Le sfide di Potenza capitale italiana dei giovani nelle parole del regista della candidatura
Emigrazione, spopolamento, disoccupazione: il lessico familiare della Basilicata, terra di rimorsi e abbandoni che offre assai poco alle generazioni più giovani. «Restare o partire?»: la domanda rischia di suonare beffarda prima ancora che scontata. Non tutti, però, hanno risposto allo stesso modo: 500 ragazzi pensano che la loro terra meriti una seconda possibilità. Un sussulto d’orgoglio che parte da Potenza, il capoluogo di regione che mostra più di altri i segni dell’inverno demografico: secondo i dati della SVIMEZ, infatti, ogni 100 anziani residenti in città ci sono appena 45 ragazzi sotto i 14 anni. Lo stesso capitale umano su cui hanno investito i promotori della candidatura di Potenza a Città italiana dei giovani per il 2024. Un salto nel futuro che ha convinto la giuria del premio – istituito dal Consiglio nazionale dei giovani con la collaborazione dell’Agenzia italiana della gioventù e il Dipartimento per le politiche giovanili della Presidenza del Consiglio – a scommettere su un progetto che è sinonimo di «resilienza e innovazione». Le stelle polari di Antonio Candela, il 43enne ingegnere edile e imprenditore di origini calabresi che ha guidato il comitato promotore fino alla conquista del titolo, assegnato il 1° marzo a Napoli. E che ora si prepara alla lunga sfida che coinvolgerà non solo Potenza, ma l’intera Basilicata, per i prossimi 12 mesi.
Ingegnere, qualcuno potrebbe chiedersi come mai Potenza sia riuscita a conquistare il titolo di Città italiana dei giovani: i numeri dicono che in tanti hanno lasciato il capoluogo di regione negli ultimi decenni per trovare una sistemazione altrove.
«La spiegazione è molto semplice: questo non è un concorso di bellezza. Non è stata premiata la città che è già a misura di giovane, tutt’altro: al primo posto, infatti, ci sono quei progetti a medio e lungo termine che siano attrattivi per i ragazzi e per i giovani adulti. Abbiamo intrapreso questo viaggio da un dato di fatto: nell’ultimo trentennio, Potenza non è stata una città per giovani. Il nostro capoluogo condivide gli stessi problemi che affliggono il Mezzogiorno d’Italia: l’elevato tasso di emigrazione giovanile, una percentuale di laureati inferiore alla media europea, le difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro. Alla luce di questi dati, abbiamo pensato che fosse arrivato il momento di rovesciare la piramide, provando a immaginare un percorso differente che, per forza di cose, ha richiesto una lunga gestazione. Il gruppo di lavoro che ha promosso la candidatura di Potenza è arrivato a una semplice conclusione: se non facciamo alcunché per provare a cambiare le cose e intervenire su un contesto così fragile, invertire la tendenza sarà impossibile».
A suo avviso, qual è la strategia da seguire affinché questo premio si traduca in azioni concrete per il futuro prossimo della città?
«Le risposte sono tutte nel dossier allegato alla candidatura, in cui abbiamo evidenziato cinque aree di intervento, associate a 24 progetti che sono partiti ufficialmente il 23 marzo, in concomitanza con l’evento inaugurale del programma di Potenza Città italiana dei giovani. Ad ogni modo, questa piattaforma non cesserà di esistere alla fine del 2024: d’altra parte, siamo consapevoli di non avere la bacchetta magica. Il nostro auspicio è che le energie messe in circolo dai ragazzi non si esauriscano a febbraio 2025: al contrario, ci aspettiamo che alcuni progetti a medio termine possano decollare già a partire da quest’anno. In cima alle nostre priorità ci sono le politiche giovanili, con un occhio di riguardo ai temi del mismatching (lo squilibrio tra domanda e offerta nel mondo del lavoro, ndr) e del neeting (la parola che riassume la condizione di chi non studia, non lavora e non è inserito in un percorso di formazione, ndr). Un’altra questione cruciale è senza dubbio il coinvolgimento di scuole, università ed enti di formazione per la stesura e l’adozione di un nuovo patto per le competenze nel settore digitale, con il quale tendere una mano proprio ai giovani che non studiano e non lavorano. Nelle prossime settimane, infine, ci rivolgeremo alla città per sviluppare ulteriori proposte che possano trasformare Potenza in un laboratorio per i giovani».
Che aria tira in città dopo questa vittoria?
