Social Warning: orientarsi sul web tra etica, rischi e opportunità

Il web, com’è sempre più noto, è un luogo immenso pieno di opportunità di informazione, formazione, apprendimento, realizzazione professionale, divertimento e passatempo, ma è anche un posto pieno di insidie, soprattutto per i meno informati e inesperti. Proprio per contrastare i pericoli dovuti a una scarsa consapevolezza e conoscenza del web è nato Social Warning, il Movimento Etico Digitale. L’idea nasce da Davide Dal Maso, inserito da Forbes tra gli under 30 più influenti in Italia. Davide è social media coach di tante aziende e formatore volontario nelle scuole e, con un team di oltre 150 volontari sparsi per l’Italia e accomunati dalla passione per il digitale, si è impegnato nel diffondere maggiore consapevolezza sulle potenzialità ma anche sui rischi del digitale.
Abbiamo parlato di Social Warning e del web con Davide e con Luca De Rosa, programmatore di professione e coordinatore dei Formatori per il Movimento.

  • Davide, cos’è per te la rete e cos’ha significato per la tua vita?
    D: La rete innanzitutto è uno strumento e di conseguenza può essere utilizzata in modo positivo e negativo. Per me è un megafono, un trampolino, una finestra, una corda, una casa piena di stanze con porte scorrevoli e porte cigolanti. Io la rete la vivo sin da adolescente e mi ha aiutato a connettermi con tante persone a cui mi sono ispirato e a cui ho cercato di trasmettere qualcosa di valore. 
  • Com’è nata l’idea di Social Warning e quali traguardi ha raggiunto ad oggi l’associazione?
    D: Nasce sui banchi di scuola quando notavo che gli interventi che ci venivano fatti tentavano di spaventarci sui rischi del web, ma a quasi tutti i miei coetanei non faceva effetto se non per qualche giorno. Ho pensato di diffondere un approccio che parlasse anche delle potenzialità di internet e così ho iniziato a fare degli interventi da solo, gratuitamente. Pian piano si sono aggregati formatori, abbiamo creato un coordinamento didattico formato da pedagogisti e professionisti della media education e attualmente siamo 150 formatori-volontari diffusi in quasi tutta Italia.
  • Luca, tu sei il coordinatore dei formatori: innanzitutto, come si diventa formatori? Quali sono i requisiti da avere e come si struttura il lavoro del formatore?
    L:
    Per diventare formatori bisogna, anzitutto, essere soci del movimento e poi, tramite una richiesta a noi coordinatori, bisogna seguire un iter che ci permetterà di valutare se una persona è idonea al ruolo di formatore o meno. Chiunque lavori nel mondo digitale può fare richiesta, ma non escludiamo anche altre figure professionali. Ci sono due modalità secondo le quali un formatore può dare il suo contributo: nella prima è il formatore stesso che andrà a recuperare i contatti di scuole, biblioteche, librerie o di associazioni, raccontando ciò che fa il movimento, di cosa si occupa e il motivo per cui dovrebbero dar loro la possibilità di portare il progetto all’interno del proprio contesto; nella seconda modalità sono le scuole che contattano la nostra associazione e quindi noi ricerchiamo un formatore che sia disponibile in quella zona e che sia adatto alle esigenze del richiedente, pur mantenendo il format stabilito a livello nazionale. 
  • Quali sono le problematiche più diffuse e anche più difficili da combattere sul web? 
    L:
    Dal mio punto di vista, la problematica più diffusa è l’inconsapevolezza della potenza del mezzo che stiamo utilizzando. Questo causa l’utilizzo scorretto dei nuovi media e della tecnologia nel suo aspetto più generale. Sapere con cosa si ha a che fare, ci permette di utilizzare il mezzo a nostro favore per il lavoro, per le competenze, per lo studio e chi più ne ha più ne metta. 
  • Quali soluzioni o atteggiamenti raccomandate per combattere cyberbullismo, sexting o per far fronte all’ampio dilagare delle fake news?
    L:
    Per risolvere, o quantomeno arginare queste problematiche, noi del movimento reputiamo che la consapevolezza dei temi dei quali si sta parlando ne riduca un abuso sostanziale. 
  • Invece, quali sono le maggiori opportunità che la rete permetterà di creare in futuro?
    L:
    Mi piace sempre far notare come io sia l’esempio di una persona che è riuscita a trarre vantaggi dalla rete: la mia formazione da sviluppatore e da formatore proviene per gran parte dal web. In autonomia ho sempre fatto delle ricerche e mi sono sempre informato, questo mi ha permesso di seguire una passione, inoltre e soprattutto, di crearmi il mio attuale lavoro. Ed è in questo modo che reputo che la rete debba essere utilizzata a nostro vantaggio, non credendo ad ogni cosa che ci si trova davanti, ma restando esploratori senza fine e paranoie su voler conoscere la verità rispetto a contesti e informazioni. 
  • Davide, tu sei un Social Media Coach per tante imprese: innanzitutto, qual è la differenza tra essere un social media coach e un consulente sulle strategie dei social network?
    D:
    social media coach nasce dalla mia esperienza in UK nel 2015 quando una professionista durante un corso di formazione organizzato dal Welsh Government mi passò la visione della modalità di approccio ideale per un’azienda nel futuro dei social: avere la gestione all’interno, essere affiancati ed allenati in modo pratico e costante proprio come fa un coach. La differenza sta quindi nell’approccio. Da qui ho deciso di portare in Italia quel concetto e ricordo che su Facebook sono stato il primo in Italia ad avere una pagina con quell’appellativo. 
