Musica, programmi di culto, sperimentazione: 23 anni fa il debutto della versione italiana
Se qualcuno di voi si aggirasse annoiato tra i canali di Sky, potrebbe avere una fitta al cuore selezionando il canale 130, residenza assegnata a MTV Italia nel condominio dei canali di intrattenimento. Sì, perché non è semplice associare il marchio planetario che ha inventato la musica da vedere con un palinsesto dominato da programmi di importazione e reality show che strizzano l’occhio al trash più gratuito (Geordie Shore, Ex On The Beach e via andare). Eppure, il lungo crepuscolo della televisione-laboratorio, sbarcata in Italia il 1°settembre del 1997 (benché i programmi di MTV Europe fossero arrivati da noi un paio d’anni prima grazie a Tele+3), ha radici antiche e profonde. Sarebbe semplicistico pensare che il sostanziale abbandono della missione originaria di MTV sia esclusivamente riconducibile alle trasformazioni che hanno investito le modalità di fruizione della musica. Certo: chiunque di noi può costruire la sua personalissima playlist su YouTube, muovendosi liberamente tra epoche, generi e artisti. Ciò non toglie che sia cambiato anche il modo di vedere la televisione: con la moltiplicazione dell’offerta e delle piattaforme, infatti, sono cambiate anche le abitudini e le preferenze degli spettatori, che quotidianamente sperimentano la formula del palinsesto fai-da-te, svincolata dalle liturgie della televisione tradizionale.
Una rivoluzione dal basso, alla quale partecipiamo – più o meno consapevolmente – ogni giorno. Eppure, quando la televisione era ancora analogica e i canali a disposizione erano poche decine, il debutto della versione tricolore di MTV somigliò a una rivoluzione. Intendiamoci: una rete televisiva consacrata alla musica non era una novità assoluta per il pubblico italiano. La veterana Videomusic, fondata dai fratelli Marcucci nel 1984, aveva rivestito un ruolo fondamentale sia per la diffusione della grande musica internazionale – fino a quel momento transitata principalmente dalle parti di Mister Fantasy, la storica trasmissione di Raiuno ideata e condotta da Carlo Massarini – sia per la crescita della nostra industria discografica, obbligata a cambiare le strategie di promozione proprio grazie a Videomusic. Con il passaggio di consegne al gruppo Cecchi Gori, formalizzato nel 1995, VM lasciò spazio a Tmc2 che, pur non sacrificando la vocazione musicale dell’antesignana, cercò di intercettare anche il pubblico generalista che seguiva i programmi della sorella maggiore Telemontecarlo. Sbarcata sugli schermi italiani grazie a un accordo editoriale con Rete A, la versione italiana di MTV – diretta da Antonio Campo Dall’Orto – cercò di applicare la lezione della casa madre, senza per questo rinunciare a proposte originali e innovative per contenuto e linguaggi. La prima trasmissione di culto fu senza dubbio Kitchen, un originale salotto culinario e intellettuale condotto per tre anni da Andrea Pezzi, il capostipite di una nuova generazione di presentatori: i vee-jay, acronimo di video jockey. Più che lanciare canzoni, però, questi ragazzi inaugurarono una formula di conduzione più spigliata, quasi aggressiva, se si pensa all’interazione dei conduttori con le telecamere e la regia. Eccone un catalogo ragionato: Marco Maccarini, Giorgia Surina, Valeria Bilello, le indimenticabili (per chi scrive) Kris Reichert e Kris Grove, meglio conosciute come Kris&Kris, Enrico Silvestrin, Massimo Coppola, Victoria Cabello, Francesco Mandelli, Fabrizio Biggio, Camila Raznovich e, in un secondo momento, Federico Russo, Alessandro Cattelan, Valentina Correani e tanti altri. Lo spirito globale di MTV – incarnato da una trasmissione di culto come Total Request Live, in onda dal 1999 al 2010 – si mescola e si confonde con intuizioni che sfidano le buone maniere del video: MTV Trip, lo spassoso viaggio su un carro funebre da un capo all’altro d’Italia con Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, MTV Mad, una rivisitazione sfrenata e talora eccessiva delle tradizionali candid camera con la futura “Iena” Gip e Fabrizio Biggio nella parte dei guastafeste; le divagazioni sulla vita quotidiana di Ca’Volo, il salotto di seconda serata condotto da un Fabio Volo a cui non faceva (ancora) difetto l’inventiva. E poi Disco 2000, un percorso ragionato su mode, tendenze e icone della storia della musica condotto da Giorgia Surina, Loveline, un talk show su sesso e sentimenti che, all’alba dei Duemila, non erano materia inflazionata nell’etere televisivo, e Select, il programma che rivelò al pubblico il talento irrequieto di Victoria Cabello. Tante tessere che si incastravano a meraviglia con un’offerta musicale che aveva i suoi punti fermi in Supersonic, l’appuntamento del venerdì sera in cui grandi nomi della musica italiana ed internazionale sfilavano accanto a nomi emergenti e di nicchia, Brand: New, la finestra di mezzanotte su artisti e personaggi del circuito indipendente, e nell’annuale MTV Day, una giornata in cui celebrare la musica italiana e, di riflesso, anche la rete televisiva che le dava visibilità. I concerti dal vivo, le canzoni da vedere e da ascoltare, certo, ma anche i cartoni animati: quelli di casa (Beavis&Butthead, Daria, Celebrity Death Match) e gli anime giapponesi (Neon Genesis Evangelion, Slam Dunk, Cowboy Bebop, per ricordarne alcuni). La ricetta semi-generalista di MTV Italia, messa a punto dopo l’acquisizione delle frequenze di Tmc2 nella primavera del 2001, divenne ancora più elaborata a metà decennio, quando debuttarono trasmissioni che conversavano apertamente con la realtà (Avere vent’anni, un ciclo di inchieste curato da Massimo Coppola e Giovanni Giommi, in onda dal 2004 al 2007, e il fortunatissimo Il testimone, una ricognizione disincantata della realtà italiana, non necessariamente da prima pagina, affidata alla voce narrante e alla telecamera sghemba di Pif) e che sconfinavano nel talk classico, seppure declinato in forme caustiche (Very Victoria, con la conduzione di Victoria Cabello). La stratificazione dell’offerta televisiva e la difficoltà di intercettare le nuove generazioni (che, nel frattempo, avevano scoperto le piattaforme di condivisione video) segnano l’inizio del declino di MTV Italia, che apre senza mezzi termini ai reality di grana grossa (come l’indigesto Jersey Shore) e ridimensiona drasticamente le produzioni interne, comprese quelle musicali. C’è ancora il tempo per due magnifiche intuizioni: La prova dell’otto, la parodia della tv becera e salottiera allestita da Caterina Guzzanti nel 2013, e la sit-com Mario, trampolino di lancio per la consacrazione al grande pubblico di Maccio Capatonda. Le ultime fermate prima del capolinea: nell’autunno del 2015, quel che resta di MTV Italia finisce sotto il controllo di una holding di Sky, intenzionata a sbarcare sul digitale terrestre per conquistare nuove fette di mercato e aggiudicarsi il tasto 8 del telecomando.
Anche se la magia di MTV è finita da un pezzo, anche se a quest’ora trasmettono Friendzone: amici o fidanzati?, le dita cercano ogni tanto i tasti per comporre il numero 130. Nemmeno il tempo di fissare lo schermo che una fitta al cuore ci ricorda che i nostri anni beati e innocenti, gli anni di MTV, non torneranno più.