Viaggio in Sardegna: undici percorsi nell’isola che non si vede – Michela Murgia #Recensioni in disordine

Ci sono dei viaggi che partono a caso, senza alcuno spirito creativo o necessità di stendere un piano, sono quei viaggi d’istinto, dell’ultima settimana prima delle ferie di un’estate Italiana, la più Italiana e stramba di sempre.

Così alle 14.10 di un torridissimo 31 luglio, mi ritrovo catapultata nella pancia di un traghetto balena, in una fila complice di auto vacanziere, colme fino all’orlo.

A farmi compagnia, un buon vecchio North Face e un nuovo libro a tema destinazione, acquistato come da tradizione il primissimo giorno di viaggio.

VIAGGIO IN SARDEGNA, Undici percorsi nell’isola che non si vede, è il volume che mi guiderà nel cuore dell’isola a me sconosciuta.

Non perdo tempo, quindi, tascabile alla mano, salgo rapida la rampa di scale che mi condurrà alla zona più esposta della nave; per evitare di incrociare altri umani mascherati, perché quest’anno tocca aver paura delle persone intorno.

Ci siamo, non mi resta che rallentare ora, assaporare il vento salmastro di nave e lentamente lasciarmi suggestionare da questo palpitante, sconfinato blu..


<<Ci sono buchi in Sardegna che sono case di fate, morti che sono colpa di donne vampiro, fumi sacri che curano i cattivi sogni e acque segrete dove la luna specchiandosi rivela il futuro e i suoi inganni. Ci sono statue di antichi guerrieri alti come nessun sardo è stato mai, truci culti di santi che i papi si sono scordati di canonizzare, porte di pietra che si aprono su mondi ormai scomparsi, e mari di grano lontani dal mare, costellati di menhir contro i quali le promesse spose si strusciano nel segreto della notte, vegliate da madri e nonne. C’è una Sardegna come questa, o davanti ai camini si racconta che ci sia, che poi è la stessa cosa, perché in una terra dove il silenzio è ancora il dialetto piú parlato, le parole sono luoghi piú dei luoghi stessi, e generano mondi..>>


Pagina 1, intuisco sin da subito che non sarà una guida turistica, un romanzo di viaggio o un libro itinerario, a cullarmi in questa tratta di mare, ma un viaggio misterioso su carta “dove ogni spazio apparentemente conquistato nasconde un oltre che non si fa mai cogliere immediatamente”, non male come Premessa.

Inizia così il mio viaggio nella terra dei miti, ancestrale e selvaggia di Michela Murgia, scrittrice contemporanea Sarda d.o.c, con i suoi undici itinerari di parole, geografici e non, al di là  “del presepe di cartapesta rappresentato dalla Costa Smeralda”, dei parchi divertimento per ricchi imprenditori e spiagge dorate da Instagram.

Intanto una voce ovattata fuori campo ricorda ai gentili signori passeggeri di rispettare il “distanziamento sociale” . Non riesco ancora ad assuefarmi a questo termine, penso, mentre il reggaeton delle casse del bar conquista il pontile di prua. Rivolgo un ultimo cenno all’orizzonte sfocato e decido di lasciarmi trasportare dagli itinerari sardi della Murgia.

Restituirò qui di seguito solo alcuni sentieri, per non svelarne l’intera magia…


La prima tappa proposta è ALTERITA’, caratteristica identitaria della cultura Sarda, radicata e diffusa in particolar modo in Barbagia, la principale regione interna e “la più estesa tra quelle che non toccano il mare”.  

L’autrice narra la visione identitaria e indipendentista della popolazione barbaricina, “tanto che a parlarci risulta abbastanza comune che essi si descrivano principalmente come cosa diversa rispetto ai «continentali» e agli altri stranieri”.

Socchiudo i pensieri e ad un tratto mi faccio strada fra i vicoli e i murales del paese di Orgosolo per far prender vita alle parole su carta dell’autrice. Una tavolozza a cielo aperto di circa 150 murales scorre davanti ai miei occhi da lettrice, e ne fa comprendere il tacito assenso della popolazione locale, viva e significativa condivisione culturale o di protesta.