  • Le persone con cui ti approcci nelle aziende sono di età differenti: quali differenze ci sono tra giovani e meno giovani?
    D:
    Spesso i meno giovani hanno più capacità di applicare degli insegnamenti di digital marketing, ad esempio su come usare LinkedIn per agganciare un potenziale cliente. Questo grazie al loro trascorso e ad una maggiore attenzione all’approccio “formale”. Allo stesso tempo sul lato pratico ovviamente i giovani sono avvantaggiati nel memorizzare come fare una determinata cosa perché sono cresciuti con i dispositivi tecnologici in mano. 
  • Avete notato diversità nell’approccio al web tra le varie regioni d’Italia? 
    L:
    Certamente e la spiegazione di questa differenziazione sta nello sviluppo delle singole città e paesi rispetto ai temi dell’educazione ai media e all’educazione civica digitale. 
  • Davide, sei anche un insegnante e sei stato il più giovane docente dell’Università di Padova: cosa pensi della scuola e com’è stato tornare tra i banchi di scuola, stavolta dal lato della cattedra?
    D: Da quella lezione a fine 2016 son passato dal lato della cattedra diverse volte, ad esempio in IULM proprio qualche giorno fa. È sempre bello trasmettere ai miei coetanei non solo delle informazioni tecniche, ma soprattutto la voglia di lanciarsi, di provarci, di staccarsi dalla famosa comfort zone. 
  • Come reagiscono i ragazzi nelle scuole/università al tuo innovativo approccio didattico al web? E, soprattutto, in cosa consiste una tua “lezione tipo”?
    D:
    Nella scuola superiore dove insegno abbiamo un programma basato su poche lezioni teoriche e tante laboratoriali. Si parte da un primo anno in cui si trattano argomenti riguardanti l’identità digitale e l’utilizzo consapevole dei social per arrivare all’ultimo anno in cui si imparano proprio tecniche pratiche di promozione online per le attività nelle quali lavoreranno in futuro. Per l’impatto, eheh, rimangono spesso stupiti di come uno così giovane possa essere davanti a loro. Poi confrontandosi con me e vedendo la didattica si appassionano e la vicinanza di età diventa un valore. 
  • Luca, tu invece porti avanti anche “Bye, again”, un podcast sull’etica digitale, ma cos’è l’etica digitale?
    L:
    L’etica è un concetto molto personale, non ci sono leggi che stabiliscono ciò che effettivamente è giusto o sbagliato, ma è un buon senso che si crea in ognuno di noi crescendo. Questo concetto si può estendere al mondo del web difendendo ciò che è giusto e ciò di cui abbiamo le prove certe. 
  • Tra le diverse figure del mondo del web che hanno raccontato le loro esperienze con lo smartphone, quale ti ha colpito di più?
    L:
    Sicuramente le persone afflitte da disabilità che riescono ad aiutare altre persone nella medesima situazione ad alzarsi e reagire ogni giorno alle difficoltà che la vita ci mette davanti. 
  • Con Social Warning si ha l’obiettivo di “rivoluzionare il mondo dell’istruzione italiana”: cosa manca, cos’è sbagliato, nel mondo accademico e cosa bisognerebbe implementare? 
    D:
    Io voglio evolvere la scuola sotto un punto di vista di educazione a degli strumenti con cui noi tutti passiamo quasi 1/4 delle ore della giornata. Purtroppo la scuola spesso si dimostra restia a questi cambiamenti, ci sono le LIM ma vengono usate solo come proiettore e i professori sono forzati ad usare queste tecnologie, senza spesso capirne i vantaggi e quindi si sentono forzati nel farlo. Inserire l’educazione civica digitale significa creare un percorso che permetta allo studente di diventare un cittadino consapevole e attivo sia online che offline. Qui si pone il tema: a chi lo facciamo fare? La mia personale soluzione è fare sì che questa materia sia a carico di un professore già interno alla scuola, che si concentri sul lato civico, e a cui si affianchino professionisti del digitale che possono portare le conoscenze tecniche che altrimenti sarebbero difficili da acquisire in un flash. 
  • Davide, ti sei formato da solo, anche grazie ad un’esperienza all’estero con Erasmus Plus, ma con tanto lavoro sul campo: cosa consiglieresti ad un ragazzo che vuole fare del web la propria professione? Studiare o buttarsi direttamente nel mondo del lavoro?
    D:
    Consiglio di formarsi soprattutto provando a mettere le mani in pasta. Fare tanti corsi di lunga durata non ha secondo me una vera utilità. È una materia in continuo cambiamento e quindi o ci sei dentro, anche solo con un progetto personale, o rimani indietro. Consiglio piuttosto di seguire online gli esperti del settore ed andare a dei corsi brevi che spesso sono intensi di contenuti, aiutando così il professionista ad aggiornarsi. 
  • Prendi il meglio dal passato, vivi il presente, pensa al futuro” è uno slogan bellissimo di Social Warning. Cosa prendete dal passato, come vivete il presente e come pensate il vostro futuro?
    D:
    Questoè uno slogan che mi è venuto riflettendo a lungo su ciò che era il mio intento con il Movimento Etico Digitale e di riflesso anche ciò che volevo io stesso imparare a fare. Prendere dal passato gli usi e le tradizioni dei nostri nonni e portarle nel futuro è una grande missione che dobbiamo portare avanti tutti assieme. La storia diventa valore e la rete diventa megafono per amplificarne l’insegnamento. 
    L: Il passato ha il compito insegnarci a vivere nel presente per migliorare il nostro futuro. 

Articolo già pubblicato (in versione ridotta) sull’edizione del 11/11/2019 del Quotidiano del Sud – L’Altra Voce dei Ventenni.