SANREMO 2015, TUTTO QUELLO CHE AVREI VOLUTO SENTIRE

Sergio Bruni, i Monty Python e Konty: nostalgia, nostalgia canaglia


Di Nicola H. Cosentino

Quando l’Italia che si piace si piace, si piace. Esempio teorico: io ho appena cominciato un pezzo su Sanremo con una mezza supercazzola. Sanremo, su cui verte questo pezzo, è l’esatto contrario di una supercazzola. La supercazzola è ermetismo, Sanremo è il carosello dell’esplicitare. Esempio pratico: al primo Festival targato Carlo Conti, che viale Mazzini ha prorogato per un decennio temendo che non facesse ascolti (raffazzonando di anno in anno conduzioni sinistrorse – con un unico, clamoroso risultato di qualità nel 2011), lo share è esploso come ai tempi di Bonolis 1. E ha vinto Il Volo, un prodotto Rai che all’estero vende quanto le Total 90 nel 2005. E ciò ha senso. Disseminare gli annali di vittorie e partecipazioni e conduzioni chic (Faletti, Avion Travel, Afterhours, Giovanardi, Fazio, Arigliano, Battiato) e, nel caso opposto, far calcare lo stesso palco a Enrico Ruggeri ed Emanuele Filiberto (il primo fu eliminato mentre Filiberto arrivò secondo) non ha funzionato bene quanto riproporre, dal teatro Ariston, I Migliori Anni. Bastava farsi due conti, giochi di parole a parte.

Quest’anno i radical non ci sono. Mancano Gazzè e Silvestri, che ad edizioni alterne garantivano la mia canzone preferita, e manca il rock milanese, che non c’è mai voluto andare, a Sanremo, e invece per qualche ragione c’è spesso andato. Manca Renga. Mancano – da troppo, ormai – i Matia Bazar. Eppure tutti sono contenti, perché è evidente che il Sanremo di Perché Sanremo è Sanremo è tipo questo qua. Dico “tipo” perché, nel bene e nel male, Carlo Conti non è Pippo Baudo: meno carismatico ma forse più amabile, è uno dei tanti efficaci inoffensivi dell’epoca renziana. Per dire, Pippo Baudo faceva cantare le modelle che sceglieva come vallette, Carlo Conti fa fare le modelle alle più famose cantanti italiane del momento, Arisa ed Emma, ridotte alla versione weirdo di Rocio, una tentata Inés Sastre. Tipo le due sorellastre di Cenerentola, Emma vestita come Giovanni Rana, Arisa come Platinette, che invece è vestito da Mauro Coruzzi, se stesso. Che ironia che sul palco ci fosse anche Conchita, che era la più bella di tutte.

Insomma, è iniziata una nuova era. Muoiono gli ultra-talent, rinascono i pezzi grossi della musica pop. Della serie che ho passato la giornata di ieri ad ascoltare Contromano di Nek. Sanremo deve servire a questo, più che a “Fedez presenta Lorenzo Fragola” e “I Modà presentano Bianca Atzei”. Altrimenti, da vetrina – come la chiamano gli indie, per giustificarsi delle loro partecipazioni – diventa un aeroporto di false partenze. Il vincitore del 2010 adesso si trova sull’Isola dei Famosi, se non sbaglio, insieme a…altri famosi. Per cui, fiducioso nel futuro del Festival in questo nuovo vestito pop-politico che tanto farà bene alla nostra normalità e che, personalmente, non mi piace per niente (ma la storia è storia, e vanno difese le sue direzioni), aggiungo una lista di canzoni che avrei visto bene in questo parterre di classici borderline, in cui l’unico picco lacrimevole (un Everest proprio) è stato toccato da Tiziano Ferro. Conti ci faccia un pensierino per le prossime dieci edizioni che condurrà. Perdonatemi la presenza, nella top 5, di morti e di stranieri, visto che quest’anno tra i big c’era Bianca Atzei.

  1. Carmela, Sergio Bruni, 1976

Classico per classico, una vera pietra miliare. E’ vibrante, napoletana, terronissima e, inaspettatamente, bellissima. Ha un verso straordinario, proprio all’inizio, che dice così:

Tu chiagne sulo si nisciuno vede/e strille sulo si nisciuno sente,/ma nun’ è acqua ‘o sanghe dint”e vvene/Carmela, Carmè/Si ll’ ammore è ‘o cuntrario d”a morte/e tu ‘o ssaje. Avrebbe perso per manifesta superiorità, come accade spesso a Sanremo. I Dear Jack prendessero appunti. Chapeau.

 

 

  1. Konty, Through the night, 1985

Spero che in una delle edizioni successive Carlo Conti abbia la forza di presentarsi così ed esibirsi così. Un suo apporto musicale, oltre che stilistico, era tutto quello che mancava al suo Sanremo. Sperimentale.

 

https://www.youtube.com/watch?v=qWqlDNh7vVw

 

  1. Gianna, La cocaina, 1966

“Se la vedeva la mamma faceva un dramma/e fu così che la misi lì/in un vasetto usato”. Tanto per creare una classica polemica sanremese, che quest’anno è mancata. Non servono altri commenti.

P.s. Per chi se lo stesse chiedendo, è una canzone vera.

 

 

  1. Monty Python, Every Sperm Is Sacred, 1983

Una canzone troppo grande? Eppure, se si ammutolisce il testo – lo scandalo sarebbe stato da Guerra Civile – la musica è da hit sanremese. Cito l’estratto “Hindu, Taoist, Mormon/Spill thiers just anywhere/But God loves those who treat their/Semen with more care”. Dirompente capolavoro. Magari in Italia con un testo riscritto da Silvestre, e la parola “sperm” sostituita da “bimbo”.

 

 

  1. Enrico Ruggeri, Primavera a Sarajevo, 2002

A Sanremo c’è già stata, che importa. La bellezza ci passa sotto il naso con grande discrezione, quando conosce il suo valore. La riproporrei per dare riscontro a uno dei più grandi autori viventi di canzoni (altrui). E al senso delle parole, giusto ogni tanto, per non abituarsi troppo a pensare.

 

 

  1. 2cento2, Buon compleanno Giulia, 2008?

In chiusura, una canzone giovane e recente, stranamente sfortunata eppure tanto carina. Meglio dei Dear Jack e di Moreno, ma anche di Lorenzo Fragola, se non altro per le pretese low profile – quanto sono pompati i maschi da Talent? Mi ricorda un anno (solo uno) del liceo, e mi permette di fare uso privato di questo mezzo pubblico. Il titolo calza a pennello, e farò felice un’amica. Ti dedico Buon Compleanno Giulia per il tuo compleanno, Marta.

 

 

Ps. Mi si fa notare un’incongruenza tra Buon compleanno Giulia ed i miei auguri a Marta. E’ vero. Buon compleanno, Armando. Mi ero scordato di te.