«Siamo galvanizzati, perché non era affatto scontato vincere. Non dimentichiamo che, superata la prima selezione, abbiamo conteso il premio a Catania, Jesolo (Venezia), Pisa e Teramo, ognuna delle quali era decisamente più avanti di noi per storia, tradizione e attenzione alle politiche giovanili. I 500 ragazzi che hanno preparato il dossier non vedevano l’ora di iniziare questa avventura, che ha peraltro incontrato il pieno apprezzamento di tutte le forze politiche della città, oltretutto a pochi mesi dalle elezioni amministrative. D’altra parte, siamo consapevoli di non essere riusciti ad avvicinare tanti altri ragazzi al nostro progetto. A questo proposito: nelle ultime settimane, ho ascoltati diverse voci critiche che si chiedevano dove fossero i giovani a Potenza e in Basilicata. I numeri parlano chiaro: più di 16mila adolescenti frequentano le scuole superiori della nostra provincia. A questa platea bisogna aggiungere i circa 5000 studenti iscritti alla nostra università. Dunque, non è vero che i giovani sono spariti! La questione è un’altra: quali opportunità possiamo offrire a chi studia a Potenza oppure a coloro che decidono di andare via per poi rientrare in città? Naturalmente, è impensabile che in un anno si possa ribaltare la situazione. Tuttavia, noi proveremo a dimostrare che questa è la strada giusta, pianificando una serie di azioni innovative e sperimentali, molte delle quali sollecitate anche dalle istituzioni europee».
Il ricordo di Matera capitale europea della cultura è ancora vivo. Come promuovere una sinergia virtuosa con l’altro capoluogo di provincia e, più in generale, con i 131 comuni della Basilicata?
«Posso dire che, almeno in parte, abbiamo già raggiunto questo obiettivo: non a caso, sia le due consulte studentesche provinciali, sia i consigli degli studenti universitari di Potenza e Matera hanno partecipato attivamente alla stesura del dossier. Tra i 500 ragazzi che sono stati coinvolti nel progetto, molti provengono dal Materano e dal resto della provincia di Potenza. La presenza nel comitato promotore di un giovane di Matera è la dimostrazione che le rivalità del passato non esistono più: in occasione del consiglio comunale aperto sulla candidatura di Potenza a Città italiana dei giovani (convocato il 21 febbraio, ndr), ho ricordato che il 70% delle persone che hanno partecipato a Matera 2019 provenivano dalla nostra città e dal Potentino. Tutto questo, ovviamente, non basta: è chiaro a tutti che dovremo continuare a lavorare in questa direzione, prima di tutto perché abbiamo raggiunto un risultato senza pari nella storia di Potenza e della Basilicata. Un esempio su tutti: l’eccezionale partecipazione ai lavori della consulta studentesca della provincia di Potenza, terminati con l’approvazione all’unanimità del dossier abbinato alla candidatura. Siamo altresì consapevoli che è finito il tempo della disillusione che, in un modo o nell’altro, scoraggiava l’impegno diretto dei ragazzi: del resto, avevamo già preso l’impegno di realizzare tutti i progetti – per i quali avevamo peraltro raccolto tutti i finanziamenti necessari – anche se non avessimo vinto il premio. Tutto questo ha generato tra i ragazzi un senso di fiducia che non si avvertiva da tanto tempo: il comitato promotore ha codificato in un linguaggio progettuale le proposte formulate dai ragazzi. Poi, siamo consapevoli che c’è ancora tanto da fare e che, per forza di cose, avremo bisogno del contributo di tutti coloro che ci accorderanno la loro fiducia. Se ci riusciremo, avremo fatto la metà del nostro dovere».
Entriamo nel dettaglio degli obiettivi e dei progetti inclusi nel dossier Potenza 2024.
«Oltre al patto per le competenze – che inquadrerà le competenze digitali e trasversali in una prospettiva inedita, al fine di stabilire nuove relazioni tra centri di formazione, enti di ricerca e istituzioni pubbliche – allestiremo il Festival delle opportunità, una produzione originale in programma a maggio che avrà per oggetto il mismatching, ovvero l’incapacità di ridurre le distanze tra chi offre e chi cerca lavoro in Italia. Nel dossier di candidatura, abbiamo inserito la 55ª edizione del Parlamento europeo dei giovani, con la partecipazione di circa 130 delegati da ogni parte del continente, che discuteranno delle politiche europee a beneficio delle nuove generazioni. Un altro progetto punterà al rafforzamento delle abilità di public speaking con l’aiuto della musica, del teatro e delle arti figurative e performative. Non va trascurata la Potenza dei luoghi, un’iniziativa riservata alle organizzazioni giovanili della città, che beneficeranno dell’uso gratuito di tutti i contenitori culturali del capoluogo per l’allestimento di eventi e rassegne. Per tutto il 2024, infine, la Galleria civica diventerà uno spazio di coworking in cui i ragazzi riscopriranno il piacere di lavorare insieme. Questa sperimentazione sarà estesa anche al settore privato e, in particolare, a tutti quei locali del centro storico che, al momento attuale, non hanno una funzione specifica».
Lei si è trasferito a Potenza da Cassano allo Ionio, in provincia di Cosenza. Che cosa l’ha convinta a mettere radici nel capoluogo della Basilicata?
