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Un Eco che si diffonde, la miopia al tempo dei social

«I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». 

Giugno 2015, Umberto Eco viene insignito della laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media”, l’Università è la sua Alma Mater dove nel 1954 il semiologo, filosofo, scrittore, accademico italiano si era laureato in Filosofia.
Davanti ad un’aula magna gremita, Eco pronuncia senza tentennamento alcuno questa frase che, immediatamente, squarcia il brusio e fa piombare l’auditorio in un silenzio irreale. 

Questo l’ho immaginato. 
Mi sono, infatti, immedesimato in uno fra i tanti che affollava la lectio magistralis di Umberto Eco.
All’udire quelle parole cariche di potenza mi sarei sentito…vuoto, paralizzato, forse stizzito.

Dopo qualche tempo, però, ho preso a riflettere su quale potesse essere il reale messaggio intrinseco .
Sul perché un’autorità nel campo della cultura si fosse spinta ad esprimere, innanzi a centinaia di persone, durante una cerimonia rappresentate un riconoscimento tanto grande alla sua carriera, un concetto tanto “violento”.
Ed allora ho iniziato a scrollare la bacheca di Facebook.
Dopo pochi istanti le mie pupille si sono dilatale, il battito cardiaco è cresciuto, ho percepito come un epifania cerebrale perché avevo capito, forse, cosa intendesse realmente Umberto Eco.
La società si è evoluta, negli ultimi 20 anni ad una velocità che è cresciuta esponenzialmente ed ininterrottamente.
La velocità delle nostre vite si è, almeno, decuplicata.
Tale accelerazione ha, ineluttabilmente, imposto dei sacrifici.
Ed invero, sull’altare del consumismo, dell’accumulo di denaro, della sopraffazione finanziaria, del sapere fruibile a tutti e della democrazia del popolo, il bene da sacrificare sull’altare è stato il tempo.

Oggi ci “informiamo” scrollando la bacheca di Facebook.
Oggi “approfondiamo” leggendo la didascalia posta sotto un titolo od una foto.
Oggi  ci “interessiamo” condividendo una notizia.

Non dedichiamo abbastanza tempo alla lettura critica, all’approfondimento di argomenti, non dedichiamo il tempo congruo a progetti che interessano noi e la comunità perché…non c’è tempo.
Il riflesso primario di questa accelerazione è, dunque, un abbassamento medio della nostra cultura generale unito ad una incapacità (nonché un’inescusabile pigrizia) di discernere una fake news da una notizia vera, verificata, studiata e verificabile.
Tale assunto trova il suo riflesso nel fatto che le nostre espressioni quanto verbali quanto scritte risultano dunque nella quasi totalità dei casi inadeguatamente approfondite.
Non solo, questo “fuggi fuggi” ci impedisce di comprendere se una notizia rappresenta uno specchietto per le allodole o un reale interesse nazionale.
Il risultato è che percepiamo come “emergenze” delle situazioni “normali” e come “accettabile” ciò che rappresenta una reale necessità.

Facciamo un esempio:

Il 6 agosto è stato approvato, in Senato, il Decreto c.d. “Sicurezza Bis” fortemente voluto dal Carroccio di Matteo Salvini ed avallato dal Governo del cambiamento pentastellato.
Ebbene, il provvedimento permette al Ministro dell’Interno (all’epoca Matteo Salvini)  per motivi di sicurezza di limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi, salvo quelle militari o governative.
Per le imbarcazioni delle Ong che violeranno lo stop sono previste multe fino a un milione di euro oltre il sequestro e la distruzione della nave. 
Per il capitano che, come Carola Rackete (vi ricorda qualcosa?), forzerà il blocco, scatterà l’arresto in flagranza.

Il Legislatore ha il potere ed il dovere di fare ricorso al suo potere di legiferazione, specie in materia penale, quando la comunità percepisce un fatto come grave e lesivo di un bene protetto.
Ed infatti, migliaia sono stata i litri di inchiostro versati sui quotidiani per discutere del “problema” Ong.
Infinite le battute a computer per sviscerare questa “emergenza”.
La causa-effetto di questa urgenza è proprio il popolo di internet, noi, che per le ragioni espresse sopra non ci siamo interessati, non abbiamo approfondito, non abbiamo potuto (voluto?) dedicare 10 minuti a sviscerare tale input scientemente propinatoci.
Secondo i dati del Ministero dell’Interno (dato che cristallizza bene l’asimmetria informativa a cui veniamo sottoposti) alla data di giugno 2019 su 3073 migranti sbarcati in Italia, solo 248 sono arrivati a bordo di una Ong.

248
L’ 8% (circa).

Bene. E’ possibile, dunque, ritenere davvero l’8% un’emergenza?
E’ plausibile credere che le Ong stiano realmente danneggiando il nostro paese tanto da spingere il Parlamento a legiferare a riguardo?
Umberto Eco con le sue parole vuole, forse un pò bruscamente, farci aprire gli occhi.
Lo scopo di quella frase è renderci edotti della nostra miopia e pigrizia, della nostra incapacità di dedicare il giusto tempo ad interessarci, a studiare, a creare quegli strumenti necessari per potere esprimere coscientemente il nostro pensiero.
Eco ci invita a filtrare, come un’equipe di specialisti, le informazioni presenti su internet e sui social in particolare per farne uno spunto di riflessione ed accrescimento culturale.

Questo scritto non vuole essere colorato politicamente, non vuole attaccare il popolo di internet ma vuole essere un monito.
Dobbiamo trovare il tempo di studiare, di interessarci, di impegnarci per accrescere il nostro livello culturale così da innalzare quello delle nostra propalazioni, dei nostri scritti, dei nostri post e contenuti social.

Se credete che ognuno di noi non può cambiare le cose, vi sbagliate.

Non cambierete certo il modo di vedere le cose di tutti coloro che vi leggono od ascoltano ma, su 100, forse, 8 saranno spinti ad aumentare il tempo impiegato per crescere come persone e cittadini.
E quell’8% si che è un dato rilevante.

Troviamo il tempo.

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