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Referendum costituzionale: i 10 punti da conoscere

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Il 4 dicembre gli italiani decideranno se accettare o meno la riforma costituzionale Renzi-Boschi; ecco le 10 cose da sapere prima del voto.

 

Il 4 dicembre 2016 si voterà per il referendum costituzionale.

Gli italiani saranno chiamati a scegliere se accettare (votando ) o meno (votando NO) la riforma costituzionale “Renzi-Boschi”, già approvata dal parlamento il 12 aprile 2016 (vedi qui nota ufficiale).

Per aiutarvi nella scelta del voto, ma anche per capire le ragioni dietro le varie polemiche che continueranno per tutta la campagna elettorale, ho raggruppato i 10 punti da conoscere prima del voto. Per ogni punto, analizzerò anche il pensiero del movimento per il “” e di quello per il “NO”.

1.    Modalità, iter e tempi

La riforma costituzionale Renzi-Boschi è stata inizialmente proposta ad aprile 2014. Ci sono però voluti ben due anni prima che fosse approvata ufficialmente (viaggiando fra Camera e Senato). Tuttavia, le modifiche al testo non sono bastate a convincere altri partiti, al di fuori di quelli del governo, a sostenere la riforma in parlamento. Conseguentemente la riforma è stata approvata da meno dei due terzi del parlamento e pertanto tocca ai cittadini esprimersi tramite un referendum costituzionale. Da notare che quest’ultimo è valido anche qualora i votanti fossero meno del 50% degli aventi diritto.

Potranno votare anche gli italiani all’estero, perfino quelli non iscritti all’AIRE. Qui trovate le info necessarie. Avete tempo fino all’8 ottobre per fare richiesta.

La data del voto è stata fissata per il 4 dicembre 2016.

2.    Il testo del referendum costituzionale

Ecco a cosa andrete incontro il 4 dicembre:

Il quesito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016

Il quesito referendario è il seguente: Approvate voi il testo della legge costituzionale concernente ‘Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione’ approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?

Nel quesito troviamo il titolo della riforma e non il suo testo completo poiché questo ultimo sarebbe troppo lungo. Per chi fosse interessato, è disponibile per interno sulla gazzetta ufficiale (qui).

3.    Un referendum politico: dalla parte del SÍ o del NO

Tutti sono d’accordo che il referendum costituzionale non debba essere politicizzato. Nessuna delle due parti, però, evita di farlo.

L’inizio della politicizzazione del referendum costituzionale è proprio dovuta a Renzi, che ha spesso dichiarato le sue dimissioni in caso di fallimento. Clamorosa la sua dichiarazione sul libro “Renzi & Co.: Il racconto dell’era nuova” dove annuncia la sua fine politica in caso la riforma saltasse: “Se salta la riforma del Senato non salta solo il mio governo: salto io, si chiude la mia carriera politica” (leggi qui). Le opposizioni hanno criticato Renzi di trasformare il referendum costituzionale in un plebiscito in suo favore (qui). Tuttavia, quando il premier ha dichiarato che il voto non è sul governo, gli hanno ricordato che in caso di fallimento si dovrà dimettere.

Renzi, dopo le recenti critiche di Napolitano (che sostiene fermamente il ), ha ammesso: “È vero, io ho sbagliato a giocare il futuro del governo sulla riforma costituzionale; ma ho sbagliato in buona fede. Ho sbagliato, ma capita a chi fa le cose”.

4.    Il Senato delle autonomie

Iniziamo ad analizzare la riforma nei vari punti. Il Senato, per come lo conosciamo, non esisterà più.

Attualmente il Senato della Repubblica è composto da 315 senatori. Questi sono eletti dai cittadini su base regionale (mentre la Camera è su base nazionale). Inoltre, il Presidente della Repubblica in carica può nominare dei “senatori di diritto ed a Vita” (fino ad un massimo di 5 per Presidente). Anche gli ex Presidenti della Repubblica assumono la carica di “senatori di diritto ed a Vita
La riforma costituzionale cambia la composizione del Senato.