«Pur avendo vissuto in Calabria fino a 18 anni, ho scelto la Basilicata perché i miei genitori sono entrambi di origini potentine. Ho sentito l’esigenza di spostarmi dalla mia terra d’origine anzitutto per la sua bassa qualità della vita. D’altra parte, però, non ho voluto attraversare la «linea gotica», scegliendo fin da ragazzo di spendere le mie energie intellettuali e professionali nel luogo in cui ho deciso di abitare, anche perché appartengo a una generazione che, con l’aiuto dei genitori, ha potuto perseguire il sogno di un futuro migliore. Pertanto, ho sentito il dovere di restituire qualcosa a chi ci ha dato qualcosa in più, lavorando al servizio della mia comunità, e di restare qui subito dopo la laurea triennale in Ingegneria».
Qual è lo specifico di una città considerata da sempre periferica rispetto alle grandi capitali del Sud Italia?
«Quando svolgo attività di formazione con i più giovani, dico sempre che dovremmo ritenerci fortunati a vivere in una regione come la Basilicata. Un’impressione rafforzata dalla situazione delicata della mia terra, la Sibaritide, dove il tasso di criminalità è così elevato che capita di doversi guardare alle spalle già a 12 o 13 anni. In secondo luogo, l’opportunità di costruire qualcosa di buono per sé e per gli altri in un posto dove mancano tante cose è piuttosto elevata. Per esempio, se io decidessi di aprire un’attività a Milano, dovrei misurarmi con un contesto estremamente competitivo e, oltretutto, avrei la responsabilità di tenere l’asticella sempre alta. In Basilicata, invece, è la volontà di realizzare qualcosa che manca a fare la differenza in positivo, soprattutto se si è disposti a fare sacrifici, un valore che i più giovani hanno il dovere di riscoprire. Se penso alla mia esperienza personale, nessuno mi ha mai regalato niente, non avendo alle spalle parentele pesanti né tessere di partito. Dal mio punto di vista, Potenza ha una qualità della vita molto alta, sebbene persistano difficoltà oggettive sul versante della mobilità e delle infrastrutture: il titolo di Città italiani dei giovani serve a poco se le persone non hanno la possibilità di venire da noi. In ogni caso, c’è bisogno di mettere al primo posto la volontà di restare seriamente qui. Raggiungere questo obiettivo sarà pure complicato, ma esiste un posto al mondo in cui la vita è più semplice? Di grazia: qual è l’alternativa?».
A suo parere, quali fattori hanno convinto la giuria del premio?
«In primo luogo, il bando incoraggiava il coinvolgimento diretto dei giovani già in sede progettuale. Possiamo dire che, nell’ultimo decennio, Potenza è stata l’unica città ad aver programmato la propria candidatura: due anni di lavoro nei quali abbiamo creato le condizioni che consentissero ai ragazzi di preparare i progetti che sono poi confluiti nel dossier. Contestualmente, siamo riusciti a trovare le risposte più adatte alle questioni del mismatching e del neeting in una regione che conta più di 18mila persone in area NEET. Un’emergenza che, in realtà, riguarda l’intera penisola, dal momento che la percentuale di giovani che non studiano, non lavorano e non seguono un percorso formativo supera di 7 punti la media europea. Sciogliere questi nodi ha fatto emergere una serie di proposte dirette proprio a quei ragazzi che si sono alienati dal mondo, chiudendosi in sé stessi. Infine, la comunicazione del nostro progetto: la giuria ha capito che la candidatura non è stata avanzata da quattro persone che si sono chiuse in una stanza a scrivere un programma. Al contrario, c’è stato il coinvolgimento di un’intera comunità di giovani che ha sostenuto e collaborato quotidianamente a questa impresa. Essi ci hanno dimostrato che cosa significa amare una città, regalandoci due anni della loro vita».
Facciamo un salto fino al 28 febbraio 2025, quando terminerà il cammino di Potenza Città dei giovani. Che città immagina di trovare tra poco meno di un anno?
«Mi aspetto che la città sia più consapevole dei propri mezzi e, al tempo stesso, scopra che sia possibile realizzare qualcosa anche qui, in primis per provare a immaginare un futuro diverso. Dobbiamo perciò riscoprire l’orgoglio di appartenere a una terra che, per più di 2000 anni, non è stata il Sud di qualcos’altro, ma sempre al centro di qualcosa. Mi auguro che Potenza ricominci a sperare, coltivando valori come la fiducia e il senso di comunità, le stesse sensazioni che ho percepito negli occhi dei ragazzi quando la giuria ha annunciato la città vincitrice del premio. Alla fine di questo percorso, che si concluderà con un evento sulle radici e sul senso del ritorno, mi piacerebbe che Potenza fosse un po’ più ottimista e più sensibile alle idee e alle ragioni dei giovani».