Da consumatori viviamo il cambiamento tecnologico attraverso i nuovi prodotti che vengono introdotti sul mercato. A volte siamo resistenti al cambiamento, o non ne capiamo subito i benefici.
Il processo di adozione di una nuova tecnologia è parte di un processo molto più ampio e prolungato nel tempo, in cui oltre ai consumatori, ci sono anche le imprese, le università, con i loro centri di ricerca, e i finanziatori.
Il termine “technological change” descrive il processo di invenzione, innovazione e diffusione di una nuova tecnologia.
Nella prima fase gli attori principali sono l’imprenditore, o gli scienziati, che scoprono un nuovo materiale o appunto una nuova tecnologia.
L’innovazione avviene, invece, nel momento in cui si comprende come incorporare la nuova tecnologia in un servizio o in un prodotto, che potrebbe soddisfare un bisogno.
Nella terza e ultima fase entriamo in gioco noi consumatori che adottiamo il prodotto. ma il processo non è immediato e uniforme: non tutti i consumatori pesano i benefici e i costi dell’adozione allo stesso modo. All’inizio soltanto i “pionieri” si mostrerano entusiasti e volenterosi di provare la novità tecnologica; rappresentano solo una nicchia del mercato, ma il loro ruolo è essenziale per la diffusione nel resto del mercato. A volte ricoprono il ruolo di opinion leader, incoraggiando altri utenti a provare il nuovo prodotto., e I loro feedback sono fondamentali per l’azienda, ma vanno anche trattati con cautela, visto che anticipano bisogni che ancora sono latenti nel resto del mercato, o che possono essere completamente diversi.
In questa fase ancora il cambiamento non è avvenuto completamente e la nuova tecnologia è presente in diverse forme, ma una volta stabilito un dominant design, il cambiamento si completa e un nuovo equilibrio si stabilisce.
Quando il cambiamento tecnologico è distruttivo – ossia la nuova tecnologia rende obsoleta la precedente, un esempio è stato il passaggio dalle videocassette ai DVD – non sempre il processo parte da un’azienda già “matura”. Sono le start-up a giocare un ruolo fondamentale, spinte dalla visione dell’imprenditore, che immagina prima di chiunque altro la possibilità di commercializzare il nuovo prodotto. Nonostante le aziende già consolidate abbiano risorse da indirizzare all’esplorazione di nuove applicazioni o di nuove tecnologie, non lo fanno perché soffrono della miopia derivante dal successo dei prodotti attuali e dal percorso fatto fino ad ora. I costi della cannibalizzazione dei propri profitti sono percepiti di gran lunga superiori ai ritorni attesi dall’investimento in una tecnologia distruttiva, per questo spesso si concentrano su innovazioni incrementali, per migliorare i prodotti che già commercializzano.
È difficile definire a priori quale era di fermento stiamo vivendo, che cambia anche da settore a settore. Sicuramente i risultati più interessanti e futuristici sono quelli che si possono ottenere dall’applicazione dell’intelligenza artificiale. Può essere possibile che un software riesca a ragionare come la mente umana o che impari dai nostri input? Sì, è possibile, e molte aziende stanno investendo in progetti di ricerca: prima su tutte Google. Il motivo principale è che l’ I.A. ha numerose possibili applicazioni: dal mondo dei software per l’apprendimento alla medicina.
Esistono numerosi software online, sicuramente il più divertente è Cleverbot.com: Sul sito web è possibile parlare con il software come se fosse una persona; pone delle domande e si ha l’impressione che sia davvero interessato a quello che diciamo! L’obiettivo ovviamente è quello di cercare di racchiudere in un algoritmo i processi della nostra mente quando interagiamo.
Le applicazioni nel mondo medico sono le più affascinanti: sarà possibile ridare la vista a chi l’ha persa o a far “sentire” la consistenza degli oggetti con delle protesi? Per adesso è tutta immaginazione, ma un giorno sarà sicuramente possibile.