Tra i settori economici maggiormente colpiti dalla crisi attuale spicca quello dello spettacolo. Secondo Assomusica, durante il lockdown sono stati cancellati oltre 7.000 eventi, con una perdita di circa 10,5 milioni di euro.
E’ solo di 2 giorni fa la notizia che dal 15 giugno sarà possibile tornare nei cinema e nei teatri, ma seguendo regole molto rigide che cambieranno drasticamente il nostro modo di fruire degli spettacoli (ad esempio, è fissato un tetto massimo di partecipanti agli spettacoli, siano essi al chiuso o all’aperto; i posti tra le persone dovranno essere distanziati; non sarà possibile consumare cibo e bevande e molte altre regole). Gli assembramenti di persone, invece, continueranno ad essere vietati fino al 31 luglio e, proprio per questo, tutti i grandi concerti previsti per quest’estate sono stati rimandati direttamente al prossimo anno.
In questo scenario, riuscite a immaginare la nostra vita senza le attività di intrattenimento? E’ anche grazie agli artisti che abbiamo superato questo periodo. Hanno riempito (e stanno riempiendo) le nostre giornate in casa, anche tramite i social network. Ma riuscite a immaginare un futuro con cinema, teatri e concerti interamente traslati online?
Di questo ho parlato con Salvatore Costa, attore calabrese che ha trascorso la quarantena da solo, nel suo appartamento romano, condividendo la sua arte e la sua quotidianità con il pubblico dei social network.
Innanzitutto, hai sempre voluto fare l’attore?
Sì, la passione per la recitazione è nata quando ero a scuola e frequentavo i laboratori teatrali scolastici di Anoia, il paesino di circa 1.000 abitanti in provincia di Reggio Calabria da cui provengo. La passione poi si è trasformata in professione: mi sono laureato in Arte e Scienza dello Spettacolo all’Università La Sapienza e ho frequentato l’accademia triennale di recitazione; ho iniziato così a interpretare i primi ruoli, lavorando in teatri tra Roma e Milano, al cinema, ma anche come assistente aiuto-regia o in laboratori teatrali all’estero.
Svelaci una curiosità: perchè il tuo nome su Instagram è “Troisi dei poveri”?
@troisideipoveri è un nomignolo nato mentre frequentavo l’Accademia, quasi a sfottò per la mia cadenza dialettale e perchè ho una comicità malinconica. Una volta mi hanno chiamato così anche ad un provino e allora ho deciso di usare questo nome, che ormai sentivo un po’ mio.
A proposito dei social network, in questo periodo li hai usati per riempire le giornate del tuo pubblico – e immagino anche un po’ le tue – pubblicando su Instagram alcune sitcom che hanno ottenuto molto seguito, ma solitamente che uso ne fai?
Cerco di usare il sarcasmo per lanciare messaggi che permettano di vedere la vita in positivo. Ho deciso infatti di usarli in modo libero, senza avere pretese di dire verità assolute. Un esempio è un post che ho pubblicato lo scorso anno a cui sto pensando spesso in questi giorni. Era un periodo particolarmente frenetico e felice della mia vita ma me ne sono accorto solo a posteriori. Ogni giorno, passando dal teatro, mi fermavo a leggere una frase su un muro: “La sensibilità salverà il mondo“. Così, un giorno scattai una foto con questa scritta e la pubblicai riflettendo in modo leggero sul concetto. E’ questo il tipo di messaggi che mi piace lanciare sui social. Durante la quarantena ho realizzato queste sitcom e ho ricevuto vari messaggi di apprezzamento. Soprattutto, ho conosciuto tutto il quartiere!
Nel tuo settore un uso mirato dei social network quanto può servire?
Io non li uso con l’idea lavorativa però sono effettivamente un veicolo potente. Io stesso mi sono procurato alcuni lavori grazie ai social network. Sono una fonte di pubblico ma anche di pubblico di addetti ai lavori che possono dare un feedback o decidere di puntare su di te per una parte o per un’altra. Quindi sono un’arma a doppio taglio. In questi giorni, a seguito dei miei progetti sui social network, sono stato contattato per partecipare alla challenge cinematografica #homemadecinema, organizzata da Poperset Location, per cui i social diventano anche da stimolo per usare la creatività.
Veniamo ad oggi: quanto sta impattando su di te e sul settore dello spettacolo la pandemia?
Per me è stato uno shock. Dal punto di vista personale, mi sono trovato per la prima volta a non parlare con nessuna persona fisicamente presente. In questo periodo cadeva anche il mio compleanno e ho deciso ugualmente di fare una festa, condividendo online un brindisi con chi ha voluto seguirmi. Sorprendentemente è stato bellissimo: organizzare la festa mi ha riempito la giornata, mi ha dato un obiettivo per quel giorno. Dal punto di vista professionale, invece, ho visto annullare uno spettacolo teatrale a cui avrei dovuto lavorare ad aprile. Ormai non dipende più solo da me, dalla preoccupazione di riuscire a passare un provino o meno, e per questo mi sento impotente. Per di più, dei lavoratori dello spettacolo non si parla: c’è una macchina immensa dietro ad ogni progetto teatrale, cinematografico o musicale e i lavoratori sono stati ignorati. I 600 € mensili non bastano. Il futuro mi spaventa e non vedo tavoli di discussioni reali per affrontare e risolvere il problema.
Come pensi che cambierà il tuo modo di lavorare e il nostro modo di fruire degli spettacoli?
Sai qual è la cosa che odia di più un attore mentre è concentrato a recitare sul palcoscenico? Il colpo di tosse. Ora diventerà fobia collettiva. Ho immaginato la scena in teatro in cui al primo colpo di tosse tutto si ferma, tutti saltano dalle poltrone e scappano. C’è da dire che il colpo di tosse potrà essere un ottimo espediente per eliminare la fila per l’acquisto dei biglietti… Ad ogni modo: si ragiona per la riapertura di cinema e teatri ma ho sentito anche proposte assurde, come eliminare i baci dalle scene. C’è chi ragiona anche su sfruttare il web ma è inimmaginabile! Il teatro crea una magia irripetibile. Non so ancora come sarà possibile tornare ad una forma di normalità però penso che ognuno deve fare la propria parte. Io, ad esempio, sono un “portatore sano di sorriso” e riesco a riempire le giornate degli altri, divertendo anche me.
Cosa ti auguri per il futuro e cosa ti porterai da questa esperienza?
Mi aspetto di tornare a lavorare con la consapevolezza di fare qualcosa di bello e unico e sapendo che, se sono sopravvissuto a questo periodo, posso riuscire a raggiungere qualsiasi obiettivo. Ho imparato anche a riscoprire l’importanza di chi ci sta intorno e appena sarà possibile mi auguro di fare un assembramento, anche di creatività.
Articolo già pubblicato sul Quotidiano del Sud – l’Altravoce dell’Italia di lunedì 18/05/2020 – in questa versione online aggiornato con le ultime disposizioni governative