Ogni giorno ci confrontiamo costantemente con un mondo che ci bombarda d’informazioni, di conoscenze, ma quale tra questa miriade d’informazioni ci rimane più impressa? Che cosa è in grado di colpire a tal punto la nostra mente da consentirci di creare un ricordo, una memoria. Ho sempre pensato che nulla rimanga più impresso nelle nostre memorie di una storia. La narrazione può diventare lo strumento più potente per trasmettere una conoscenza, per far in modo che qualcosa che sia mio diventi tuo, per scoprire, dalle voci di chi ci ha preceduto, chi siamo. La storia che racconterò oggi ha come protagonista Harald Zur Hausen.
Harald nasce nel 1936 nella Germania nazista, per capirci l’anno in cui Jesse Owens, alle Olimpiadi di Berlino, vinse 4 ori, facendosi beffe del Fuhrer e della presunta superiorità della “razza” ariana. Harald cresce nella Germania post-bellica, dove frequenta le università di Bonn, Amburgo e Düsseldorf, sviluppando grande interesse per la capacità, intrinseca ad alcuni batteri, di favorire lo sviluppo di certe classi di tumori. Questo iniziale interesse diventa, dopo la laurea, ambito di ricerca. Il frutto di questa ricerca porta il giovane ricercatore ad ipotizzare che il papilloma virus umano (HPV) sia implicato nello sviluppo del carcinoma del collo dell’utero, un tumore dovuto alla proliferazione incontrollata delle cellule che compongono la parete uterina. In virtù di questa idea, il ricercatore propone alla comunità scientifica di approfondire gli studi in questa direzione, ma come in casi notevolmente più noti, l’idea viene aspramente osteggiata al punto da far sentire il virologo tedesco, un ospite indesiderato al congresso scientifico in cui avanza la proposta. Harald crede nelle sue idee e nel suo lavoro, tanto che nel 2008 riceve il premio Nobel per aver dimostrato che HPV si trova nel 100% dei carcinomi del collo uterino. La comunità scientifica aveva torto. Credere nelle proprie idee paga. Vi chiederete il motivo di questa lunga storia, probabilmente penserete che HPV sia qualcosa di lontano e poco comune, ma purtroppo non è così. Pensate che, solo negli USA, 20 milioni di persone sono infettate da questo virus, cioè un numero pari alla somma della popolazione di Roma, Parigi, Berlino e Londra. HPV è simile alla specie umana, perché si divide in tanti sottogruppi detti genotipi, si va dalle specie benigne, come i genotipi 6 e 11 fino a quelle maligne come i genotipi 16 e 18.
I genotipi benigni causano delle lesioni che si possono evidenziare a livello della cute o delle mucose, causando rispettivamente verruche o condilomi. Si tratta di lesioni causate dal prodotto del gene E4 cioè una proteina che altera il citoscheletro. Il citoscheletro è quell’insieme di fibre che determina la forma e la resistenza della cellula. Il citoscheletro ha lo stesso ruolo dei pilastri in una abitazione, ed in caso di un’ alterazione si formano verruche e condilomi, cioè cellule con architettura alterata. In genere i genotipi benigni non predispongono allo sviluppo di carcinoma del collo uterino.
Ma come fanno questi virus a causare i tumori?
I genotipi maligni sono in grado di rimanere per lungo tempo nelle cellule e produrre le proteine E6 ed E7. Queste proteine agiscono sulla regolazione dell’attività proliferativa della cellula. Una cellula normale non deve replicarsi sempre. La replicazione cellulare viene precisamente regolata da un equilibrio tra i proto-oncogeni, che favoriscono la proliferazione e gli oncosoppressori che la inibiscono. Il meccanismo è simile a quello del tiro alla fune, quando gli oncosoppressori tirano più dei proto-oncogeni, la cellula non si replica, viceversa si replicherà. Si forma un tumore quando viene alterato questo equilibrio perché gli oncosoppressori funzionano di meno o i proto-oncogeni di più. E6 ed E7 funzionano proprio a questo livello.
HPV viene trasmesso per via sessuale sia in maniera diretta ma anche tramite oggetti che siano venuti a contatto con una zona infetta.
Oggi grazie ad Harald Zur Hausen ed all’identificazione del virus, è disponibile un vaccino da somministrare alle ragazze prima dell’inizio dell’attività sessuale, questa necessità è dovuta all’ampia diffusione del virus, che se trasmesso al primo rapporto sessuale, rende inutile il vaccino. Per chi non potesse fare il vaccino, è disponibile un test di screening per il carcinoma del collo uterino noto come Pap test. Diversamente da quanto avviene per altre malattie sessualmente trasmissibili, esiste uno strumento che in futuro potrebbe consentire di limitare la diffusione del virus, nell’attesa che ciò avvenga, però il caro vecchio profilattico può ancora una volta proteggerci da questa infezione. Come dico sempre prevenire è meglio che curare.