Non si può isolare il bene

In questi tempi pazzi e folli, in cui sembra che il tempo si sia fermato mentre intorno a noi il covid-19 cresce inarrestabile, si è fatto spazio, vicino alla paura e all’angoscia, il desiderio di fare del bene. Da fuori le finestre il mondo sembra aver assunto colori un po’ sbiaditi, ma il sole continua a splendere e il mondo a girare, per questo non ci possiamo fermare. Allora, non si tratta solo di canti fuori dai balconi, applausi a mezzogiorno e luci nel buio. Si tratta di quel bene che nasce dall’istinto di non lasciare nessuno solo o indietro. É quella spinta che ci porta a riconoscerci uniti e ad agire per qualcosa di più grande, qualcosa che c’era e ci sarà anche dopo il virus.

In un’emergenza così grande e ingestibile, in uno scenario spesso molto poco confortante, non sono venute meno iniziative di solidarietà e soccorso ai più bisognosi. Uno degli strumenti più ricercati ed introvabili, sono le famigerate mascherine, divenute ormai indispensabili. Riccardo Magaró, giovane artigiano e titolare del Palazzo dei Sarti di Cosenza, presa coscienza della situazione, ha deciso di realizzare nel proprio laboratorio le mascherine di protezione e donarle alla Caritas della Diocesi Cosenza-Bisignano. Un gesto che fa la differenza, in questo mare in cui tutti annaspiamo. Aiutato dalla sorella Miriana, in quanto le attività della sartoria sono, chiaramente, sospese, Riccardo ha creato il prodotto, usando un cotone a doppio tessuto, lavabile, al fine di consentire una protezione sul viso. Il suo lavoro osserva chiaramente tutte le precauzioni del caso: sterilizzazione delle macchine da cucire, utilizzo di guanti in lattice e massima attenzione. Ovviamente, tutto a titolo gratuito. Questo perché il bene, seppure in un momento come questo, non conosce pausa, ed è proprio nel buio che cresce, nutrendosi di speranza.

Le iniziative di solidarietà sono state tantissime, specie per le fasce più deboli e a rischio, come gli anziani, ai quali si rivolgono molti dei servizi in atto. Molti anziani vivono da soli, privi dell’assistenza delle famiglie, e l’emergenza coronavirus ha accentuato tale condizione, rendendo necessaria, da parte loro, una mobilitazione rischiosa ma inevitabile. Per questo, parrocchie, associazioni di volontariato e supermercati, su tutto il territorio nazionale, si sono mobilitate per portare la spesa a domicilio agli anziani che, come si sa, hanno maggiore possibilità di contrarre il virus. Inoltre, in alcuni condomini d’Italia sono stati affissi dei cartelli in cui, soprattutto giovani, hanno scritto di rendersi disponibili per gli anziani del palazzo che si trovano in stato di necessità. Così come per la spesa, lo stesso discorso vale anche per l’acquisto di farmaci e altri beni di prima necessità. Sempre a Cosenza, l’associazione “La Terra di Piero” ha indetto una colletta alimentare, soprattutto rivolta ai servizi di ristorazione e bar chiusi, per le persone sole e i senzatetto, al fine di offrire loro un pasto caldo. Sulla stessa scia, anche il ristorante “Madre aggiustata di sale e pepe” ha devoluto in beneficienza generi alimentari altrimenti non utilizzati.

L’Italia, anzi, gli italiani, non si stanno dimenticando degli ultimi, di quelli che di solito non vediamo. L’isolamento dall’esterno e dalla vita quotidiana ci sta portando, inevitabilmente, a guardare noi stessi e gli altri in maniera diversa, apprezzando ciò che prima avevamo e che non capivamo.
Siamo quasi costretti ad avere sul mondo una visuale completa, a notarne inclinazioni e tendenze, finendo, inevitabilmente, a posare lo sguardo su qualcosa che prima ci sfuggiva. Il tempo si è dilatato, le ore raddoppiano minuti e la clessidra resta ferma sullo stesso punto.
Ma non è facile stare soli con sé stessi tutto questo tempo, una giornata è lunga e spesso difficile da passare, e molti di noi sentono il peso di non poter respirare all’aria aperta, per liberarsi dei pensieri.

Quindi, oltre all’emergenza sanitaria, c’è un’emergenza più intima, che colpisce i singoli e si annida dentro, sfruttando il silenzio inumano che ci circonda. L’isolamento diventa, dunque, anche emotivo, perché diventa più difficile sfogarsi e affrontare certi mostri. Le nostre stanze diventano luoghi di tormento e angoscia da cui é praticamente impossibile fuggire. Tutto viene amplificato nelle nostre stanze, in cui fantasmi di debolezze, paure, inquietudine e dolore ci assalgono di continuo. Per questo, la Società Italiana di Psicologia dell’Emergenza, ha attivato uno sportello coronavirus per cittadini, operatori sanitari, soccorritori e forze dell’ordine ogni giorno dalle 8 alle 20.

In questo momento bisogna venirsi incontro, come possiamo, per riscoprirci più vicini e più umani. Per questo, dobbiamo imparare a sorriderci anche da dietro le mascherine, magari con gli occhi, con un gesto; dobbiamo imparare a starci lontani sentendoci, però, più simili.
Perché l’umanità, il bene, il bello, lo stupore, la solidarietà, il sorriso, la speranza e la forza non possono mai essere isolate.

Già pubblicato su Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei Ventenni 23/03/2020