La viralità su internet nei confronti di qualunque cosa è roba che dura al massimo una settimana. Infatti nessuno parla più dell’ultimo film di Checco Zalone: “Quo vado?”.
Eppure i giorni che sono seguiti alla sua uscita nelle sale, il popolo dell’internet si è mosso.
C’era chi lo definiva essere il nuovo Monicelli, chi il nuovo Cinepanettone e chi, invece, lo andava a vedere solo perché aveva apprezzato i film precedenti.
Io, fondamentalmente, sono un simpatizzante per la terza schiera di persone, ma lo stesso non riesco veramente a comprendere perché mai ci sia stata questa mobilitazione generale quando, per altri film, molto più belli e complessi, non si sia sentito il bisogno di dire nulla.
Alla fine stiamo parlando di Checco Zalone. Gli altri due film sono andati una bomba, e quindi la produzione ha deciso di far uscire un terzo film. Ma di che cosa si parla?
In molti hanno reputato essere “Quo Vado?” una CRITICA ALLA SOCIETA’ ITALIANA DI OGGI. Ma dove?
Si, ok, le battute e i cliché ce ne sono in abbondanza, ma non è certo roba d’avanguardia. Tutti gli ultimi film italiani da 20 anni a questa parte sono così.
E’ un film comico, fatto da gag neanche troppo divertenti in confronto agli altri tre, in cui si fa leva sugli stereotipi italiani: la sicurezza del posto fisso, l’eterno confronto da Sud e Nord, un velo di razzismo, e l’happy ending che accontenta tutti i democristiani e che ti smuove nel donare l’Otto per mille alla Chiesa, in modo da portare le medicine e costruire ospedali e tu vai in paradiso.
(Poi però, se c’avanza qualche spiccio, mi faccio ristrutturare l’attico. Non si sa mai.)
Ora, non essendo un sociologo non voglio neanche capire il perché abbia totalizzato la bellezza di 50 e passa milioni al box office.
Forse perché questo film era targato come “un film adatto a tutti”. E cioè indirizzato anche a quella fetta di persone che vengono reputate troppo ignoranti per un film che “non fa ridere”.
“Ma io mi sveglio la mattina alle 6 e torno a casa alle 19. Non ho voglia di capire un film!!!”
Ci sta. Anche se con molta riluttanza lo capisco. Ma nel 1975, in piena crisi di governo, post 68’ e con il terrorismo rosso e nero che dilagava nelle strade, si andava al cinema per vedere “Amici miei”. Una commedia. Che proprio nel suo essere commedia risulta più pesante di un film comico. E la gente comune lo apprezzava e lo capiva comunque. Ora invece vogliamo vedere roba non impegnata, vogliamo spegnere il cervello quando si guarda un film perché “si è stanchi. Il mondo fa già schifo così. Non voglio deprimermi”.
In conclusione che dire? Si parla del nulla perché non abbiamo nulla. E non è mica colpa di Checco Zalone anzi, rispetto a tutta la merda nostrana le sue opere sono come oro colato. Anche se nazionalsocialista, almeno si cerca di fare della satira sui privilegi degli impiegati statali, sulle bustarelle e sui favoritismi. Sul pensiero chiuso degli italiani riguardo alle altre culture. Almeno non ci sono scorregge.
Riprendendo, quindi, la mia posizione già accennata all’inizio, non sento minimamente il bisogno di schierarmi né da una parte e né dall’altra in quanto lo considero come un normale film di produzione italiana. A far ridere non fa ridere, tranne qualche battuta. A far riflettere non fa riflettere e non verrà ricordato di certo. Tranne che negli uffici di Medusa.