Meno allarmismo più ravioli

Intervista ad Alessandro Wu

Nei momenti di crisi l’essere umano tende a mostrare il peggio di sé e l’isteria generata dal corona virus, in particolare, ha ulteriormente stuzzicato il razzismo che negli ultimi anni imperversava in Italia. Sentimenti “di pancia” che vogliono trovare capri espiatori esterni a problemi molto più profondi e complessi. Si rivela dunque quantomai necessario ancorarsi alla propria umanità e non disumanizzare l’altro, il “diverso” spacciando le proprie paure per autodifesa. Alessandro Wu è un ventenne di origini cinesi, immigrato di seconda generazione, quindi nato e cresciuto in Italia che studia per lavorare nella pubblica amministrazione, mentre dà una mano nell’attività di famiglia, il ristorante cinese “Pechino” di Rende- aperto più di vent’anni fa- il cui proprietario è Wu Zhengbin, presidente dell’Associazione tra imprenditori cinesi in Calabria.

Ciao Alessandro! Parlaci un po’ di te: che studi hai fatto, cosa fai nella vita?

Piacere, mi chiamo Alessandro Wu, ho 29 anni e vivo a Cosenza. Sono un cinese di “seconda generazione”, cioè sono nato e cresciuto in Italia da genitori cinesi. In Cina ci sono stato solo per vacanza, meno di 10 volte in vita mia e ci manco dall’estate 2014. Ho frequentato le scuole qui e mi sono laureato in giurisprudenza alla Luiss Guido Carli di Roma. Attualmente studio per i concorsi pubblici, mi piacerebbe lavorare nella pubblica amministrazione; quando posso, aiuto nell’attività di famiglia, lo storico ristorante cinese Pechino a rende.

Qualcuno ti ha mai fatto sentire “diverso” per le tue origini e/o il tuo aspetto?

Purtroppo sì, mi è successo di incontrare più volte persone nella mia vita che mi hanno fatto sentire e pesare di essere diverso: i compagni di classe o gli altri alunni della scuola che frequentavo, gli “amici” durante un litigio, i professori e la gente sconosciuta incontrata per strada. Magari da piccolo ci rimanevo tanto male, mi mettevo pure a piangere quando mi prendevano in giro o mi discriminavano; mi chiedevo come mai fossi l’unico cinese in mezzo a tutti gli italiani e perché non avessi pure io i tratti somatici di un bambino occidentale. Crescendo ho cominciato ad apprezzare le mie origini e a non vergognarmi del mio aspetto e diversità; ora quando incontro gente razzista, li ignoro, perché penso sia inutile sprecare tempo con loro. Ho tentato già troppe volte in passato a ragionare con loro ma sono giunto alla conclusione che, difficilmente, chi nasce tondo possa morire quadrato! Per fortuna non tutti sono così, qui in Italia c’è tanta gente civile, educata e per bene, come i miei amici di sempre e i loro familiari.

Come concili due culture così diverse nel tuo stile di vita? Qual è il “meglio dei due mondi”?

La Cina è un paese vastissimo, con più di 20 regioni, ognuna con la propria cultura, dialetto, usanze e tradizioni, parlare di un’omogenea cultura cinese risulta impossibile. Per cultura cinese, quindi, intendo quella dei miei genitori, che provengono dalla regione Zhejiang, da dove proviene il 90% dei cinesi che vivono in Italia. Io cerco sempre di prendere il meglio da tutte e due le culture, anche se non è semplice. Da piccolo, quando mamma e papà lavoravano al ristorante, stavo con le mie badanti italiane e loro mi hanno insegnato l’italiano, nutrito con pasta asciutta, petto di pollo e uova ad occhio di bue. Io sono stato educato qui, cresciuto in mezzo ai cosentini. Ero sempre l’unico cinese in classe, perché i miei sono stati i primi ad aprire un ristorante cinese in Calabria, all’epoca non esisteva una comunità cinese qui e i miei genitori non mi hanno mai imposto la lingua e la cultura cinese. Crescendo e confrontandomi con loro e altri miei parenti ho notato che sono tutti dei gran lavoratori, per esempio. Un’altra cosa che mi piace molto della cultura cinese è il rispetto, la gratitudine, la riconoscenza che si ha nei confronti di un genitore. Io ho avuto molte più possibilità rispetto ai miei genitori, cresciuti in famiglie povere; se ho avuto una vita migliore è tutto merito loro, sono legatissimo e devoto per tutto quello che mi hanno dato; ma è inutile negarlo, la mia forma mentis è quasi completamente italiana, quindi se dovessi scegliere tra le due culture, sceglierei quest’ultima.

Ti sembra che con le ultime notizie riguardanti il corona virus l’atteggiamento delle persone nei tuoi confronti sia cambiato?

Tanti razzisti hanno approfittato dell’occasione per diffondere fake news, per esprimere ed alimentare la paura, l’odio e la discriminazione nei confronti della comunità cinese. Per fortuna, qui a Cosenza c’è tanta gente civile, educata, per bene che continua a trattarmi come sempre e non crede a queste cattiverie ma c’è anche tanta gente sconosciuta che incontro in giro che, con discrezione o meno, mi evita per paura e “prevenzione”. Per quanto riguarda i miei amici di sempre, non hanno cambiato atteggiamento, per loro rimango sempre lo stesso; mi sono rimasti vicino, a volte ne discutiamo e ci ridiamo sopra sia di persona che sui social.

Secondo te questo allarmismo sta influendo sull’attività della tua famiglia?

Sì, purtroppo questa psicosi del coronavirus ha fatto calare drasticamente il lavoro, ci sono state sere in cui il locale è rimasto vuoto, neanche ordini take-away, perché adesso la gente ha paura di mangiare cibo asiatico, in quanto teme il contagio andando in un ristorante gestito dai cinesi.

In quanto giovane italiano di seconda generazione e membro attivo della comunità cinese, come state reagendo a questo allarmismo che sta spesso degenerando in veri e propri episodi di discriminazione?

Lo scrivo e racconto anche per riderci sopra sui social, come facebook e instagram, oppure lo racconto di persona ai miei amici e parenti.

Vuoi lanciare un messaggio di apertura e rassicurazione a nome della comunità cinese?

Sì, vi assicuro che non tutti i cinesi sono untori del coronavirus! Tanti sono come me e i miei familiari che manchiamo in Cina da tanti anni! Nel mio ristorante la carne e la verdura sono di provenienza italiana al 100%, tutti i nostri fornitori sono aziende italiane ed è così da decenni. Cercate di non credere ad ogni cosa che vi viene raccontata sul popolo cinese. Siate rispettosi, non discriminateci, per il semplice fatto di avere gli occhi a mandorla, è un brutto momento per tutta la comunità cinese e la Cina sta impiegando tutte le sue risorse economiche per limitare e sconfiggere il virus. Grazie a tutti.


Pubblicato sul Quotidiano del Sud- l’Altravoce dei Ventenni il 17/02/2020