Venti Blog

NonSoloUnvolto, il corto sulla comunità LGBTQ+ di Cosenza dimostra che parlare ancora di diversità è sbagliato

NonSoloUnVolto è il nuovo corto ideato da Mario Gallo, scritto dalle autrici Alessandra Pulzella e Carla Monteforte e diretto dal regista Fabio Abate tra le strade di Cosenza, che racconta la comunità LGBTQ+ della città da un nuovo e originale punto di vista.

“Da quante persone è composta la comunità LGBTQ+ a Cosenza? Nessuno potrà mai saperlo. La cosa certa però è che le persone non si contano. Le persone si raccontano”.

È questo l’incipit del cortometraggio NonSoloUnVolto girato tra le strade della città di Cosenza, la mia città. Il panorama che si può ammirare dalla collina di Zumpano, che apre questo piccolo gioiello cinematografico di 30 minuti, lo sento mio e mi entra dentro come un pugno nello stomaco. Fin dai primi fotogrammi mi rendo conto che quello a cui assisterò non è un banale cortometraggio, ma è una grande storia, anzi sono cinque grandi storie, tutte diverse, uniche e speciali, accomunate da un unico elemento: la bellezza della normalità.

La normalità è ciò che lo spettatore percepisce nelle prime parole dei racconti di Federico, Lavinia, Checcolino, Luigi, Davide, Raffaella ed Eugenia: sono loro i cinque protagonisti del corto che, una volta conosciuti tramite la telecamera, difficilmente si lasciano dimenticare.
Ciò che è successo dopo aver guardato NonSoloUnVolto è qualcosa che raramente mi accade guardando un film, un corto o una serie: nei giorni seguenti ho pensato ai protagonisti. Ho ripassato mentalmente alcune delle loro parole, ho ripensato ad alcuni elementi o aneddoti delle loro storie. Camminando per le strade della mia città, nei loro luoghi del cuore, mi sono resa conto di sorridere, inconsapevolmente. Ho avvertito quella sensazione di potenza nel conoscere qualcosa o qualcuno che fino a qualche giorno prima era del tutto sconosciuto. Questo succede solo quando una storia è reale e ha al suo interno dei piccoli frammenti di normalità che ogni essere umano ha sperimentato almeno una volta nella vita.

Ho trovato qualcosa di me in ognuno di loro. Ho condiviso con loro, e loro con me, alcune delle mie insicurezze, delle mie paure, ma anche del mio coraggio e della mia tenacia.
Oggi essere gay, lesbica, transgender, cisgender, etero, significa semplicemente essere e non più classificarsi. Le etichette non esistono più e parlare ancora nel 2020 di diversità è terribilmente sbagliato, per non dire “fuori moda”. Il progetto NonSoloUnVolto nasce proprio con l’obiettivo di portare alla luce qualcosa che esiste, che c’è nella sua bellissima normalità, abbattendo le etichette figlie di un retaggio culturale ormai passato.

Qualche giorno fa ho incontrato Mario Gallo, ideatore ed Executive Producer del progetto. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere sul corto (e non solo) e abbiamo parlato del futuro di NonSoloUnVolto. Ecco cosa mi ha raccontato.

S – Da dove nasce l’idea di NonSoloUnVolto?

M – NonSoloUnVolto nasce il 3 giugno del 2020. Ero appena rientrato a Cosenza, dopo essermi lasciato alle spalle il mio lavoro e la mia vita a Milano, quando durante una passeggiata in bicicletta per le strade della mia bella città ho pensato “Dove posso andare per conoscere qualche bel ragazzo ? Non è possibile sia ancora tutto limitato alle chat…”.
Qualche settimana prima avevo visto un interessante documentario dell’artista musicale M.I.A. in cui raccontava l’India e il suo popolo di origine. Così, stimolato anche da questo bellissimo documentario, ho avvertito un bisogno molto forte di raccontare. Me ne sono accorto proprio passeggiando in biciletta per Cosenza ed erano anni che non lo facevo! Da qui l’idea di lanciare NonSoloUnVolto, che definirei quasi figlio dell’amore per la mia città e della necessità di raccontare qualcosa che fino ad allora non era ancora stato raccontato. Così ho chiamato Alessandra Pulzella, una delle due autrici del corto insieme a Carla Monteforte e Fabio Abate, entrambi super entusiasti fin dalla prima chiamata, e siamo partiti! Abbiamo messo su una squadra e qualche giorno dopo NonSoloUnVolto prendeva forma.

S – Parlaci un po’ dei protagonisti del corto. Chi sono, com’è avvenuta la ricerca e perché li avete voluti fortemente nel videoclip?

M – La ricerca dei protagonisti è avvenuta tramite un semplicissimo passaparola. Il primo che abbiamo contattato è stato Checcolino, un ragazzo che ho sempre seguito sui social con un personalità che negli anni mi ha sempre incuriosito e che mi suscitava un sacco di domande. Ero molto curioso di conoscerlo, così lo abbiamo contattato e ha accettato subito! A seguire, tramite una rete di contatti, abbiamo conosciuto quelli che oggi sono i protagonisti di NonSoloUnVolto: Luigi e Davide, che l’anno prossimo celebreranno le loro nozze; Lavinia, attivista e Presidente dell’Arcigay di Cosenza; Federico Cerminara, attivista e fondatore dell’Arcigay in Calabria, colui che io amo definire “la memoria storica del gruppo”; e infine Raffaella e Eugenia, due mamme che, dopo matrimoni etero, oggi hanno ricreato la loro famiglia.  Ciò che tengo a sottolineare è che, anche quando ci siamo messi alla ricerca dei protagonisti, abbiamo cercato fin da subito di eliminare il concetto di identità intesa come etichetta. Ci sembrava veramente troppo riduttivo ridurre le diverse personalità in “categorie”. Quindi ciò che con semplicità e naturalezza abbiamo fatto è stato metterci in ascolto per raccontare delle storie.

