La storia di Marco Vegliante, il ragazzo che pedala contro i tumori
Se è vero che vivere «è come stare in bicicletta: per tenerti in equilibrio, devi muoverti», la storia che state per leggere ricalca alla perfezione il senso dell’aforisma di Albert Einstein. Il suo protagonista non ha dovuto soltanto imparare a stare in equilibrio per resistere alle avversità incontrate sulle strade della vita, ma ha anche capito che l’unica alleata su cui avrebbe potuto contare per raggiungere e staccare le sue paure era proprio una bicicletta. Marco Vegliante, 28enne di Padula, non ha avuto bisogno di uno scatto secco in salita, di una discesa a rotta di collo o di una stoccata all’ultimo chilometro per vincere. Ha vestito di normalità un’impresa a suo modo formidabile: salire in sella alla sua bici e attraversare la penisola da Nord a Sud sotto le insegne di Cambia Marcia, la campagna di sensibilizzazione contro i tumori da lui ideata per aiutare l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc). Una prova di forza contro il dolore e i tiri beffardi e velenosi della vita: la morte del padre, avvenuta nel 2017 a causa di un tumore ai polmoni, e la scoperta di un cancro al testicolo nell’estate di un anno fa, quando Vegliante aveva già preparato le valigie per volare negli Stati Uniti. Tutto da rifare, dopo quella diagnosi: le lunghe giornate in ospedale prima e dopo l’operazione, una breve parentesi di normalità coincisa con un tirocinio professionale a Parigi poco prima di conseguire la laurea in International Business a Parma. Infine, la tappa più difficile: tre cicli di chemioterapia all’ospedale Niguarda di Milano, poche parole («Nessuno dovrebbe stare qui») per definire i contorni dell’inquietudine. Marco ha lottato, ha tenuto duro e, alla fine, ha potuto sollevare le braccia al cielo. Un anno dopo quella tremenda sentenza, il ragazzo di Padula è partito per un altro viaggio. La destinazione, questa volta, era casa sua, l’abbraccio della sua famiglia, il calore dei suoi amici. 23 tappe e 1500 chilometri dopo, Marco Vegliante racconta la sua storia con la voce ferma e posata di chi ha imparato a stare in equilibrio e a non arrendersi. «Cambia Marcia è nata come una sfida con me stesso», esordisce Vegliante. «In questo modo, volevo dimostrare anche agli altri – e in particolare a chi è malato di tumore – che questo male si può superare, confidando nella propria forza di volontà, oltre che nelle cure mediche».
Sul sito Internet della campagna Cambia Marcia (www.cambiamarcia.org), compare una frase che descrive nitidamente la sua esperienza: «Non siamo noi a scegliere, è il cancro che sceglie noi. E quando arriva, quando la vita ci mette davanti a questa salita, non dobbiamo fermarci, ma cambiare marcia e continuare a pedalare». Quando ha sentito l’esigenza di cambiare marcia e di attraversare l’Italia in bicicletta?
L’idea è nata durante il periodo di confinamento sanitario, mentre mi stavo riprendendo dall’esperienza della malattia. Ero alla ricerca di un lavoro dopo la laurea quando è arrivato il coronavirus, che ha stravolto la vita di tutti – compresa la mia, naturalmente – proprio nel momento in cui avrei voluto risollevarmi. A questo punto, per sconfiggere la noia dovuta all’isolamento, ho iniziato a lavorare a questo progetto, Cambia Marcia, il cui nome è venuto da sé. Mi sono deciso a non restare più fermo, oltretutto in un periodo nel quale non avevo obiettivi da raggiungere, con il concreto rischio di precipitare in una condizione di forte malessere. In questo modo, ho voluto unire la mia grande passione per i viaggi all’amore per la bicicletta, che considero una perfetta metafora delle difficoltà della vita e della fatica, sia fisica sia mentale. Con un risvolto positivo, però: una volta arrivato in cima, davanti ai tuoi occhi hai un panorama bellissimo e sai di poter affrontare la discesa in maniera piacevole.
Qual è il suo giudizio sull’umanità che ha incontrato e sull’Italia che ha conosciuto nelle 23 tappe del suo viaggio?
