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Legge Zan: una tutela negata anche alle persone con disabilità

Crediti foto: Disability Pride

Il Disegno di Legge Zan, ormai lo sappiamo, è stato respinto e dovremmo aspettare come minimo sei mesi per poter presentare una nuova legge sull’argomento. Conosciamo bene i punti più divisivi, che hanno animato per mesi il dibattito: quelli dell’identità di genere e l’orientamento sessuale. Meno si è dibattuto su un tema che pure era parte del provvedimento: le discriminazioni basate sulla disabilità.

Il provvedimento è intitolato infatti “Misure di prevenzione e contrasto per reati fondati sul sesso genere, identità di genere e sulla disabilità”. Il fenomeno che si voleva contrastare era quello dell’abilismo che, come si legge sul dizionario Treccani, è un “atteggiamento discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità”. Secondo il rapporto contro gli atti discriminatori Oscad del Ministero dell’interno, negli ultimi anni si è verificato un aumento dei reati con vittime persone con disabilità: dai 157 casi del 2017 si è passati ai 207 del 2019, le aggressioni fisiche sono raddoppiate da 54 a 96. È quindi un fenomeno tutt’altro che trascurabile e marginale, senza contare che molti episodi restano spesso nascosti, per paura, vergona o semplice pudore, e le cifre sono da considerarsi sottostimate. Bisogna dire che il concetto di abilismo solo da poco è entrato nel dibattito ed è forse sconosciuto al grande pubblico, anche se il fenomeno esiste purtroppo da sempre e ha attraversato le varie epoche storiche, cambiando forme e strumenti. Esistono vari tipi di abilismo: quello diretto. con atti che escludono la persona con disabilità, e quello indiretto dato da atteggiamenti anche involontari.

Il DDL Zan quindi era un’occasione per formalizzare tutto questo, dargli un nome e un’ identità, perché le cose brutte per essere contrastate hanno bisogno di un’identità: un concetto che sembra fare così paura oggi nel nostro Paese e non solo. Di questo tema legato alla legge Zan si è sicuramente parlato poco, da una parte proprio perché è un tema forse meno divisivo la cui condivisione e approvazione era data per scontata, una volta che i nodi più spinosi fossero stati sciolti; d’altra parte bisogna ammettere che la  voce del movimento delle persone con disabilità riguardo all’approvazione della legge Zan si è fatta sentire poco, o comunque meno rispetto a quanto ci si sarebbe aspettati. Il discorso non va ovviamente generalizzato. La stessa Fish (Federazione Italiana Superamento Handicap) ha dato il suo appoggio, insieme alla UILDM, e ricordiamo l’appoggio dato da singoli attivisti come Simona Lancioni e Iacopo Melio.

Non possiamo negare però che la legge abbia portato malumori nello stesso movimento. Ne dà conto, per esempio, la rivista di riferimento della Fish, Supeando.it, secondo cui alcuni hanno espresso la paura di una eccessiva categorizzazione. I temi su cui, anche negli ultimi tempi, il movimento si è concentrato sono quello della vita indipendente del lavoro e in generale tutti gli strumenti che possono portare ad una maggiore inclusione. Un impegno che proprio di recente ha portato all’approvazione della legge delega sulla disabilità, che è stata definita una svolta, perché rappresenta il primo passo per una nuova legge quadro sulla materia. Questo dimostra quanto il movimento delle persone con disabilità sia oggi capace di incidere, nonostante sia un argomento spesso lasciato ai margini del dibattito pubblico, almeno nei canali del mainstream. Quest’ultimo è un importante elemento che spiega, forse più di chiunque altro, la poca attenzione al fattore disabilità legati al DDL Zan, che andava proprio a formalizzare il concetto della discriminazione multipla, che quindi può riguardare contemporaneamente una donna, il suo orientamento sessuale e la sua disabilità: in questo caso, la discriminazione non si somma ma si moltiplica.

In chiusura voglio ricordare che il Disability Pride che si è svolto a Roma dall’1 al 3 ottobre e che ha avuto come parola d’ordine proprio intersezionalità, ad indicare quanto la disabilità sia un tema che riguarda tutti, anche le persone LGBT+ che hanno infatti partecipato agli eventi e alla marcia finale per le vie di Roma. Speriamo che questo malagurato stop del provvedimento porti ad una maggiore presa di coscienza da parte di tutti e che da ora in poi la voce del movimento si si faccia sentire forte, in moda da superare pregiudizi e paure e fare un altro piccolo passo verso una società più giusta.


Già pubblicato su Quotidiano del Sud-L’Altravoce dei Ventenni 01/11/2021
Crediti foto: Disability Pride

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