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Verona, Sarajevo e Bamian – lo scontro tra odio e amore è sempre uguale, ma il finale cambierà mai?

In questi giorni mi è capitato di scoprire la storia di Admira Ismic e Bosko Brkic, due innamorati morti il 19 maggio 1993, a 25 anni, mentre scappavano da Sarajevo e dalla guerra. Lei, Admira, era musulmana, lui, Bosko, serbo di Bosnia. Entrambi vivevano a Sarajevo, erano fidanzati dal liceo e sognavano un futuro migliore, insieme, sfidando proprio quelle differenze che avevano causato la guerra civile.
Bosko era rimasto a Sarajevo per Admira, sua madre e suo fratello avevano lasciato la città già da un anno, ma lui aveva deciso di restare per lei. Col tempo però la città era diventata per loro sempre più pericolosa, così, quel pomeriggio di maggio, avevano deciso di scappare, insieme. Lui mesi prima era rimasto per lei, lei quel giorno sarebbe partita con lui, lasciando la sua famiglia e rischiando anche la cattura.
Avevano preso tutti gli accordi possibili per riuscire a scappare da una Sarajevo irriconoscibile, ma non bastarono. Furono sparati da un cecchino mentre correvano vicino al ponte Vrbanja, in quella “zona di nessuno”, a due passi dalla speranza della salvezza.
Colpiti nello stesso istante, Bosko morì sul colpo e cadde a testa in giù, Admira invece morì circa 10 minuti dopo. Morirono abbracciati, distesi sul suolo uno accanto all’altra, e così rimasero per 8 lunghi giorni, perché in quella zona di confine, troppo pericolosa da attraversare, non fu data subito ai familiari la possibilità di recuperare i corpi.

Bosko e Admira divennero da subito i “Romeo e Giulietta di Sarajevo”, vittime di una stupida guerra civile che distrusse famiglie, allontanò amici e spezzò vite e amori, come il loro.
La loro storia fu raccontata dal cronista Kurt Schork (qui la sua cronaca) e ispirò nel 1994 il documentario di John Zaritsky Romeo and Juliet in Sarajevo; nel 2013, dopo vent’anni, è stata invece ricordata nel brano “Bosko i Admira”, della band Zabranjeno Pusenje.

Gandhi diceva che “l’amore è la forza più potente che il mondo possiede”. L’amore è il sentimento opposto e contrapposto all’odio, parimenti impetuoso e coinvolgente, che dovrebbe prevalere su ogni cosa. Admira e Bosko, come Romeo e Giulietta, sono però l’esempio di come l’odio imperante possa sopraffare ogni cosa e riesca a distruggere anche ciò che di bello sopravvive in un mare di odio, nel culmine delle atrocità.

Il New York Times qualche giorno fa ha raccontato la storia di Zakia e Mohammed Ali, due innamorati afghani di 19 e 22 anni. Lei è sunnita, lui sciita di etnia hazara, un amore quindi, anche per loro, ostacolato dall’odio reciproco delle rispettive etnie. Anche loro moderni Romeo e Giulietta.
Dopo essersi innamorati, lo scorso anno sono scappati sui monti circostanti il loro villaggio per fuggire dai familiari di lei, che minacciano tutt’ora di ucciderli per non aver rispettato “leggi non scritte” e il volere della famiglia (oltre che appartenere ad un’altra etnia, Zakia era anche promessa sposa ad un altro uomo).
Dopo innumerevoli fughe tra montagne e campi profughi, e molte peripezie – tra cui arresti e deportazioni anche da parte di falsi agenti di polizia – hanno deciso di tornare a vivere nel loro villaggio, sfidando l’odio. Ogni giorno però devono fronteggiare le difficoltà economiche e la paura di attacchi da parte dei familiari di Zakia.
Alla fine di dicembre è nata Ruqia e hanno costruito la loro famiglia. “This is our proof that we belonged together” ha detto Mohammed Ali.
Non sappiamo come sarà la vita Zakia e Mohammed Ali, se un giorno riusciranno a vivere in serenità nel loro villaggio o dovranno ancora scappare. Quello che è certo è che Ruqia è il frutto di un amore nato nelle avversità, ma è anche una risposta all’odio e una speranza per il futuro.

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