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Quando siete felici fateci caso – Kurt Vonnegut #Recensioni in disordine

Quando ho deciso di far provvista di citazioni per la Fase *aggiungi tu un numero a caso*, non avrei mai immaginato che la mia lista sarebbe stata rispettata con così rigorosa puntualità, e invece sono arrivata in orario, proprio quando non era richiesto ho deciso di rispettare le liste di carta. Spunto così il penultimo titolo in disordine.

E stavolta un po’ me ne vergogno, non è semplice metter giù la recensione di un libricino a cui si vuole tanto bene, soprattutto quando si tratta di un libro prescelto per cotta adolescenziale da copertina. 

Gli acquisti di impulso li ho anche studiati e tesizzati, “Lo giuro Signor Presidente, posso spiegare”, pensavo un pò di tempo fà, reclamando la proprietà di un’attraente copertina color pastello. Ed ora per rispetto alla mia Billy, se ne sta lì a naufragare insieme a scadentissimi libri motivazionali, esattamente nell’angolo dei libri SOS. 

Inizia a spaventarmi questa mia lista. 

Dunque, avrete capito, il piano è parlarvi di un libro già letto da rileggere con cautela seguendo le mie personali istruzioni per l’uso : da sfogliare in prossimità delle vostre cerimonie di laurea e da rileggere con distacco “professionale” almeno due anni dopo. 

Così alla quasi vigilia dei miei due anni dopo la corona d’alloro, riprendo in mano la copertina di Quando Siete Felici, Fateci Caso, una piccola e irriverente raccolta dei cosiddetti “commencement speech”, discorsi rivolti ai laureandi Americani in occasione delle loro sfarzose cerimonie di proclamazione. 

Dimenticatevi Steve Jobs a Stanford o John F. Kennedy a Yale, sedetevi scomodi perchè qui si assiste alle parole indisciplinate di Kurt Vonnegut, a cui toccherà salire sul palco stavolta e raccontare ad una distesa di fieri tocchi e toghe in acetato, la fe-li-ci-tà, nel modo più cinico e insolente possibile. 

Serrate le palpebre ora e tornate con tutta la vostra forza da lettori al giorno della vostra laurea. Provate distintamente la sensazione di percorrere un’ultima volta i gradini dell’Ateneo, a cui starete rivolgendo un cenno complice, ecco soffermatevi qui per un istante e lasciatevi spettinare da questa voce fuori campo : 

Fredonia College, Fredonia, New York, 20 maggio 1978

“Do per scontato che le cose veramente importanti vi siano già state insegnate nel corso dei quattro anni qui e che non abbiate bisogno di sentire granché dal sottoscritto. Buon per me. Ho solo una cosa da dire, in pratica: questa è la fine; questa è sicuramente la fine dell’infanzia. «Ci dispiace tanto», come dicevano durante la guerra del Vietnam”

“..E immagino che tutti voi desideriate, fra le altre cose, fare soldi e trovare il vero amore. Ve lo dico io come fare soldi: lavorate molto sodo. Ve lo dico io come trovare l’amore: vestitevi bene e sorridete sempre. Imparate le parole di tutte le canzoni appena uscite.”

“Che altri consigli posso darvi? Mangiate tanta crusca in modo che la vostra dieta abbia il necessario apporto di fibre. L’unico consiglio che mio padre mi abbia mai dato è stato questo: «Non ti ficcare niente nelle orecchie». Dentro le orecchie ci sono le ossa più piccole di tutto il corpo umano, lo sapete?, e anche il senso dell’equilibrio. Se vi maltrattate le orecchie, rischiate non solo di diventare sordi, ma anche di cadere per terra in continuazione. Quindi lasciatele in pace. Stanno benissimo così come sono.

Non ammazzate nessuno – anche se nello stato di New York non è in vigore la pena di morte.

In pratica, questo è quanto.”

Questo primo frammento di saggezza autoironica, potrebbe lasciarvi interdetti e un pò contrariati, lo so, vi aspettavate pillole di retorica e parole sgargianti su quello che verrà, e invece? Kurt ci scuote, sventolandoci davanti un biglietto della lotteria, in nessun caso vincente : la verità. 

Ma ciò che rende K.V. un’artista di umanità eccezionale, è la sua filosofia minimal, da osservatore umanista del mondo e delle giovani generazioni, Kurt Vonnegut ci regala un sussidiario della parola felicità, soffermandosi più volte su zio Alex Vonnegut, che..

Diceva che quando le cose stanno andando a gonfie vele bisogna rendersene conto.”

Parlava di occasioni molto semplici, non di grandi trionfi. Bere un bicchiere di limonata all’ombra di un albero, magari, o sentire il profumo di una panetteria, o andare a pesca, o sentire la musica che esce da una sala da concerti standosene fuori al buio, oppure, oserei dire, l’attimo dopo un bacio. Mi diceva che era importante, in quei momenti, dire ad alta voce: “cosa c’è di più bello di questo”?”

Banale? Forse sì, ma ma, in questo microcosmo social in cui dobbiamo costantemente buttarci giù dagli strapiombi per “sentirci vivi”, (ma non temete, Wikihow ha pensato anche a questo!), a volte, forse basterebbe farci caso… alla limonata intendo. 

C’è poi una parola soffusa. Si percepisce in sottofondo dalla prima all’ultima fila della maestosa platea: Umanità. Kurt è un fortissimo sostenitore della trascurabile umanità che ci circonda, sembra infatti nasconderla agilmente, in ogni suo discorso alla folla umana. Anche quando domanda a suo figlio che senso abbia la vita, ecco, lui risponde una cosa che io voglio scrivere e riscrivere, sulle mie agende dei prossimi anni da adulta per finta. 

«Papà, siamo qui per darci una mano l’un l’altro ad affrontare questa cosa, qualunque senso abbia»

A questo punto del discorso, succede che la mia pomposa corona d’alloro diventa un pò meno imponente, comincio così a scrutare i miei vicini laureati, e poi le persone soltanto le persone. Ma come abbiamo fatto a non accorgercene prima? 

Del resto Kurt Vonnegut non dispensa mai regole da quattro soldi solo 2, anzi 3 in ordine sparso ma non casuale.

  1. Rimanere umani

Di regola io ne conosco una sola: bisogna essere buoni, cazzo

2. Leggere, sempre

Non abbandonate mai i libri. È così piacevole tenerli in mano, col loro peso cordiale. La dolce riluttanza delle pagine quando le sfogliate con i vostri polpastrelli sensibili. Gran parte del nostro cervello si dedica a decidere se quello che tocchiamo con le mani ci fa bene o male. Anche un cervello da quattro soldi sa che i libri ci fanno bene.”

3. Praticare un’arte, qualunque essa sia

Praticare un’arte, non importa a quale livello di consapevolezza tecnica, è un modo per far crescere la propria anima, accidenti. Cantate sotto la doccia. Ballate ascoltando la radio. Raccontate storie.”

Potete ri-atterrare qui ora. Abbandonate i corridoi, gli scalini, le sedie sgangherate di quell’Università e guardatevi intorno. Soffermatevi attentamente su tutto ciò che siete diventati dopo solo due anni, due mesi o due settimane dal vostro giorno. 

..”cosa c’è più bello di questo?