S – Perché la scelta di girare il corto all’interno di alcuni luoghi del Centro Storico di Cosenza?

M – È fondamentale in qualsiasi storia avere un contesto di riferimento. Io ho scelto Cosenza e molti dei luoghi del Centro Storico non solo perché ne sono profondamente innamorato, ma anche perché ogni luogo, piazza, strada o vicolo che vedi nel corto ha un senso per i vari protagonisti. Luigi e Davide, per esempio, li abbiamo intervistati all’interno della Villa Vecchia perché è li che si incontravano nei primi momenti della loro relazione. Raffaella ed Eugenia le incontriamo a Via Arabia perché è il posto in cui vorrebbero un giorno celebrare le loro nozze, nel centro di Cosenza. Checcolino è nel cuore del Centro Storico della città, alla Massa, perché è quella casa sua, il suo quartiere, il posto in cui è cresciuto ed è diventato quello che è oggi. Quindi mostrare Cosenza, sì, ma con un senso profondo che potesse rappresentare un fil rouge tra tutti i protagonisti.  

S – Quanto ha influito la tua carriera da Event Producer per un’agenzia di Milano nella realizzazione del progetto?

M – Moltissimo! Mi sentivo pronto per fare questo salto e a un certo punto mi sono detto “Vai! Fallo, hai le competenze e la preparazione giusta per farlo”. Grazie all’impostazione che mi ha dato il mio lavoro, sono riuscito, insieme alla preziosa collaborazione di un Team di professionisti – e ci tengo a sottolineare che hanno dato la loro disponibilità a titolo gratuito – a realizzare questo mio grande sogno. Sono state tre giornate di lavoro molto pesanti, ma senza il Team, che siamo riusciti a tirare su in pochissimi giorni, oggi non esisterebbe NonSoloUnVolto. Ho incontrato professionisti di alto livello che hanno condiviso insieme a me, sempre con entusiasmo e passione, questo progetto fin dal primo ciak. Quindi devo dire che sono stato molto fortunato.

S – Qual è l’obiettivo che vorreste raggiungere attraverso la realizzazione di questo ambizioso progetto?

M – Per prima cosa doveva essere non solo un prodotto ben fatto dal punto di vista qualitativo, ma soprattutto non doveva restare fine a se stesso. L’obiettivo di NonSoloUnVolto è quello di sensibilizzare la comunità cittadina (e non solo) facendo loro capire che è tutto nella norma. La comunità LGBTQ+ a Cosenza esiste, c’è, e non siamo persone diverse perché siamo gay, perché ci vestiamo da donna, perché a un certo punto della nostra vita capiamo che ci piacciono le donne e decidiamo di lasciare i nostri mariti. Volevamo trasmettere al mondo un messaggio molto semplice e cioè che “la mia storia è come la tua”. Non abbiamo voluto parlare di discriminazione. C’è, è vero, ma ne abbiamo parlato solo per dimostrare come i protagonisti hanno prevalso sulla discriminazione. La missione è quella di raccontare delle storie normali e raccontarle, far vedere che ci sono e si vivono nel massimo della normalità, senza disagi.
Colgo l’occasione anche per fare una piccola parentesi sul Gay Pride, se me lo consenti. Io sono sempre stato scettico nei confronti del Pride perché non riuscivo a riconoscermi in questo evento. Poi ho capito che nel Pride non ti ci devi riconoscere: o ci vai o non ci vai. Non è una parata come molti credono, ma è una ricorrenza nata per ricordare gli eventi di Stonewall di New York e si va al Pride per ricordare a chi non è d’accordo che la diversità, come la vedono gli altri, in realtà è bella, è gioiosa, è divertente e non fa male. Alla fine del corto abbiamo deciso di inserire alcuni frame tratti dal primo Gay Pride di Cosenza proprio per far capire che non è una parata, ma è un modo per ricordare e  non assolutamente essere denigrato, anche dagli stessi omosessuali. Ti riporto una citazione pubblicata da Viviana Gravano, una mia Professoressa di Arte dello IED: “Il Pride non è la festa LBGTQ. È la festa che le persone LGBTQ dedicano a tutti per ricordare cosa sono i diritti e le libertà.” Credo che non ci sia nulla di più vero.

S – Regalaci uno spoiler: NonSoloUnVolto finisce qui?

M – Vorrei che NonSoloUnVolto non finisse qui, perché viviamo in un momento storico in cui le persone vogliono raccontare e ascoltare storie vere. Non parlo di raccontare nel senso di manifestare, ma di raccontare in maniera pacifica il cambiamento, la realtà. Raccontare cose che finora sono sempre state nascoste, ma che in realtà ci sono e non fanno male a nessuno. Soprattutto in Calabria e nelle realtà provinciali in cui magari per sopravvivere si pensa ad altro, bisogna assolutamente raccontare. Sarebbe bellissimo se NonSoloUnVolto diventasse un mezzo per raccontare senza drammi, ma per incitare le persone ad avere coraggio.

E quel coraggio, quella spensieratezza e quella normalità che abbiamo il bisogno di conoscere son qui, in trenta minuti da guardare tutti d’un fiato.

Exit mobile version