Ho avuto la fortuna di scoprire e visitare borghi spesso sconosciuti ma davvero affascinanti, abitati da persone che sono state ospitali e generose con me. Ho constatato con enorme piacere che la pratica del cicloturismo è molto diffusa, anche se il nostro Paese non offre servizi adeguati come in altre parti d’Europa, dal momento che solo in alcune regioni esistono piste ciclabili attrezzate. Molti cicloamatori hanno purtroppo segnalato al riguardo non pochi ritardi nel Sud Italia.
Nel diario quotidiano che ha pubblicato sul sito, lei ha deciso di intrecciare la cronaca dei suoi viaggi in bicicletta con il racconto della malattia. Per quale motivo ha voluto combinare suggestioni e sensazioni tanto diverse tra loro?
Secondo me, il principale elemento di innovazione contenuto in questo diario era proprio la narrazione della malattia come se fosse l’allegoria di un viaggio che, come si può ben intuire, non è stato per niente piacevole. Ho preferito sviluppare un racconto a puntate per suscitare un senso di attesa e curiosità nei lettori, invogliandoli in questo modo a seguire in parallelo l’andamento del viaggio e il decorso della malattia. Con questo tipo di narrazione non ho soltanto sfogato tutto quello che avevo trattenuto a lungo dentro di me, ma ho provato a mettere in circolo la mia creatività, benché le vicende non siano state romanzate, com’è ovvio. D’altra parte, lo scopo di questo viaggio non era emozionare i lettori, bensì sensibilizzarli.
Lei ha vissuto l’esperienza della malattia in due tempi: prima di ammalarsi, infatti, lei è stato testimone diretto delle sofferenze che ha vissuto suo padre. Quali motivazioni le hanno consentito di fronteggiare per due volte questo subdolo nemico?
Mi ha aiutato molto il tirocinio professionale che ho svolto per due mesi a Parigi, perché mi ha consentito di avere qualcosa che mi aspettasse fuori dalle corsie dell’ospedale. Tutte le volte in cui completavo un ciclo di chemioterapia, per me significava avvicinarmi giorno dopo giorno al mio rientro in Francia. Per me è stato decisivo anche l’incontro con Mario, un paziente settantenne con il quale ho condiviso le cure in ospedale (sovente protagonista nelle pagine del diario di Marco, ndr). È stato proprio lui a convincermi dell’inutilità di piangersi addosso e di domandarsi quotidianamente: «Perché proprio a me?», quando in realtà è necessario trasmettere positività e allegria a noi stessi, così come alle persone a noi vicine. Stati d’animo che ho cercato di infondere anche ai miei familiari, a maggior ragione perché avevano già vissuto la malattia di mio padre. Infine, mi ha aiutato molto la lettura di storie di personaggi che sono riusciti a sconfiggere il cancro, su tutti il calciatore della Lazio Francesco Acerbi e il ciclista Lance Armstrong.
Come sta procedendo la raccolta fondi lanciata sul sito?
Sono piacevolmente sorpreso, benché dentro di me fossi convinto che la raccolta avrebbe goduto di una buona accoglienza. Tuttavia, non mi aspettavo di arrivare in così poco tempo a quasi 16.000 €. La campagna di donazioni terminerà il 21 novembre, il giorno in cui mio padre avrebbe compiuto sessant’anni.
Quali progetti collaterali saranno avviati nel prossimo futuro?
Con il gruppo di lavoro che ha seguito Cambia Marcia stiamo pensando di promuovere una serie di iniziative che coinvolgeranno Padula e il Vallo di Diano, ad esempio una pedalata per i centri del nostro territorio. Inoltre, stiamo lavorando alla pubblicazione di un libro su questa esperienza.
Quale sarà il suo prossimo viaggio, Marco?
Mi piacerebbe vedere tantissimi posti in futuro, ma al momento non ho in mente una meta precisa. Quel che è certo è che non visiterò subito gli Stati Uniti, dal momento che questa trasferta è già saltata due volte. Più che altro, il prossimo viaggio mi porterà verso il mondo del lavoro. Se devo dirla tutta, non mi dispiacerebbe lavorare dalle mie parti: sappiamo bene che non si lascia mai volentieri la propria casa, la propria terra d’origine. In ogni caso, mi prenderò quello che viene, come ho sempre fatto.
Per conoscere da vicino l’avventura di Marco Vegliante e donare un contributo al progetto Cambia Marcia, potete visitare il sito Internet www.cambiamarcia.org oppure collegarvi alle pagine social su Facebook e Instagram.