Innanzitutto, i senatori saranno 100 (invece che 315). Di questi, 95 rappresentano le istituzioni territoriali e sono eletti dai Consigli regionali e dai Consigli delle province autonome di Trento e Bolzano. L’immagine qui sotto vi mostra come saranno rappresentate le regioni:

Distribuzione regionale dei nuovo Senato delle Autonomie in caso di vittoria del si al referendum costituzionale

I nuovi senatori non percepiranno alcuna retribuzione per questa carica. Essi manterranno esclusivamente lo stipendio per cui sono stati eletti (es. Consigliere regionale, Sindaco, etc…). I restanti cinque senatori sono invece nominati “per altissimi meriti” dal Presidente della Repubblica. Tali senatori (che sostituiscono i senatori a vita) durano in carica “solo” sette anni. Inoltre, non possono essere nuovamente nominati.

Tuttavia, rimane la figura del “senatore di diritto ed a Vita” per gli ex Presidenti della Repubblica. Infine, gli ultimi 4 “senatori di diritto ed a Vita” nominati (Elena Cattaneo, Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia) manterranno la loro attuale carica.

5.    Monocameralismo o bicameralismo imperfetto?

Il più discusso punto della riforma è il superamento del bicameralismo perfetto.

Attualmente, una legge deve essere discussa ed approvata sia dalla Camera dei deputati che dal Senato della Repubblica. In caso una delle due voglia effettuare delle modifiche, l’iter ricomincia da capo (vedi anche “navetta parlamentare”). Questa ridondanza è stata ampiamente criticata da quasi tutte le forze politiche. La motivazione principale è che rallenta l’iter di approvazione delle leggi.

La riforma mira al superamento del bicameralismo perfetto, così definito poiché le due camere hanno uguale peso. La Camera dei deputati diventerà l’unica che può esercitare pienamente la funzione legislativa. Il Senato avrà un potere paritario solamente in pochissimi casi; ad esempio per le leggi costituzionali o le politiche comunitarie.
Tuttavia, la Camera dei deputati avrà l’obbligo di comunicare ogni disegno di legge approvato al Senato. Quest’ultimo, “entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo“. In caso decida di farlo, il Senato avrà quindi trenta giorni di tempo per deliberare proposte di modifica. Spetta però alla Camera la pronuncia in via definitiva.

In parole povere, la sola Camera dei deputati eserciterà la funzione legislativa. Il nuovo Senato delle Autonomie può soltanto esprimere un parere. Spetta sempre alla Camera decidere se considerare le richieste di modifica proposte dal Senato.

In questi paesi, la Camera dei deputati ha sempre il potere legislativo e può rifiutare le proposte effettuate dai senatori. Qui trovate una spiegazione breve ma efficace.

6.    Più Stato, meno regioni.

Un altro punto della riforma sono le modifiche riguardanti il Titolo V della Costituzione. Esse mirano a modificare il rapporto fra lo Stato e gli enti locali. Più precisamente la Costituzione prenderà le parti dello Stato nelle contese fra le due parti. Inoltre, è stata introdotta la cosiddetta “clausola di supremazia”. Questa prevede che, per le materie non di competenza statale, su proposta del Governo, possa intervenire la legge statale. Riassumendo brevemente, lo Stato avrà più potere a discapito delle regioni.

7.    Modifiche condivise (parte I): Referendum e leggi di iniziativa popolare.

Alcuni punti della riforma, strano a dirsi, sono ampiamente condivisi. Un esempio sono le modifiche alle leggi d’iniziativa elettorale e ai referendum.

Attualmente, i cittadini possono raccogliere le firme (50.000) per richiedere al parlamento la discussione di un disegno di legge. Tuttavia i tempi e modi secondo i quali questa debba essere discussa non sono chiari. Anzi, la maggior parte delle leggi proposte dai cittadini (53%) non sono stati discussi in parlamento (vedi qui). Con la nuova riforma, le firme necessarie aumentano a 150.000. Tuttavia, le leggi di iniziativa popolare devono essere discusse secondo tempi certi.

