Il 21 novembre 1905 Albert Einstein pubblica sugli “Annalen der Physik” la “Teoria della relatività ristretta”. È un passo decisivo per la fisica moderna i cui effetti si ripercuotono in molti ambiti delle attività umane ed è punto di svolta rispetto le teorie classiche: lo spazio ed il tempo non sono più grandezza assolute ma relative. Secondo Einstein lo spazio e il tempo non sono concetti separati ma fanno parte di una dimensione unica: lo “spazio/tempo”. Risulta un po’ complicato, in effetti. Ecco perché la parola “fisica” mi spaventava, quando andavo a scuola. Soprattutto se non era preceduta da “educazione”. In verità non fu Einstein il primo ad introdurre il concetto di relatività. Chi ha intuito l’idea che sta alla base della relatività è Giordano Bruno. Il principio è quello della relatività dei movimenti. Immaginiamo, ad esempio, di voler decidere se il nostro cane, ammettendo di averne uno, è grande o piccolo. Prima di poter definire questo, dobbiamo chiederci “ma rispetto a cosa è grande o piccolo?” Certo, se io dovessi mettere a paragone un chihuahua con un alano, di sicuro risulterebbe piccolo. Viceversa, se dovessi confrontarlo con un’altra specie animale come una misera zanzara, risulterebbe enorme. Quindi il nostro cane non è né grande e né piccolo e la sua misura dipende dal termine di paragone (meglio dire di “riferimento”) che sarebbe la nostra unità di misura. Quindi, il tutto è un concetto relativo. Ora, aggiungiamo un altro tassello. Il nostro chihuahua, come si muove? Anche questo, “dipende”: La sua velocità dipende proprio da cosa utilizziamo come riferimento. Questo era quello che sosteneva Giordano Bruno, oddio, non proprio questo certo. Lui non utilizzava un chihuahua come esempio, ma ci siamo capiti. Decenni dopo sarà poi Galileo a definire il discorso, introducendo la relatività galileiana. Le sue teorie si basavano, invece, su un concetto ben definito: Moto rettilineo uniforme; quando, cioè, qualcosa si muove in direzione dritta, senza accelerare e/o curvare mantenendo una velocità costante. Galileo conferma ciò che diceva Bruno e cioè che non esistono esperimenti fisici che mi permettono di determinare a che velocità mi sto muovendo. Proprio quando tutto il mondo credeva di aver compreso le regole del gioco, accadde qualcosa che fece capire che il gioco era diverso. Con Einstein la teoria della relatività ebbe un ulteriore sviluppo. La sua teoria si compone di due distinti modelli matematici, denominati:
Relatività ristretta o speciale, che mette in relazione il concetto di velocità, luce ed energia: E=mc 2 .
Relatività generale, dove qui spazio e tempo fanno capo ad un’unica dimensione.
Ecco che, la svolta si ha proprio quando Einstein sostiene che la forza di gravità non era l’interazione tra due corpi in funzione delle loro masse, come diceva Newton, ma è l’effetto di una massa che curva lo spazio ed il tempo. Sembra difficile, ma in realtà non lo è, per questo utilizziamo un altro esempio.
Immaginiamo di avere una superficie di caramelle gommose (che sarebbe il nostro spazio/tempo) e poggiamo delicatamente una bottiglietta di acqua piena su di essa. Cosa succede alla nostra superficie? Si deforma, andando verso il basso e creando una sorta di curva, di cono. Se su questa superficie, ormai curva, facciamo scivolare una pallina, questa rotolerà verso il centro del cono. Ecco perché lo spazio e il tempo fanno parte di un’unica dimensione. Come quando siamo attratti da qualcosa, da qualcuno. Ci sentiamo come se fosse la nostra “curva verso il basso”, li confluiscono tutte le nostre forze e le nostre attenzioni. Questo soltanto per dire che 114 anni fa Einstein fece un grande passo, pubblicando la sua teoria. Chissà se in quel momento stava percorrendo una superficie di caramelle gommose. Di sicuro, da quel momento in poi, tutto cambiò. Diventando relativo e non assoluto.