Nel panorama poetico contemporaneo si stanno imponendo prepotentemente nuovi stili di espressione, la scrittura in versi sembra aver trovato nuovo appeal per le nuove generazioni, ma non si tratta di un interesse diffuso in modo omogeneo. Vi è necessità di condividere, ma senza social e senza immagini, oltre il quotidiano e oltre la banalità.
Alessandro Porto ha 19 anni e una passione per i componimenti poetici che trascende i tempi moderni, riscopre i metri e i ritmi antichi e si destreggia in questo mondo con l’ingenuità di chi sta or ora scoprendo le correnti che hanno segnato il panorama letterario mondiale e con la volontà di trovare un flusso, un posto tutto suo.
L’abbiamo intervistato per farci raccontare qualcosa di più sul suo rapporto con Calliope.
Parlaci di te, com’è nato il tuo interesse per la poesia?
Il mio interesse per la poesia è nato sostanzialmente grazie ad una serie di fortuiti-sfortunati eventi. Non ho avuto una piacevole infanzia, ciò mi ha portato a rifugiarmi nella letteratura, da qui la passione per la cultura e per l’arte. Da bambino le poesie mi colpirono per la rapidità con cui arrivavano e scrissi qualche verso già in quinta elementare.
Il vero dramma, o la vera passione, arrivò in terza media, quando mi innamora
i tremendamente di una ragazza e, si sa, la prima cosa che si fa da innamorati è scrivere poesie. Il problema è che ho continuato; forse non ho mai smesso di essere innamorato.
Quali sono i tre autori che più ammiri, passati e presenti?
Vado in ordine cronologico. Dante Alighieri, perché non riesco ad immaginare la mia poesia, ma anche la poesia in generale, senza di lui. Un genio senza pari. Ugo Foscolo, per la tensione focosa e dinamica dei suoi versi, per i quali caddi letteralmente innamorato; lo stimo moltissimo anche come uomo e lo sento spiritualmente a me molto affine.
Charles Baudelaire e non ho il tempo di spiegare i mille motivi per i quali lo ammiro; diciamo che il dipolo eros-thanatos è un tema a me molto caro ed egli, per primo, lo trasmise con una musicalità ed una classe divini.
Ho notato nei tuoi lavori un “ritorno alle origini” nello stile, come mai questa scelta?
Un totale ritorno alle origini forse no, come testimonia il Manifesto del Dionisismo, in cui sono convinto, che non sia possibile andare da nessuna parte senza sapere da dove si proviene e per questo tento di riesumare il metro classico o comunque di proteggere il valore del suono e del ritmo nella poesia.sostanzialmente ho cercato di teorizzare proprio le mie sperimentazioni, diciamo che certamente è presente un profondo legame con la tradizione poetica della Penisola.
Cosa pensi della forma poetica che più sembra attirare i tuoi coetanei in questo periodo- i versi liberi che vogliono più concentrarsi sulle emozioni da suscitare piuttosto che sulla forma- come le poesie di Rupi Kaur?
Ho letto Rupi Kaur proprio di recente e ne ho regalato un libro alla musa di cui vi ho parlato prima, quindi mi sembra chiaro io non nutra nessuna ferma avversione per il verso libero e sciolto in sé. Sono del tutto aperto verso nuove forme di poetica, ma, ahimè, la poesia contemporanea il più delle volte mi annoia. Quando prendo in mano una poesia, mi aspetto di leggere versi, con una musica ed un ritmo, una cura per le parole e i loro suoni, mentre il più delle volte mi ritrovo davanti aforismi spezzettati da tanti “a capo”.
Rupi Kaur non la posso giudicare non avendo letto i suoi testi in lingua originale e non avendone potuto quindi assaggiare le melodie, ma posso dire qualcosa in generale su queste nuove tendenze. Dire che si predilige il verso libero per focalizzarsi più sulle emozioni che si vogliono trasmettere che sulla forma è, secondo me, il più delle volte una semplice scusa. Si abbandona il ritmo e la musica per semplice pigrizia o forse per incapacità.
Voglio dire: hai dei contenuti estremamente profondi da comunicare? Bene. Non credi meritino lo sforzo di essere messi in rima o di essere ritmati da un bel endecasillabo? Detto questo, la poesia è poesia, l’arte è arte, se funziona può essere fatta anche dalle onomatopee dei futuristi.
Bu bum tisch!
Quali sono i tuoi progetti futuri, ti piacerebbe intraprendere una carriera che permetta alla tua passione per la poesia di esprimersi?
Intanto inizio a prendere il diploma e cerco di sopravvivere alla facoltà di Lettere, poi ci penserò. In realtà vivere d’arte è il mio sogno e cerco già, ogni giorno, di realizzarlo: scrivo opere teatrali che metto in scena nella mia città, partecipo a poetryslam e reading, ho pubblicato un libro lo scorso anno -e spero di pubblicare il prossimo a settembre- e mi cimento in declamazioni poetiche ovunque mi chiamino.
Ah e poi intaso i social network, YouTube ed ogni piattaforma dedicata alla scrittura. Guadagno ancora poco, ma, chissà, un giorno l’amata Calliope potrebbe permettermi di vivere, o anche solo di sopravvivere, con la poesia.