Per quanto riguarda i referendum abrogativi, attualmente è necessario raccogliere 500.000 firme. Inoltre, i votanti devono superare il 50% degli aventi diritto perché il voto sia valido. La riforma abbassa la soglia di votanti minima necessaria affinchè il voto possa essere considerato valido. Sarà sufficiente il 50% dei votanti dell’ultima elezione, ma solo se il referendum è richiesto da almeno 800.000 firme.

8.    Modifiche condivise (parte II): Decreti legge ed addio al CNEL

Un altro punto largamente condiviso è la soppressione del consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL). Questo organo è formato da 65 consiglieri. Essi sono scelti tra i rappresentanti delle varie categorie dei lavoratori, tra cui anche imprese e volontariato. Il suo unico compito è “esprimere pareri” e promuovere iniziative legislative. Nei suoi 50 anni di vita, il CNEL ha proposto solamente 11 leggi. Nessuna di queste è mai stata approvata (leggi qui). Il risparmio che porterà la soppressione di questo organo (inutile) è di circa 9 milioni di euro l’anno.

L’ultima modifica condivisa è il limite posto al “decreto-legge”. Semplificando, diciamo che il decreto legge è un provvedimento di urgenza con effetto immediato, che poi deve essere effettivamente convertito in legge. Tuttavia, per sopperire la lentezza legislativa, negli ultimi anni i governi hanno abusato di questo provvedimento.

La riforma limita l’uso dei decreti legge. Questi dovranno avere contenuti specifici, omogenei e coerenti al titolo. Inoltre, non possono contenere “disposizioni estranee all’oggetto o alle finalità del decreto”. Infine, è stata inserita la possibilità per il governo, di richiedere la discussione prioritaria di un disegno di legge «indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo». Questa modifica, soprannominata “iter a data certa”, dovrebbe risolvere il problema della lentezza legislativa di leggi essenziali.

9.    Svolta autoritaria?

Le principali modifiche della riforma hanno il compito di velocizzare l’iter legislativo.

Questo avverrà soprattutto grazie all’introduzione dell’ “iter a data certa”, del depotenziamento del Senato e della centralizzazione del potere a discapito delle regioni.

10. Giudizio complessivo

Riassumendo l’analisi complessiva delle due parti chiamate in causa.

Sostenitori del NO:

Sostenitori del :

Conclusioni

La nostra Costituzione è considerata la più bella del mondo. Eppure, tutto è migliorabile, specie se scritto mezzo secolo fa.

Oltre ai cambiamenti condivisi (e sacrosanti), le modifiche della Costituzione contengono “quanto di più condiviso vi è stato nelle proposte degli ultimi trenta anni” (Dal Prof. Francesco Clementi, qui). Infatti, molti punti della riforma sono stati proposti in passato anche da esponenti che adesso sono contrari. Le nuove modifiche renderanno il parlamento italiano molto più simile a quelli degli altri grandi stati europei (vedi qui)

La riforma non è però perfetta (anzi). Specie a causa di alcuni punti lasciati in sospeso o comunque poco chiari.

Inoltre, l’iter con cui la riforma è stata approvata è preoccupante. I punti condivisi potevano e dovevano essere discussi separatamente. Questo avrebbe permesso ai partiti, ed anche e soprattutto a noi cittadini, di esprimerci sui diversi punti che potevano essere trattati separatamente. Un esempio è la soppressione del CNEL che può essere effettuata a prescindere dal nuovo Senato.

Infine, la politicizzazione del referendum costituzionale è dannosa. Legare le sorti del Governo (o di Renzi) al risultato elettorale di questa riforma è sbagliato e vi prego di non farlo.

Votate quello che vi pare a prescindere dalla simpatia verso il Premier.

L’importante, come sempre, è che votiate.

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