L’isolamento delle aree interne, il male dimenticato del Sud

Se imparassimo a diffidare della retorica patinata e consolatoria con cui sono descritti i piccoli comuni (i «borghi» in cui trascorrere le vacanze estive, come se i paesi fossero chiusi a chiave per il resto dell’anno), avremmo l’opportunità di comprenderne a fondo problemi ed esigenze che l’emergenza sanitaria ha fatalmente accentuato e moltiplicato.
La questione diventa ancora più stringente quando si parla delle aree interne del Meridione, le più fragili dal punto di vista demografico, economico e sociale, dove risiedono più di 5 milioni di persone.

Esiste una strategia per questi territori nel Piano nazionale di ripresa e resilienza licenziato a fine aprile dal governo Draghi?

Sfogliando le oltre 260 pagine del documento, molti nodi cruciali sono affrontati in maniera del tutto generica, primo fra tutti la digitalizzazione delle aree più svantaggiate del Paese: il PNRR annuncia come obiettivo di lungo periodo il potenziamento dei collegamenti a Internet, garantendo a tutti gli italiani una connessione veloce (un gigabit al secondo) entro il 2030, ma esclude le comunità che vivono nelle aree interne dalla rete 5G, considerata strategica solo per le zone più densamente abitate d’Italia.

A proposito di piccoli centri: il Piano destinerà 2,7 miliardi di € alla «rigenerazione di piccoli siti culturali» e al patrimonio artistico e culturale dei borghi, sui quali dirottare i flussi turistici in esubero. Una proposta certamente ambiziosa, seppure descritta con parole che guardano più al marketing («attrattività») che alla storia e alla cultura di questi luoghi.

Solo un piccolo appunto: come accogliere i visitatori in fuga dalle grandi città d’arte verso il profondo Sud, data la perdurante inadeguatezza dei collegamenti stradali e ferroviari, per tacere dei progetti di mobilità sostenibile rimasti fino ad ora sulla carta?

Non c’è dubbio che  l’attivazione dell’alta velocità sulle direttrici Napoli-Bari e Salerno-Reggio Calabria e gli investimenti sulle linee regionali siano un’operazione importantissima per tendere una mano a chi vive lontano dai grandi centri urbani, soprattutto se sarà capace di generare ricadute positive nel medio e nel lungo periodo. Tuttavia, si insinua un dubbio: non sarà troppo tardi per una terra da cui si fugge sempre di più (-425mila residenti negli ultimi dieci anni)?


Già pubblicato in versione ridotta su L’Altravoce dei Ventenni – Quotidiano del Sud 10/5/2021