ballerine, una a Parigi e l’altra a Genova, mentre parlavamo ho fatto qualche Screenshot e in quel preciso istante ho capito cosa NON DOVESSI fare, ciò che non AVREI MAI FATTO! Impersonali, banali e poco interattivi, una situazione che chiunque può replicare. Così ho chiesto a loro di provare a farmi una posa, semplice, intanto presi la fotocamera dalla borsa, ma continuai ad interagire chiedendo loro di assumere una posa piuttosto che un’altra, appoggiai il mio smartphone sul tavolo e cominciai a scattare, senza mai smettere di parlare.
Fantastico, sì, ma ancora c’era qualcosa che mi mancava. Raccontai a loro di questa cosa che avevamo appena fatto, piacque e poco dopo aver chiuso la conversazione, capii qual era la parte mancante importante: il palcoscenico. Decisi così di ritrarre le pose ambientando lo smartphone in luoghi diversi della mia casa, facendoli diventare così degli “stages” in continuo cambiamento e chiesi ai ballerini di scegliere un paio di luoghi nelle loro abitazioni. Poi l’interazione fu una cosa naturale, perché qualsiasi barriera architettonica a quel punto non esisteva più: l’empatia dei giovani è qualcosa di emozionante. Pensa che con alcuni di loro è stata la prima volta che scattavo.
La loro professionalità, la passione e soprattutto la loro umiltà ha fatto sì che si creassero delle empatie enormi. Sono più di quaranta gli artisti coinvolti, primi ballerini, solisti e ballerini di corpi di ballo di alcuni tra i teatri più importanti dislocati in diversi luoghi nel mondo. Credo di essere uno dei pochi ad aver provato l’ebrezza di un jetlag prolungato senza spostarsi da casa! (ride)”
“Altra caratteristica fondamentale di questo progetto è che il commento sonoro del video è un brano originale, “Alba Mediterranea”, scritto da due bravissimi musicisti, Renato Greco e Francesco Bonito (entrambi dei Nossa Alma Canta). L’hanno modellato, editato e registrato in una notte, anch’essi nelle loro rispettive abitazioni.
È nato così #homeTOhome, immaginazione, fantasia, creatività e una fantastica condivisione. Non ci credete? È qui: IGTV e anche su YouTube.”
Cosa vorresti trasmettere con le foto del progetto Home to Home? Quale sensazione vorresti che si provasse, osservando gli scatti? “Bella domanda.- mi risponde- Non so, semplicemente quello che abbiamo provato noi che lo abbiamo realizzato, quello che i ragazzi volevano comunicare ballando da fermi. Nel video ci sono clip che contestualizzano il momento surreale e tragico che stiamo vivendo a livello mondiale, ma credo che il messaggio positivo sia molto più evidente, quello che nonostante le barriere e le distanze, possiamo comunque sentirci uniti, vicini, creare qualcosa insieme. Perché questo è stato il mio pensiero reale e costante, in ogni singolo attimo di questa quarantena, è quello che al di là di ogni muro esistono persone che come noi attendono qualcuno con il quale condividere emozioni e sensazioni.”
Ringrazio Raoul, ringrazio i ballerini, ringrazio l’arte, ringrazio le idee, ringrazio la vita. È così incredibilmente bello tutto ciò che ci circonda che dobbiamo dire grazie agli artisti.
A chi ci mette il cuore.
A chi ci mette l’anima.
I danzatori nelle foto sono qui riportati.
Samuele Berbenni: Dancer at La Scala Theatre, Milan
Denise Gazzo: Dancer at La Scala Theatre, Milan
Giulia Lunardi: Dancer at La Scala Theatre, Milan
Maria Celeste Losa: Soloist dancer at La Scala Theatre, Milan
Patrick Piras: Dancer at Jon Lehrer Dance Company, New York
Non perdetevi il lavoro magistrale di Raoul ai link che seguiranno: Instagram e Youtube.