In un panorama di serie televisive autoctone spesso tristemente fiacche e stinte, Netflix sta sempre più contribuendo a rinfrescare l’offerta multimediale italiana, in linea con gli interessi e le attenzioni di un pubblico sempre più “viziato” e abituato ormai alla ribollente e incalzante produzione d’oltreoceano.
In questa cornice, a Skam Italia è toccato l’arduo compito di offrire uno spaccato credibile della gioventù contemporanea, dei “liceali” italiani, eludendo pericolosi stereotipi e facili approssimazioni.
Skam nasce come un franchise internazionale di serie televisive, basate su un prodotto originale norvergese, da cui le altre edizioni “locali” traggono la trama e i personaggi, adeguandoli poi al contesto nazionale. Ecco, Skam Italia è riuscita nella sfida di rielaborare in prospettiva tutta italiana la trama originale, lavorando in particolare sulla profondità dei personaggi e sul realismo delle scene, degli atteggiamenti, delle relazioni umane.
Netflix ci ha infatti abituato nel tempo a serie tv americane adolescenziali in cui i giovani protagonisti, mentre frequentano le lezioni, devono affrontare situazioni straordinarie e certamente fuori dall’esperienza comune.
In Skam va in scena la vita “vera” degli adolescenti, nella sua semplicità, nella sua forse banale ma sempre incalzante quotidianità. Sul banco anatomico degli spettatori finiscono infatti i problemi “normali” dei ragazzi “normali”: i primi amori, la scoperta della sessualità, la difficoltà nell’integrazione sociale e religiosa, la costruzione di una relazione sentimentale, le fragilità personali e i problemi familiari. La vera sfida della serie è stata proprio quella di elaborare in un prodotto interessante e godibile la vita vera degli adolescenti che frequentano le superiori, riuscendo a coinvolgere lo spettatore nei loro ordinari problemi quotidiani, senza per forza trascinarlo in articolate trame spettacolari con indagini thriller e draghi sputafuoco. Il sapore di questo realismo si coglie per esempio nelle scene di vita “ordinaria” dei ragazzi e delle ragazze (la partita di pallone, i discorsi al baretto, la cena con il risotto pietrificato), che ricorderanno a tutti gli anni del liceo. La mancanza di una trama epica potrebbe indurre qualche diffidenza, ma la verità è che la narrazione scorre fluida e senza particolari rallentamenti. Basti pensare che, anche per promuovere la serie, sono stati creati i profili sui social media dei protagonisti, accessibili a tutti gli utenti e che hanno contribuito a costruire una caratterizzazione ancor più realistica della loro psicologia.
A questo risultato – forse paradossalmente – contribuisce la mancanza di un protagonista dominante: un vuoto che arricchisce il ruolo di tutti gli altri personaggi: manca infatti un personaggio chiave tormentato e tenebroso, che divora lo schermo e monopolizza l’attenzione e così l’attenzione dello spettatore si sposta stagione dopo stagione (anzi, scena dopo scena) orientata dal focus narrativo.
Un punto a favore di Skam è la resa qualitativa dell’interpretazione. Per Skam Italia è stato scelto (e bene) un cast di attori emergenti, più o meno noti al pubblico, che si è rivelato la vera punta di diamante del girato. Le interpretazioni sono quasi sempre credibili, vere, profonde, senza mai essere scontate e monodimensionali. Per di più, la delicatezza dei temi trattati e la complessità di alcune vicende personali legate ai singoli protagonisti rendevano non certo facile il compito ai giovani attori. Personaggi come Sana e Matteo in particolare richiedevano una consapevolezza non da poco, per evitare pericolosi stereotipi e la banalizzazione di tematiche assai delicate come la diversità di credo e di orientamento sessuale. Un personaggio dalle inaspettate prospettive interiori – di non facile rappresentazione – è poi Eleonora, le cui vicende familiari e la cui resilienza siano state rese con delicatezza e senza compatimento e commiserazione, in qualche sommessa e mai appariscente confessione agli altri personaggi. Non da meno Eva, che traghetta lo spettatore in alcune tra le fasi più topiche della relazione con Giovanni. Skam ci ha quindi ricordato che esiste un cast di attori giovani e intraprendenti in Italia, che può gettare una nuova luce sui palchi e nelle case.
Un plauso, infine, ad alcune scene “teatrali” che, spingendo un po’ sull’acceleratore del patos, hanno tentato di esaltare il ritmo narrativo. Va detto che Skam Italia, girato quasi interamente a Roma, sfrutta a pieno la godibilità visiva della città eterna e, rispetto all’originale norvegese, gode di alcuni incomparabili quadri panoramici sulla capitale. Su questo sfondo si incastonano alcune scene “fatte per colpire” che, alla fine, effettivamente colpiscono (il bacio sotto la pioggia in timelapse, Sana e Malik ritratti da lontano nelle vasche, il finale della quarta stagione).
Una particolarità della serie, ereditata dalla versione originale norvegese, si rinviene nella morfologia della narrazione: ogni stagione è dedicata ad uno o più personaggi e si concentra prevalentemente sulle relative vicende personali, mettendo un po’ in ombra tutto il resto. Questa scelta stilistica se da un lato consente allo spettatore di immergersi profondamente nella psicologia del singolo personaggio, dall’altro finisce per produrre una certa segmentazione nella narrazione. Tutti hanno sofferto la mancanza di Eva ed Eleonora, scomparse dalla scena nelle spire della seconda e quarta stagione. La serie ne perde anche in fluidità: sviluppando le storie dei personaggi contemporaneamente lo stile sarebbe stato forse più incalzante e travolgente, con più magnetismo.
Conclusioni? Skam Italia rappresenta oggi un prodotto godibile della produzione multimediale Netflix per la penisola, che apre un punto d’osservazione sui giovani, sui loro problemi e drammi quotidiani, con un realismo davvero accurato.
Una sfida non da poco, che possiamo considerare vinta.
Articolo già pubblicato sul Quotidiano del Sud – l’Altravoce dell’Italia del 10 agosto 2020