Ho osservato il foglio bianco di Pages per un po’. Facciamo per un bel po’.
Facciamo che la sindrome della pagina bianca sta sfiorando l’ora e mezza di durata e questo mi capita davvero di rado. Risulta sempre un po’ difficile scrivere di un qualcosa che ci tocca da vicino, che ci sta particolarmente a cuore. Sulla “cultura dello stupro” hanno già versato fiumi d’inchiostro, spiegando il fenomeno, l’origine del nome, spiegando da dove è partito e fino a dove è arrivato.
Negli scorsi giorni un’inchiesta di “Wired” ha portato alla luce quella massa informe che ora abita le chat di Telegram, figlia dei vecchi gruppi segreti di Facebook come “La Fabbrica del Degrado” e “Sesso, Droga e Pastorizia”, denunciati circa tre anni fa da Selvaggia Lucarelli sulle pagine del Fatto Quotidiano. Non mi dilungherò quindi in ulteriori spiegazioni perché a fornire informazioni accurate e dettagliate sul fenomeno hanno già provveduto in molti prima di me.
Non starò neanche a dire di quali reati si stanno macchiando queste persone (uno per tutti, il nuovo di zecca e, a questo punto, provvidenziale 612 ter c.p. che ha tenuto impegnati me e i miei colleghi allo scritto dell’esame di avvocato dello scorso dicembre) perché i tecnicismi, delle volte, fanno perdere di vista la cifra umana della vicenda.
Vorrei trattaste le mie parole come una lettera aperta, scritta da una donna che ogni sacrosanto giorno si trova a parare i colpi di chi vorrebbe trattarmi come un oggetto, di chi percepisce le donne come esseri inanimati, inferiori, scarti di cui abusare non solo per piacere ma anche per dovere.
Innanzitutto: che una donna decida di rendere pubbliche le proprie foto non vi autorizza in alcun modo a usarle per scopi diversi da quelli perseguiti con la pubblicazione stessa. Ribadisco, tralasciando i tecnicismi del settore, non credo che a un uomo farebbe piacere trovare la propria foto per sponsorizzare un farmaco contro l’impotenza, giusto?
Immaginate quindi, per un attimo, cosa debba provare una ragazza che vede usate le proprie foto al mare o qualsiasi altra tipologia di foto come “materiale consigliato” per masturbarsi perché tanto è una “troia con la faccia da porca” avvezza a queste pratiche. Io lo so che, purtroppo, qualcuno di voi starà pensando: “ma le ha messe lei, se voleva evitare una cosa del genere non doveva metterle!”.
Allora invito tutti voi dalla lingua più rapida del cervello a cancellare ogni foto che vi ritrae perché, laddove doveste trovarla nella pubblicità del Viagra non dovrete lamentarvi di nulla. Passiamo poi a coloro che hanno pensato bene di immettere in queste chat le foto intime ricevute da fidanzate o ragazze in generale per permettere a tutti i partecipanti di organizzare uno “stupro virtuale” a causa dell’isolamento forzato in cui ci troviamo.
Permettetemi una rapida digressione sull’aspetto psicopatologico di un gesto simile: non c’è nulla di sano in una persona che offre, anche solo virtualmente, la propria compagna o comunque una ragazza che conosce in pasto a degli aguzzini. E’ sintomo di un’affettività alterata e disarticolata. Non siete dei “maschi alpha”, siete delle persone che vanno aiutate. Avete tradito la fiducia di quelle donne e non credo ci sia una cosa più grave, più infamante del tradimento.
Quella donna aveva scattato quella foto per voi e per nessun altro. Vi aveva donato la propria intimità. Avete idea di cosa possa significare per lei vedere quelle foto buttate in pasto a orchi che si sfidano a trovare la pratica più umiliante da riservarle? Persone che vorrebbero letteralmente renderla “paralitica” a forza di sodomizzarla.
Ricordatevi che non è una foto, è la vostra Lei. E’ la persona che, fidandosi, ha pensato di tenere vivo il vostro interesse per lei ricordandovi com’è fatto il suo corpo a promessa di quell’intimità che, magari, avete già sperimentato o dovete ancora sperimentare. Non vi rende tristi tutto questo? Non vi rende tristi sapere che avete permesso a dei perfetti sconosciuti di abusare della sua identità e, in realtà, della vostra stessa intimità?
Non credo che queste parole possano davvero portare alla redenzione qualcuno ma spero, almeno, che siano uno spunto di riflessione per altri che non hanno le mani sporche di questa melma. Infine, ma non per importanza, mi rivolgo a quelle ragazze che hanno vissuto e stanno vivendo quest’incubo: non è colpa vostra.
Tenetelo a mente anche quando proveranno a farvi credere il contrario, perché la cultura dello stupro è anche questo: trasformare la vittima nella carnefice di se stessa. Non siete state sprovvedute, avventate, “facili” o troppo smaliziate. Avete esercitato il vostro sacrosanto diritto di usare il vostro corpo e la vostra immagine come più vi aggrada, che sia con una foto in costume o con una foto da nuda inviata al vostro partner.
Avete il possesso della vostra anima e di ogni centimetro della vostra pelle e nessuno può permettersi di farvi credere il contrario. Non è colpa vostra se siete belle. Non è colpa vostra se vi piace fare sexting. Non è colpa vostra se andate fiere del vostro corpo.
Non è colpa vostra se vi piace fare sesso.
Non è colpa vostra se avete postato una foto al mare.
Non è colpa vostra perché non è una colpa, punto e basta.
E’ invece una colpa violentare, è una colpa tradire la fiducia di qualcuno, è una colpa disporre di un essere umano come se non avesse anima. Questo sì, è una colpa. Ed è colpa loro.