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Sulla “Via degli Dei”

“Mi perderò altrove, ad un passo dalla città chissà dove. Mi perderò altrove, senza messaggi e senza le mail”

Eugenio in via di Gioia – Altrove

“Che ne dici se andassimo a prendere una schiacciata Dall’Antico Vinaio a piedi?”
Sembrerebbe un invito normalissimo che un ragazzo fiorentino rivolge ad un altro suo amico, eppure questa richiesta è stata rivolta a me. Ed io vivo a Bologna.
Alcuni potrebbero pensare ad una pazzia nata da una serata alcolica, ma vi assicuro che eravamo del tutto leciti e come noi lo sono anche tutte quelle persone che nei periodi più caldi dell’anno decidono di avventurarsi lungo la “Via Degli Dei“, un sentiero dalle vecchie origini che collega Piazza Maggiore a Bologna con Piazza della Signoria a Firenze.
Ideata alla fine 1980 da un gruppo di escursionisti bolognesi, ricalca prevalentemente gli antichi tracciati che congiungevano Fiesole con Bononia, lastricati dai romani nel 187 a.C. per volontà del console Caio Flaminio dal quale prende il nome la Flaminia Militare (attualmente, però, il lastricato è quasi interamente coperto da vegetazione). Si estende per un percorso di circa 130 chilometri e deve il suo nome ad alcune delle località che si attraversano che ricordano le antiche divinità romane (Monte Adone, Monzuno, Monte Venere, Monte Luario).
Così, equipaggiati di tende, fornellino da campo, sacco a pelo e qualche indumento, partiamo per affrontare cinque giorni di cammino immersi nella natura.

Giorno 1: Piazza Maggiore-Monte Adone

Dopo l’incontro e la classica foto di rito in Piazza Maggiore si parte alla volta di Firenze. Nel cammino verso il santuario della Madonna di San Luca, lungo via Saragozza, ci godiamo gli ultimi sprazzi di civiltà prima di addentrarci nei boschi per i primi due giorni: le auto in strada, il bar-pasticceria Neri, lavoratori e studenti, nonnine che, incuriosite da tutta l’attrezzatura che ci accompagna, domandano se stiamo andando in guerra.
Dopo l’Arco del Meloncello comincia la prima parte difficile del cammino, accompagnata dalle prime imprecazioni e dai primi ripensamenti: quasi 3800 metri di portico in salita (il più lungo al mondo) che giunge fino ai piedi del Santuario.
Dopo aver raggiunto la cima e aver ricaricato le borracce inizia la discesa che porta al Parco Talon e quindi a Casalecchio. La chiusa di Casalecchio, sul fiume Reno, che si raggiunge nel pomeriggio, è l’opera idraulica in muratura più antica d’Europa tuttora in funzione: instancabile, fa il suo lavoro da ottocento anni, regolando l’afflusso di acqua alla città di Bologna.
Da Sasso Marconi è poi quasi tutta salita fino a raggiungere 431 metri s.l.m.. Lungo la strada incontriamo i primi b&b, ma noi abbiamo preferito le tende sia per ragioni economiche sia per vivere il tutto in maniera più wild possibile.

Giorno 2: Monte Adone – Madonna dei Fornelli

Solitamente la prima tappa si conclude a Badolo ma noi abbiamo preferito fermarci per la notte su un prato ai piedi del Monte Adone per essere in vantaggio sulla tappa successiva. Dopo un caffè ed un piccolo risveglio muscolare per alleviare i primi acciacchi, tutti in marcia verso la prima vera scalata che ci porterà, non senza fatica, sulla vetta del Monte Adone (600 m.s.l.m.). Una scalata bellissima, dove alla fatica e alla pesantezza delle gambe si affianca una vista pazzesca e la sensazione di essere davvero sospeso nel vuoto.
Arrivati in vetta, una croce ci accoglie con un quadernino in cui poter lasciare un pensiero mentre ad di sotto macchine minuscole si muovono lungo un serpente asfaltato che collega Bologna e Firenze.
Da Monte Adone scendiamo verso Monzuno, arrivando a destinazione verso ora di pranzo. Dopo uno spuntino leggero, ci inoltriamo nel bosco che ci porta al Monte del Galletto dove troviamo un piccolo “parco eolico” dal quale si apre un ultimo bellissimo tratto di 3 km sulle colline emiliane prima di arrivare a Madonna dei Fornelli. Accompagnati dai colori caldi del tramonto arriviamo in questo bellissimo paesino dove, dopo aver mangiato un panino e bevuto la tipica birra alla castagna, raggiungiamo l’Albergo Poli
(scoperto grazie ad un anziano del posto) che ai temerari come noi offre la possibilità di “picchettare” nel giardino privato ed usufruire del bagno (con doccia) a patto di effettuare una consumazione presso il bar-ristorante.

