Il 23 Giugno i cittadini britannici si sono espressi riguardo la permanenza della nazione nell’UE e con circa il 52% dei voti, hanno scelto la Brexit.
Come sempre accade quando si scelgono strade mai percorse, si aprono ora diversi scenari per il Regno Unito e per l’Europa.
Occorre però sottolineare che per una procedura di uscita dall’UE potrebbero volerci fino a poco più di due anni, durante i quali si negozieranno nuovi trattati e si arriverà a nuovi accordi riguardo la circolazione di persone e merci.
Tra le ragioni che hanno spinto gli inglesi a votare a favore dell’uscita dall’UE, ci sono:
- la volontà di controllare maggiormente il flusso migratorio proveniente dai Paesi UE, che desta preoccupazioni in quanto spesso gli immigrati accettano di lavorare a basso costo, facendo diminuire i salari.
- La volontà di uscire dalla burocrazia europea, che impone troppe restrizioni in molti campi impedendo all’economia di decollare.
- La possibilità di eliminare i costi da sostenere per restare nell’UE (circa 20 miliardi di sterline all’anno a fronte di 7 ricevuti).
Non ultima, c’è sicuramente una ragione puramente politica: quella di dare un messaggio ai governanti, votando contro la politica e i partiti, per esprimere lo scontento di un’intera Nazione.
A questo punto, si aprono diversi scenari per il Regno Unito.
Il primo è quello di una ripresa dell’economia. Questa si potrebbe verificare nel caso si riuscissero a prendere accordi commerciali convenienti non solo con l’UE, ma anche con Paesi quali USA, Cina, India, Giappone e Australia, unitamente con l’implementazione di adeguate politiche per l’immigrazione che non privilegino più i cittadini UE.
Il secondo scenario è quello secondo cui nel medio-lungo termine non cambierà molto rispetto ad oggi. Gli eventuali peggioramenti nelle relazioni con l’UE (che non necessariamente saranno una conseguenza della Brexit, stando alle dichiarazioni della cancelliera tedesca Angela Merkel, la quale sostiene che non si dovrà essere “troppo duri” con la Gran Bretagna), saranno compensati da miglioramenti nelle relazioni con gli altri Paesi. Tuttavia fin quando le nuove relazioni non saranno chiare e i nuovi accordi raggiunti, ci sarà un periodo di incertezza risultante nel calo del valore della sterlina e nell’arresto degli investimenti esteri nel breve termine.
Il terzo scenario è quello del crollo dell’economia britannica. Questo si potrebbe verificare in caso di relazioni pessime con l’UE non bilanciate da migliori relazioni con altri Paesi, che porterebbero il Regno Unito ad una crisi a causa dell’impossibilità di accedere a costi contenuti a beni e servizi.
Dal punto di vista UE invece, cosa comporta l’uscita del Regno Unito?
Innanzitutto dal punto di vista politico, potrebbe essere incrinata l’idea di Unione, favorendo i movimenti anti-europeisti dei diversi Paesi. Altra conseguenza sarà un aumento dei contributi dovuti dagli Stati Membri per compensare la perdita del 13 miliardi di sterline netti di contribuzione inglese. Secondo Standard&Poor’s, prendendo in esame le esportazioni verso il Regno Unito, tra i Paesi che più rischiano di subire effetti negativi dalla Brexit ci sono Germania, Francia e Lussemburgo, mentre in coda troviamo Italia e Austria. D’altro canto, la Brexit potrebbe portare gli Stati Membri ad adottare una politica fiscale comunitaria, fino ad ora impossibile da mettere in pratica anche a causa del Regno Unito, che non è mai entrato a far parte neanche dell’Unione monetaria.
Il voto del 23 Giugno è sicuramente stato un evento storico importantissimo, che probabilmente sancirà la fine dell’Europa come la conosciamo. Adesso non sarà più possibile tornare indietro e tutti i cittadini di tutte le nazioni saranno sicuramente chiamati a decidere se questa Europa ha ragion d’essere per come è stata concepita in tempi ormai lontani o se invece andrebbe rivista ed aggiornata per far fronte alla situazione socio-economica attuale, per poter rilanciare in modo deciso l’economia degli Stati membri.