Leggere è una delle attività più longeve della storia dell’essere umano. Perché leggiamo? Sono davvero moltissime le ricerche scientifiche che negli anni si sono dedicate a trovare le risposte a queste domande, dimostrando nei vari contesti quali potessero essere i numerosi benefici del leggere. Leggere è una delle attività più longeve della storia dell’essere umano: le prime tavolette incise di nostra conoscenza risalgono al terzo millennio a.C., e da quel momento la storia del libro si è evoluta passando da papiri, manoscritti, libri stampati a caratteri mobili, per poi diramarsi nelle varianti contemporanee come ebook e audiolibri. Ad oggi, possiamo affermare che nella storia non ci sono mai state così tante persone in grado di leggere quante oggi. Eppure, quante di queste persone possono dichiararsi “veri” lettori?
Ci troviamo di fronte, in effetti, ad una vero e proprio trend di “lettori stagionali”. L’estate sta finendo, diceva una famosissima canzone, e sì sa, mai come d’estate le persone tornano a leggere. Come se nella restante parte dell’anno andassero in letargo e si risvegliassero solo con l’allungarsi delle giornate. Si sa, la lista dei “libri perfetti da leggere in vacanza” è un must di tutte le riviste, declinato in ogni salsa possibile e immaginabile: i libri leggeri da portare in campeggio, i libri rinfrescanti da leggere al mare, quelli introspettivi da leggere in montagna e quelli finto-impegnati. Basta dare un’occhiata ai primi risultati che escono su qualunque motore di ricerca: “I 25 libri da leggere in vacanza” (Vanity Fair); “I libri più belli da portare in vacanza” (Donna Moderna); “Libri estate 2023, i 15 titoli secondo i book influencer” (IoDonna); “Oltre 280 libri da leggere per l’estate 2023” (ilLibraio.it).
Ma questi elenchi sono davvero utili? Se nessuno legge durante l’anno, magari mentre è seduto in coda dal medico o sui mezzi pubblici, perché mai dovrebbe leggere in spiaggia, o in montagna tra una mangiata in rifugio e una gita in quota? Tralasciando il peso materiale dei libri, che con le attuali limitazioni di peso delle compagnie low cost diventano un bene di lusso, mi viene da pensare che gli italiani in vacanza leggano, certo, ma come se leggere in vacanza si fosse trasformato in una specie di status quo. E poi: cosa leggere? Portando avanti l’equivoco secondo cui si legge per farsi una cultura, il mercato editoriale si è scavato una fossa da cui difficilmente uscirà. La verità è che non c’è niente di male a leggere libri poco impegnati: Sophie Kinsella, che io sappia, non ha mai attentato alla vita di nessuno, anzi. L’estate, quindi, sembra che per gli italiani sia il momento giusto per riprendere un’abitudine che per vari motivi durante l’anno sembra difficile. Gli italiani hanno più tempo libero e, perché no, più possibilità di arricchirsi culturalmente grazie alle numerose iniziative che si svolgono nelle calde piazze di città e paesi. D’estate, peraltro, si può godere di molta più luce naturale; si hanno a disposizione lunghe ore di luce anche la sera, usciti da lavoro o dopo cena, e questo dona molte più energie e voglia di fare. Non parliamo, poi, degli studenti e dell’improvviso tempo libero di cui si trovano a godere per tre mesi.
Se estate è sinonimo di libri (con tutte le sfaccettature del caso), c’è un altro fenomeno che – ahimè – parrebbe essere tornato in auge, anche e soprattutto durante i mesi estivi: sto parlando del fenomeno della pirateria di libri stampati, ebook e audiolibri. Come evidenziato dalla ricerca di Ipsos (società multinazionale di ricerche di mercato) del 2022, presentata durante un incontro organizzato da Gli Editori – accordo di consultazione tra l’Associazione Italiana Editori (AIE) e la Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) – il fenomeno – rinvigoritosi specialmente durante e dopo il periodo della pandemia – priva il mondo del libro di ben 771 milioni di euro di fatturato, pari al 31% del valore complessivo del mercato (al netto di editoria scolastica ed export). Per il nostro Paese, conteggiando quindi anche le attività collegate a partire dalla logistica, i servizi e altro ancora, questo si tradurrebbe in una perdita di 1,88 miliardi di fatturato e in un mancato gettito fiscale di 322 milioni di euro. La filiera del libro avrebbe perso circa 5.400 posti di lavoro. Il fenomeno coinvolgerebbe più di un italiano su tre sopra i 15 anni (il 35%), il 56% dei professionisti e l’81% degli studenti universitari. Per questi motivi, Gli Editori hanno chiesto al governo di intervenire: “Leggere, ascoltare o addirittura distribuire libri e audiolibri piratati significa contribuire a un fenomeno che toglie risorse economiche e posti di lavoro all’editoria, introiti fiscali allo Stato e che riduce le opportunità per i giovani creativi di poter vivere del loro lavoro grazie ai diritti d’autore”, ha spiegato il presidente di AIE Ricardo Franco Levi. “Le persone ne devono essere coscienti, e consapevoli che possono essere chiamate a rispondere per gli atti illeciti che compiono: su questo serve l’impegno delle istituzioni. La pirateria colpisce tutte le industrie creative italiane – editoria libraria e periodica, tv, cinema, musica – e laddove si sono avviate efficaci campagne di contrasto, come sugli abbonamenti alle tv a pagamento, i risultati iniziano a farsi vedere”. Ad essere danneggiati sono tutti i settori del mondo editoriale: le vendite perse nel settore della varia (fiction e saggistica) sono pari a 36 milioni di copie l’anno (stampa e digitale), per un mancato fatturato di 423 milioni di euro. I numeri sono allarmanti: le copie (stampa e digitale) perse nel settore universitario sono 6 milioni, pari a un fatturato di 230 milioni di euro; quelle nel settore professionale – libri a stampa, digitali e banche dati – sono pari a 2,8 milioni di copie, con una perdita a valore di 118 milioni di euro. Leggere sì, dunque, ma a quale costo? E, soprattutto, ad ogni costo?
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni