Anche le aziende devono affrontare nuovi inizi. Una delle poche costanti del far business, infatti, è il cambiamento. In questo senso, saper gestire un’azienda significa saper gestire i cambiamenti. Le aziende necessitano di una capacità interna di adattare la propria organizzazione alle pressioni derivanti dai mutamenti dell’ambiente esterno: discontinuità tecnologiche, aggiornamenti della normativa, scarsità delle risorse, mutamenti nei gusti dei consumatori. È necessario che le aziende colgano tali segnali come opportunità e non si adagino mai sugli allori del successo. Perché anche le migliori aziende si trovano a fronteggiare minacce sempre nuove e, anzi, spesso, le aziende di successo sono quelle che hanno più difficoltà a cambiare. Numerosi sono gli esempi di aziende leadership che si sono trovate in serie difficoltà per l’incapacità di reagire adeguatamente ai continui rovesci dell’ambiente economico. Quando Michelin introdusse gli pneumatici radiali, più sicuri ed economici, Firestone, già leader del mercato, continuando a produrre gli pneumatici tradizionali, perse quote significative; Mc Donald’s deve il suo successo all’utilizzo di rigidi standard nei processi operativi, tuttavia, quegli stessi standard su cui aveva costruito il suo successo le fecero perdere quote di mercato a favore di Burger King e Taco Bell, più svelti nell’incontrare i mutati gusti dei consumatori statunitensi alla ricerca di cibi più salutari negli anni ’90; Polaroid, icona della fotografia istantanee, soccombe alle nuove tecnologie digitali.
Il fallimento, però, non è la conseguenza inevitabile del successo. Il segreto è fermarsi a riflettere sulla direzione del cambiamento e incanalarsi verso di essa. Le aziende hanno moltitudini di dati e report prodotti da analisti interni e consulenti esterni, dunque, le informazioni non mancano. Anche dopo aver compreso qual è l’ostacolo da fronteggiare, le aziende devono resistere all’impulso di correre ai ripari e rivoluzionarsi. Spesso, il vero male non è la paralisi, ma quella che in gergo gli aziendalisti definiscono inerzia attiva, ovvero investire le energie in troppe attività di tipo inadeguato. Cambiando tutto in una volta, i manager rischiano di perdere competenze cruciali e di snaturare l’azienda, di rovinare solide relazioni costruite negli anni e disorientare dipendenti e clienti. La rivoluzione rischia di far sì che si tagli col passato quando si è ancora impreparati ad affrontare il futuro. L’obiettivo deve essere quello di un rinnovamento graduale, tenendo conto del DNA dell’impresa, pur sapendo che i vecchi valori, assetti strategici, processi e rapporti devono essere rimaneggiati per affrontare nuove sfide.
Il cambiamento è un processo complesso e delicato che deve essere preparato con cura. Infatti, ogni volta che un progetto viene approvato, iniziano a delinearsi “resistenze” da parte delle persone interessate da questi cambiamenti che cercheranno in tutti i modi di difendere lo status quo. L’ostacolo che maggiormente si oppone al cambiamento, dunque, è costituito dal fattore umano in quanto ogni tipologia di ridisegno della realtà intacca equilibri organizzativi, modalità di lavoro, competenze, comportamenti e relazioni.
Per questo le aziende devono puntare sul Change Management, ovvero definire e attuare nuove tecnologie e procedure per affrontare al meglio i continui cambiamenti che agitano il sistema economico e anzi per trarne beneficio, limitando il più possibile l’impatto delle forze negative nel tentativo di creare quel trait d’union tra la volontà di cambiare e l’effettiva capacità di cambiamento dell’organizzazione.