Giorno 3: Madonna dei Fornelli – Monte di Fo’

Questa è non solo la tappa che segna il passaggio dall’Emilia Romagna alla Toscana, ma è anche la più corta (15 km rispetto ai 27 e 28 dei giorni precedenti), ed il motivo lo capiamo subito: un cartello accanto alla fontana della chiesa indica che ci aspetteranno 2 ore di camminata in salita!
Superato lo shock iniziale arriviamo in cima, dove si trova il confine tra le due regioni e dove iniziano 5 lunghissime ore nel bosco che conserva i resti della Flaminia Militare e che termina al cimitero militare tedesco, sul Passo della Futa.
Tornati così sulla strada, mentre per il fine tappa viene indicato il campeggio de Il Sergente nel comune di Barberino, noi abbiamo deciso di proseguire per altri 4 chilometri in salita fino a raggiungere la vetta del Monte Gazzaro (1118 m). Sembrerebbe una scelta folle, ma vi assicuro che così non è stata: oltre ad avere accorciato di 4 chilometri la tappa del giorno successivo, abbiamo potuto godere di un tramonto davvero unico, caratterizzato da colori molto caldi che ben definivano i contorni delle altre vette che ci circondavano. Un’unica pecca però… il vento.

Giorno 4: Monte di Fo’ – San Piero a Sieve

Dopo una notte quasi insonne a causa del forte vento, lasciato il consueto messaggio sul “libro vetta”, la nostra quarta giornata inizia subito con il botto.
Se c’è qualcosa di peggio della salita, questa è la discesa! Accolti da cartelli che indicavano il sentiero stretto e scivoloso, infatti, dalla cima del monte Gazzaro all’arrivo ci sono 900m di dislivello e le ginocchia, soprattutto quando non si è riposato bene e si hanno zaini pesanti, sono messe a dura prova. Con poca acqua (dal camping de Il Sergente fino a metà della quarta tappa non si incontrano fontane!), tante imprecazioni e dolori, superiamo il Passo dell’Osteria Bruciata (che, secondo la leggenda, deve il suo nome
all’osteria data alle fiamme perché il suo proprietario serviva pasti cucinati con la carne dei viaggiatori) ed arriviamo a valle, dove visitiamo il primo borgo toscano, Sant’Agata, e poi, dopo altri sette chilometri su strada, San Piero sulla Sieve.
Anche questa volta, impavidi, decidiamo di accorciare sui 33 chilometri previsti per il giorno successivo ed allunghiamo fino al castello di Trebbio, dove Lorenzo de’ Medici trascorse lunghe giornate per le sue battute di caccia, Amerigo Vespucci si rifugiò per sfuggire alla peste di Firenze e, soprattutto, dove 5 giovani escursionisti hanno trovato una gentile signora che ha messo a loro disposizione una piccola casetta attrezzata con letti e doccia per passare la notte.
Con la finestra che affaccia su una bellissima collinetta con ruderi e vigneti tipici del paesaggio toscano, carichiamo le batterie per l’ultimo sforzo e già iniziamo a pensare a come condire la nostra schiacciata il giorno successivo.

Giorno 5: Castello di Trebbio – Firenze

L’ultima tappa è forse la più facile: pochi dislivelli, una buona alternanza di sterrato e asfalto, ma soprattutto tanta voglia di arrivare alla fine. La prima volta che vediamo all’orizzonte Firenze sono le 11:00: la distanza è ancora tanta ma la bellezza e l’emozione sono talmente forti che la fatica diventa solo un ricordo. Arrivati a Fiesole nel primo pomeriggio iniziamo ad assaporare il ritorno alla civiltà: se durante il cammino si salutano indistintamente tutte le persone che si incontrano, per le strade di questo paese ognuno guarda dritto davanti a sé o, al massimo, ti guarda stranito per gli indumenti sporchi e gli zaini pieni. A Fiesole molti scelgono di prendere l’autobus per arrivare a Firenze ma vi assicuro che non ci può essere scelta migliore di proseguire a piedi per l’ultima ora e mezza fino a Piazza della Signoria che, alla sol vista, fa improvvisamente aumentare i dolori e la fame.

E così foto di rito e subito tutti all’Antico Vinaio, che è proprio dietro la piazza.

p.s. so che morite dalla voglia di saperlo… la mia schiacciata con capocollo, crema di tartufo, pecorino e pomodori secchi era qualcosa di divino!

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