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Sextantio, le grotte della civita

31 ottobre, Halloween. 
L’indomani, Dia de los muertos: Ponte. 

Autunno. Sugli alberi, le foglie; alcune rimangono aggrappate con vigore ai rami mossi dal vento, le più giocherellone si tuffano nel cielo, roteando nelle folate, altre, invece, semplicemente si lasciano cadere, stanche, a formare il croccante “brown carpet” che accoglie i viandanti dell’autunno. 

Siamo nell’incantevole Matera, la città dei sassi, non degli alberi.
Nessun tappeto di foglie per noi emissari, la croccantezza andava ricercata in altro. 

Per trovarla, siamo finiti catapultati al Sextantio, le Grotte della Civita, albergo diffuso ricavato dalle antiche grotte dove i materani abitavano nella prima metà del ‘900. 

Esso sorge sul Sasso c.d. Barisano (chiamato così perché guarda in direzione di Bari) e rappresenta fedelmente quella che era la vita domestica materana prima del c.d. sfollamento dei sassi voluto da De Gasperi (migliaia di cittadini furono fatti trasferire forzatamente nelle case popolari a causa delle precarie condizioni socio-sanitarie in cui versavano i materani) quando l’odierna “Capitale Europea della Cultura” veniva definita, in maniere non altrettanto lusinghiera, la “vergogna d’Italia”. I materani, infatti, vivevano letteralmente con i propri animali: possedere un asino era, all’epoca, una vera e propria ricchezza, e la gente lo preservava come tale, adibendo a stalla parte della casa per impedire che, nottetempo, qualche malintenzionato rubasse l’asinello. Non solo, ma lo stesso letame dell’animale era prezioso, poiché ammassandolo in un’apposita zona della casa, ne provvedeva al riscaldamento durante i freddi mesi invernali!  

Ecco, questo particolare ci è stato risparmiato dal personale del Sextantio, mentre tanti altre peculiarità sono rimaste com’erano un tempo, riadattate all’accoglienza dei turisti con tutti i comfort del caso, dando nuova vita agli antichi oggetti dell’epoca (ad esempio, le vecchie mangiatoie degli asinelli sono ora adibite a lavandini e cosi via). 

Finita questa piccola digressione, ritorniamo a parlare di cucina, ritorniamo alla croccantezza

L’abbiamo trovata nella suggestiva chiesa sconsacrata che il Sextantio ha adibito per noi a stupefacente location per la cena di Halloween, fra zucche e candele profumate. 

Qui abbiamo fatto conoscenza con i sapori della cucina Lucana, e, appunto, con la sua croccantezza. 

Si, perché a fare da padrone nella cucina tipica della Basilicata è questo simpatico peperone croccante, detto “crusco” di cui abbiamo già parlato qui.  

Checco, lo chef del Sextantio, ce lo ha fatto assaggiare spolverato sopra un bel piatto di orecchiette al datterino giallo e tarallo grattato. 

Dopodiché ci ha mostrato i due lati della cucina lucana: 

– quella povera, basata su quegli alimenti che crescevano naturalmente in mezzo ai sassi, come la rucoletta selvatica, la cicoria, le fave, e sul riutilizzo del pane raffermo di giorni che, ammorbidito con il latte e mescolato con l’uovo, diventa una buonissima “polpetta di pane”;  

– quella ricca invece, di origine animale – contaminata da qualche innovazione – a base di carne, come la polpetta di manzo all’aglianico in salsa di miele e chicchi di melograno, ed a base di formaggio, come i ravioli fritti con burro, salvia e zucchero (!). 

Tutto buonissimo, insaporito dall’unica cornice delle Grotte della Civita.  

Location: 10
Servizio: 9
Menù: 8
Conto: 8

Una cena e una notte davvero uniche. 

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