Sento nero, il ritorno del vinile

Sono passati più di due anni da quando l’azienda Sony, leader nella produzione di varie tecnologie, ha deciso di chiudere il suo storico stabilimento di Terre Haute, in Indiana (USA), ultimo produttore dei rivoluzionari compact disc, e di affidarsi ad aziende terze per la produzione restante di un supporto che va via via perdendo il suo valore, e che verrà presto sostituito definitivamente dallo streaming.

Nel vortice incessante del progresso tecnologico, lo spiraglio di luce per gli ultimi nostalgici è racchiuso nella “Vinyl Mania”, sviluppatasi negli ultimi anni e divenuta ormai bisogno e moda per una fetta importante della popolazione mondiale. Quello che oggi erroneamente chiamiamo “vinile” è in realtà uno dei materiali con il quale il supporto viene prodotto e attraverso il quale si dà vita ai tanto celebri Long Playing (LP) o Extended Playing (EP), veri protagonisti del ritorno alla ribalta dei supporti fisici. I supporti in vinile sono stati introdotti per la prima volta nel 1948 dalla Columbia Records in sostituzione dei precedenti 78 giri in gommalacca e per ovviare alla necessità di creare dei prodotti che reggessero registrazioni più lunghe e che fossero più leggeri. Storicamente, si è cercato di ridurre al minimo la grandezza degli LP (33 giri e 45 giri) fino al raggiungimento e alla sostituzione totale degli stessi da parte del compact disc.

In un 2020 che ha dovuto combattere una emergenza pandemica, la digitalizzazione, quasi totale, della società è apparsa la prima obbligata scelta e conseguenza della riduzione della vita collettiva ed è in questo contesto che il vinile è andato controcorrente ed è diventato un vero fenomeno culturale, battendo tutti i suoi concorrenti. Difatti, nonostante il settore musicale, come tanti altri settori commerciali, ha dovuto far fronte a numerose perdite in termini di guadagni, i produttori di LP si possono considerare soddisfatti: tramite un’analisi effettuata dalla RIAA (Recording Industry Association of America) e riportata dall’Economist, il primo semestre del 2019 ha mostrato come le entrate delle vendite dei dischi nel mercato americano siano cresciute del 13 per cento rispetto all’anno precedente, con la possibilità di chiudere l’intero anno in crescita e superando il mercato del cd. Va puntualizzato come il mercato fisico della musica sta subendo un calo vertiginoso rispetto a quello digitale, che ammonta, secondo i dati RIAA, a circa il 30 per cento in meno rispetto al 2018, ma nonostante ciò, lo streaming musicale, per quanto cerchi di inserirsi di prepotenza nel mercato internazionale, cresce lentamente, anche e soprattutto a causa della pirateria musicale e per la quale la lotta appare ancora molto dura. 

In questo contesto, la notizia del vinile che per la prima volta dal 1986, supera i ricavi del cd è stata una doccia fresca in una calda giornata d’estate per coloro che ancora credono e lottano per il mercato musicale. 

È difficile stabilire con precisione i motivi per cui c’è stato questo ritorno al vinile. Vero è che il fascino vintage ha sempre investito una buona fetta della popolazione: dall’abbigliamento all’arredamento passando per l’arte, è sempre stato ricercato e voluto, e ne può essere una spiegazione il concetto espresso da Allen nel film “Midnight in Paris”, cioè che ognuno di noi, in un modo o nell’altro, ha nostalgia di epoche che non ha vissuto ma avrebbe voluto vivere. 

Questo concetto è una delle possibili interpretazioni per cui il vinile è tornato ai giorni nostri come se fosse nato nei giorni nostri. È curioso come non solo la produzione degli LP oggi, ma anche e soprattutto l’acquisto di quelli prodotti 50 anni fa, sia in crescita e diventi sempre più parte integrante dell’attuale società. Molti difatti, passano intere giornate alla ricerca di una particolare edizione di un album, o semplicemente ad una copia originale di un album prodotto anni fa. 

Va necessariamente puntualizzato come la produzione di supporti in vinile oggi non sia la stessa di 60 anni fa: la differenza tra le produzioni recenti di vinili e quelle storiche risiede proprio nel tipo di ascolto che un appassionato vuole concedersi. È fuori discussione che l’acquisto di un vinile attraverso mercatini e negozi vintage possa incontrare problematiche dovute alla conservazione del prodotto, quali graffi ed usure, sia del vinile che del suo involucro, problematiche che inciderebbero inevitabilmente sulla buona qualità del vinile stesso e del suo ascolto. Allo stesso tempo, i vinili di nuova produzione vengono quasi tutti stampati da una fonte digitale e che, se da un lato regala un suono più caldo ed omogeneo, dall’altro lato fa rinunciare al suono analogico del vinile, a quella sensazione graffiata e romantica propria di questo prodotto e appaiono più pesanti (180 gr) rispetto ai fratelli più grandi (120/140 gr). Questo è tra i motivi principali per cui tanti preferiscono acquistare i propri vinili su siti quali Discogs o Ebay, da rivenditori privati o vecchi commercianti musicali, invece di acquistarli presso grandi catene di elettronica o lo stesso Amazon. 

Sulla base di quanto detto, l’ascoltatore e fruitore di un prodotto in vinile è interessato principalmente a vivere un’emozione, a farsi trasportare in un’epoca differente dalla propria attraverso il suono della puntina del giradischi che tocca il vinile ed esplode nella stanza. La magia della musica risuona ardente e viva tra le mura del posto in cui si sceglie di farsi conquistare ed è in questo contesto che tutto diviene inebriante e caldo, soave e trasportante.Vivendo l’epoca in cui si cerca di sostituire il contatto col reale dall’agglomerato tecnologico-digitale, la piccola (ri)scoperta di sensazioni passate alle quali aggrapparsi, l’idea di coccolarsi senza pretenziose pretese e la voglia di esprimersi attraverso la musica pura e tangibile vanno senza dubbio incentivate ed inseguite: a tal proposito consiglio di chiudere gli occhi, gustare un calice di vino e vivere intensamente il momento tra noi e il nostro essere col giusto album in vinile al proprio fianco.