“In nessun altro posto la Sardegna emana dalle case stesse una così alta consapevolezza di essere scheggia di un mondo enorme, la cui eco giunta fino a qui, riverbera tra i muri fino a diventarne parte”

Si prosegue con PIETRA, fra nuraghi, muri, menhir e spose, la pietra, sembra proprio raffigurare la memoria dell’isola, non a caso attraversandola, la sensazione immediata è di essere seguiti furtivamente durante l’intero viaggio, da questo elemento naturale, quasi sempre disposto irregolarmente tramite i cosiddetti “muretti a secco”. Scopro addentrandomi nel capitolo, che si tratta del risultato di un’introduzione improvvisa della “proprietà privata” della terra, che l’autrice fa risalire al 1820. Con la “legge delle chiudende” , infatti , Michela Murgia narra di “una folle corsa al muretto” così ogni abitante divenne “al tempo stesso proprietario e prigioniero del fazzoletto di terra che era riuscito a recintarsi”.  Aspetto curioso in quanto sembra che questa norma sia fra le principali motivazioni dell’assenza di forme di agricoltura intensiva sull’isola.

“il caratteristico muretto a secco che tanto incanta il turista va quindi letto come un sovvertimento dell’ordine delle cose note, la prova visibile della perdita dell’innocenza collettiva in seguito alla quale le linee di pietra delle “chiudende” hanno segnato il territorio sardo come cicatrici di una ferita.”

Impossibile non scovare i nuraghi, in questo itinerario. L’associazione del nuraghe al territorio sardo è abbastanza immediata, i monumenti in pietra, unici nel loro genere e rappresentativi della civiltà nuragica, sono legati a diverse supposizioni, allo stato attuale degli studi sembrerebbe che il fine principale sia stato quello di difesa, pare infatti fosse adibito a torre di controllo del territorio, o utilizzato per segnali di allarme attraverso il fuoco. Scorro tra le pagine per intravedere il nuraghe che visiterò, è la reggia di Barumini nella regione della Marmilla e quello della Losa in provincia di Oristano, mi prometto che tornerò al mattino d’inverno a visitare questo suggestivo monumento, come suggerisce l’autrice “quando la piana di Abbasanta è ancora velata di bruma e il nuraghe, un colosso addormentato, si erge maestoso sull’erba bagnata”.

Seguono altri concetti notevoli come, ARTE, CONFINE, FEDE, SUONI, INDIPENDENZA, CIBO, ACQUA, NARRAZIONI, FEMMINILITA’.


Mi soffermo sul penultimo percorso, NARRAZIONI, l’undicesimo meno uno, “undici mete perché i numeri tondi si addicono solo alle cose che possono essere capite definitivamente”.

Inizio solo ora a cogliere il senso viscerale e impercettibile dell’isola “vicina come è più a uno stato d’animo che a un luogo vero e proprio”  : I sardi e le loro storie.

“Niente sull’isola è mai soltanto un luogo. Potrebbe significare anche questo l’essere l’isola delle storie..”

M. M. sembra voler disegnare ogni tappa sfaldando ogni tipo di stereotipo turistico da villaggi “all inclusive”. Intende farci scrutare al contrario, ogni singolo spiraglio di Sardegna Vera.

«Chi viene in Sardegna con l’aspettativa di trovare facili corrispondenze al verosimile, rischia di fluire naturalmente nel ruscello artificiale di un agriturismo, dove gli organizzeranno volentieri quello che cercava, ottenendo il paradossale risultato di renderlo soddisfatto di aver visto quel che non esiste, mentre gli è sfuggito tutto ciò che non era predisposto a vedere, soltanto perché non è stato mai narrato prima».

Consigliato a chi, ama, ignora, ha nostalgia della terra Sarda, o a chi semplicemente desidera sfogliare frammenti di storie di una terra insolita, talvolta ferma nel tempo, talvolta straniera.  


Intravedo ora all’orizzonte un lembo di terra simile a quello decantato dalle parole dell’autrice. Una voce in lontananza sembra avvisarmi che è ora di ritornare sulla terra ferma. Con gli occhi stracolmi di parole e itinerari segreti da percorrere, ringrazio Michela Murgia per aver riempito di spunti la mia agenda di viaggio e avermi fatto immaginare in 183 pagine disegnate con cura meticolosa, l’isola selvaggia che non si vede.

Buon viaggio.