Ogni anno arrivati all’8 dicembre c’è una regola non scritta che muove un Intero Paese a tenere fede ad una tradizione. C’è chi lo fa anche prima, i veri sentimentali, quelli che amano il clima dalle lucine soffuse e poi ci sono i ritardatari che seppure arrivano a metà dicembre, non si scoraggiano e si mettono al passo degli altri. Insomma, avete capito a cosa mi riferisco? Alla magia meravigliosa che si sprigiona in tutte le case grazie al consueto appuntamento con l’addobbo dell’Albero di Natale!
C’è chi lo preferisce minimal e monocolore, chi lo ama confuso e vissuto, magari qualcuno lo compra vero ogni dicembre e altri lo prendono dal garage ricordando che resiste integro da almeno venticinque anni, c’è chi lo compone solo con il legno nudo e i più creativi danno vita ad opere da museo d’arte contemporanea, c’è chi lo crea sovrapponendo libri e chi invece al posto delle palline appende bigliettini di speranza, insomma tutti lo conosciamo, tutti (o quasi) lo facciamo con la stessa foga di un bambino di quattro anni e tutti ne rimaniamo soddisfatti quando la sera, seduti sul divano, lo vediamo brillare nel nostro salotto. Si ma, ci siamo mai chiesti da dove nasce questa tradizione?
Probabilmente molti danno per scontata la tradizione dell’addobbo dell’abete, un po’ come si fa col presepe che è un simbolo strettamente evocativo della religione cristiana ma invece la storia dell’abete natalizio è meno chiara e da vita a più leggende. Si dice che la vera tradizione sia nata nei paesi che si affacciano all’Europa dell’est, tra Lettonia e Lituania, dove gli alberi natalizi sono stati incontrati per primi, addobbati principalmente con datteri, frutta secca e fiori di carta a simboleggiare proprio la floridità della vita. Ma a quanto sembra, il primo vero albero di Natale viene fatto nel 1611 in Germania, nel palazzo della duchessa di Brieg che durante i preparativi di un ballo nota un angolo della sala talmente vuoto da far subito tagliare uno degli abeti piantati in giardino così che nessun’ala del palazzo fosse sguarnita di bellezza. Col tempo la tradizione dell’albero è entrata nello scenario collettivo anche della comunità cristiana che, probabilmente, ha trovato il modo giusto di associare la forma dell’abete ai 3 simboli del cristianesimo, le tre punte rappresenterebbero infatti la trinità. In ogni caso l’abete viene riconosciuto internazionalmente come albero della vita, simbolo propizio che rimarca la speranza e la rinascita del Natale.
Le radici lontane di questa tradizione trovano ancora oggi terreno fertile, chiamando a sè bambini e adulti da ogni parte del mondo, spesso le città più grandi usano il momento dell’accensione dell’albero come appuntamento che da inizio alla stagione invernale e al periodo natalizio, questa particolare attrazione a metà tra il folcloristico e il mediatico nasce in America ma arriva pian piano in Europa, determinando anche i flussi economici di alcuni luoghi. Basti pensare al boom di turismo che ha avuto Salerno con il progetto Luci d’Artista sparse in tutta la città, dove l’elemento principale resta l’albero con le sue 280mila luci a led a basso consumo, 60 ghirlande e 48 sfere dorate. Nulla a che vedere però con l’albero del Natale 2008 a Chicago realizzato con 113 alberi sovrapposti, alto 26 metri circa. Fortunatamente poi il sindaco decise di restringere lo spettacolo addobbandone solo uno per ridurre lo spreco degli abbattimenti di alberi.
Ma non ci sono solo gli alberi a rendere uniche le feste natalizie, ogni paese infatti ha una sua particolare chicca che inneggia alla rinascita e alla conclusione di un ciclo che da spazio a vita nuova e benefica. Una tradizione curiosa e molto imprimente viene sempre dalla Lettonia: i cittadini alcuni giorni prima del Natale sono soliti portare in casa un particolare ceppo di abete che serve ad assorbire in qualche modo tutti i mali e le cose brutte di quell’anno, una volta finito il giro delle stanze della casa, il ceppo è pronto per essere bruciato nel camino, a simboleggiare la fine dei problemi, lasciando la cenere di qualcosa che finisce e da spazio a vita nuova. Gli svedesi invece ogni 24 dicembre, alle tre del pomeriggio, si piazzano davanti alla tv per guardare l’episodio natalizio di Paperino del 1958. Prima dell’inizio della puntata un conduttore accende in diretta una candela e augura ai cittadini un sereno Natale: questa curiosa usanza si ripete dal 1959. Invece in Islanda ci sono i jólasveinar (letteralmente ragazzi del Natale), figli dell’orchessa Grýla. Tredici giorni prima di Natale i bimbi lasciano sul davanzale di casa le loro scarpe: se sono stati buoni, ogni giorno troveranno un dolcetto o un regalino portato da un jólasveinn; se hanno fatto i capricci, ad attenderli ci sarà una patata cruda. E infine c’è chi a Natale fa anche sport infatti a Caracas, in Venezuela, dal 15 al 23 dicembre si fa più attività fisica del solito: per andare alla messa giornaliera, chiamata Misa de Aguinaldo (dal celtico Eguinand, termine con il quale si definisce il regalo dell’anno nuovo), i cittadini indossano dei pattini a rotelle.
Insomma che si tratti di pattini a rotelle, patate sui davanzali, alberi piccoli o enormi, l’importante è sentirsi parte di un momento che unisce tutti, nella bellezza dei sogni che conserviamo dentro, nella speranza che qualcosa di migliore possa aspettarci dietro l’angolo, nella dolce nostalgia del calore familiare, nella voglia di sapere che andrà tutto bene e che riusciremo ad essere forti per affrontare ogni giornata nuova. In questo clima di unione e di serenità che spesso dimentichiamo perché presi dalla frenesia della quotidianità, prendiamoci un momento per guardare il nostro albero di Natale e sentirci accolti, anche quest’anno da quelle lucine calde che sembrano volerci abbracciare.
Maria Carmela Mandolfino
18 Dicembre 2024