A dispetto del nome futuristico, le smart cities, ‘città intelligenti’, sono già una realtà. Una smart city è una città che, utilizzando l’innovazione tecnologica, riesce a spendere meno, senza abbassare la quantità e la qualità dei servizi forniti a cittadini ed imprese. Un concetto che ha che fare con l’efficienza, quindi, ma non solo. Una città può essere classificata come ‘smart’ se gestisce in modo intelligente le attività economiche, la mobilità, le risorse ambientali, le relazioni tra le persone, le politiche dell’abitare ed il metodo di amministrazione. In altre parole, si tratta di città in cui gli investimenti in capitale umano e sociale e nelle infrastrutture tradizionali e moderne alimentano uno sviluppo economico sostenibile ed una elevata qualità della vita, con una gestione saggia delle risorse naturali, attraverso un metodo di governo partecipativo.
Le smart cities italiane, visibili sul sito www.italiansmartcity.it, sono 158, tra grandi città e piccoli comuni. I progetti e gli investimenti più rilevanti sono stati realizzati a Milano, Torino e Genova, ma anche in centri del Sud come Bari e Cagliari.
Milano, per esempio, sta sviluppando un sistema di illuminazione a led che, oltre a essere più duraturo e a consentire una significativa riduzione del consumo di energia elettrica, gradua la sua intensità in base alla luce dell’ambiente e alle persone che frequentano la zona.Torino con 78 progetti in cantiere, è seconda solo a Milano, anche se supera il capoluogo lombardo per investimenti effettuati.
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Del resto, se si pensa che la popolazione mondiale arriverà a toccare nel 2050 i 9 miliardi, concentrati al 70% nelle aree urbane, è evidente come la riorganizzazione delle città sia una necessità. Avremo bisogno di più acqua, più cibo, più energia. In altre parole, di un uso efficiente delle risorse. Per fortuna le nuove tecnologie ci vengono in soccorso: possiamo sfruttarle per rendere le nostre città più vivibili, sostenibili, inclusive, per migliorare la mobilità, la sicurezza, la salute dei cittadini e l’integrazione. I cittadini, che per la prima volta possono referenziare geograficamente la loro posizione sul territorio e condividerla attraverso il cloud, divengono sensori “umani” dei fenomeni “urbani” e possono rilevare, segnalare e localizzare malfunzionamenti all’interno della città.
Nonostante i buoni risultati delle città italiane, tra le prime dieci città dell’indice European Smart Cities, che include città che hanno tra i 100mila e i 500mila abitanti, troviamo principalmente città scandinave (danesi e finlandesi), a cui si aggiungono Lussemburgo, Eindhoven (Paesi Bassi), Linz e Salisburgo (Austria).
Helsinki, per esempio, ha messo a disposizione della collettività il suo patrimonio di dati, per rendere più facile la vita dei cittadini e far crescere l’economia. Programmatori e sviluppatori privati collaborano con la pubblica amministrazione per realizzare app che aumentano la qualità della vita. Come BlindSquare, un app che aiuta i non vedenti ad orientarsi. Il navigatore usa informazioni provenienti da fonti diverse. I dati cartografici sono quelli di Open street map, mentre gli indirizzi e gli orari di apertura di ristoranti, negozi, servizi arrivano da Foursquare. Il sistema segnala perfino dove si trovano le strisce pedonali.
Dunque, in Europa, non siamo gli ultimi e neppure i primi nell’intento di far diventare intelligenti le proprie città, ma a metà della classifica. È pertanto necessario fare un salto di qualità, allargare gli obiettivi e nel nostro caso avere un’idea originale e distintiva di città che sappia tenere conto ed esaltare il capitale sociale e culturale italiano tra i più solidi al mondo.