Per trovare un dottorato serve perseveranza

Questo articolo è il primo di una lunga serie di esperienze di ragazzi/e che sono riusciti a trovare una posizione di dottorato e, cosí, ad iniziare la loro carriera post-laurea. Qui ci faremo ispirare dall’esperienza di Cinzia, 28enne che da poco più di 3 anni è impegnata in un dottorato inImaging science and biomedical engineering” al King’s College London.

Perché ho deciso di fare il dottorato.

Ho deciso di fare il dottorato durante la laurea magistrale che stavo conseguendo, in chimica, all’università di Padova. Ho scoperto una forte passione per la ricerca e mi entusiasmava l’idea di avere un lavoro in cui continuare a studiare ed imparare.

Il mio sogno era diventato fare un lavoro in cui potevo allargare, anche di pochissimo, i limiti della conoscenza umana su un determinato argomento.

Avevo deciso: avrei continuato il dottorato nel laboratorio in cui stavo svolgendo la tesi, per combinare la mia passione per l’argomento (chimica bio-inorganica, con particolare enfasi sulla ricerca di complessi ad attività antitumorale) con il desiderio di restare a Padova, dove anche il mio ragazzo avrebbe cominciato un dottorato (in informatica).

Chiusa una porta si apre un portone.

Le mie rosee aspettative, alimentate peraltro da un curriculum di tutto rispetto e da una laurea a pieni voti, si frantumarono però al concorso di dottorato appena una settimana dopo la mia laurea.
Presi il mio unico 22 di tutta la mia carriera accademica, proprio all’esame orale per l’ammissione alla scuola di dottorato. Inizialmente ero incredula, sconfortata ed anche disgustata. Ma dopo la decisione venne spontanea. Come disse una mia professoressa dell’epoca: chiusa una porta si apre un portone!

Padova non mi vuole? Farò il dottorato altrove.

È iniziata così la mia ricerca di una posizione di dottorato.

Dal rifiuto di Padova a due offerte interessanti.

Inizialmente mi sono affidata a siti specializzati nell’ambito, da findaphd.com a naturejobs, tuttavia, un aiuto determinante mi è stato dato da alcuni ricercatori con cui ero rimasta in contatto. Quest’ultimi, sapendo della mia intenzione di trovare un dottorato, non perdevano occasioni di segnalarmi posizioni disponibili all’interno del loro network.

Ad inizio dicembre, solo un mese dopo che avevo iniziato la ricerca, avevo trovato 4 diverse posizioni che mi interessavano e per ognuna completai le procedure di application. Praticamente, dovevo inviare il mio CV, una lettera di presentazione e nominativi per ottenere delle lettere di referenze. Cercai di rendere ogni application più personalizzata possibile; mandai il tutto e attesi a dita incrociate.

Entro gennaio, ricevetti notizie da due delle posizioni per cui avevo fatto domanda.

La prima, un progetto con un ricercatore al Trinity college di Dublino, nell’ambito della chimica bio-inorganica, la seconda un bando del Biomedical Research Council (BRC) per svolgere un dottorato al King’s College London, nell’ambito della chimica applicata alle scienze mediche.

Le due posizioni erano entrambe molto appetibili, ma al tempo stesso molto diverse tra loro. Nonostante entrambe prevedessero una durata di quattro anni la posizione a Londra era in realtà un 1+3, con un primo anno di “master of research” in cui avrei provato tre diversi progetti (da me precedentemente scelti durante l’application) e scelto solo alla fine su quale continuare per il dottorato vero e proprio.

La posizione a Dublino invece prevedeva quattro anni di dottorato classico, i finanziamenti erano dipendenti dalla valutazione di un progetto di ricerca che, assieme al supervisor, avevo preparato e inviato all’Irish Research Council.

Le interview servono anche per scegliere dove andare.

A fine Gennaio volai a Londra per l’interview che si svolgeva nella sede della BRC al sedicesimo piano del Guys Hospital, a pochi passi dal monumentale The Shard di Renzo Piano, inaugurato da pochi giorni. Oltre all’emozione (e al vento gelido!), di quei giorni ricordo la soddisfazione di sentirmi finalmente nel posto giusto e al momento giusto. Il programma di dottorato per il quale facevo domanda prevedeva dieci borse e, nonostante le 150 domande pervenute, solo in 20 eravamo stati convocati per il colloquio. Inoltre ero stata invitata a contattare i supervisors dei tre progetti da me scelti. Parlare con loro prima del colloquio, mostrandogli la presentazione che avevo preparato e ascoltando le loro dritte, si rivelò decisivo, soprattutto per chi, come me, non aveva esperienza di colloqui in UK.

L’interview andò benissimo, la mia presentazione doveva essere su un argomento a scelta e ovviamente presentai la mia tesi.

Inoltre, su suggerimento di un supervisor, cercai di adattarla al titolo del programma “biomedical and translational science” cercando di sottolineare le applicazioni cliniche del mio lavoro.

Le domande attitudinali (dove ti vedi da qui a dieci anni? Quale è l’aspetto della ricerca ad appassionarti di più?) furono più difficili, soprattutto a causa del mio inglese, buono ma arrugginito, ma seppi difendermi bene ed uscii dal colloquio molto soddisfatta. Nel pomeriggio ricevetti la mail più bella della mia vita: mi offrivano il posto!

Nel frattempo avevo sostenuto un colloquio via Skype con il ricercatore di Dublino.

Lui, informato dell’esito positivo del mio colloquio a Londra, rilanciò offrendomi il posto di PhD nonostante non avessimo ancora ricevuto i finanziamenti per il progetto proposto. Si offrí di pagarlo con alcuni suoi fondi di ricerca nel caso L’Irish Research Council ci avesse negato lo sponsor.

Insomma, avevo a quel punto due posizioni entrambe molto valide tra cui scegliere e il mese che seguì non fu per niente facile: sapevo di avere una scelta importante (forse LA scelta) per le mani, e non volevo assolutamente prendere la decisione sbagliata.

Dopo qualche settimana scelsi per il dottorato a Londra. L’atmosfera internazionale, ricca di possibilità, mi aveva particolarmente appassionato. A settembre 2013 partii per la nuova avventura carica di valigie, ma anche di emozioni e di sogni.

A distanza di 3 anni, fatti di sacrifici ma soprattutto di emozioni e soddisfazioni, posso finalmente dirlo: Londra è stata davvero il portone aperto verso il mio sogno di una carriera accademica; e fra pochi mesi sarà il momento di varcarlo e vedere cosa mi aspetta oltre.