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Le app d’incontri a difesa della democrazia

Come le donne stanno aiutando a individuare i terroristi di Capitol Hill

Se c’è una cosa che quattro anni di Trump presidente ci hanno insegnato è che la fiducia nelle autorità è sopravvalutata e che le nuove generazioni sanno perfettamente come muoversi per aggirare il sistema e combatterlo, se necessario, con mezzi anticonvenzionali.

L’attacco terroristico a Capitol Hill ha segnato un punto di svolta a livello storico, ma anche politico, delle elezioni americane: ha messo di fronte il mondo al problema dei suprematisti bianchi, al potere che hanno acquisito in questi anni con un loro rappresentante in una posizione di potere enorme, che non solo stanziava fondi per loro ma appoggiava pubblicamente le loro ideologie razziste e misogine, arrivando fino al giorno stesso dell’invasione della Casa Bianca a chiamarli “patrioti” su Twitter.

Eppure, a una chiara estremizzazione fascista è conseguita un uguale e contrario potenziamento dei gruppi Antifa, che fin dall’uso di TikTok a giugno hanno dimostrato di non farsi problemi a utilizzare le nuove tecnologie per mostrare il loro scontento e fare attivismo nonostante la pandemia e il distanziamento sociale imposto. Un alleato inaspettato a pochi giorni dall’insediamento di Joe Biden, si sono rivelate le piattaforme d’incontri.

I giorni precedenti all’attacco al Campidoglio, le abitanti di Washington avevano notato dei comportamenti anomali sulle loro app d’incontri, in particolare su Bumble, che a differenza di Tinder permette di inserire il proprio orientamento politico nei filtri. Infatti, nonostante la vittoria dei repubblicani nel 2016, la città è sempre rimasta a prevalenza liberal, per cui l’improvvisa ondata di conservatori che ha invaso la capitale i giorni precedenti all’attacco ha insospettito, senza ovviamente poter ipotizzare l’escalation violenta. Tuttavia, questa sorta di monitoraggio involontario ha permesso alle cittadine di avere un’idea efficace per aiutare gli agenti del FBI a individuare i colpevoli dell’attentato.

Infatti, terminata la sommossa e disperso il gruppo di sostenitori di Trump, l’ente ha diffuso un comunicato con cui chiedeva ai cittadini di riportare, nel momento in cui fossero a conoscenza di dettagli o delle identità degli aggressori, più informazioni possibili utili all’identificazione. In un’azione quasi coordinata, nata però spontaneamente, le donne hanno modificato il filtro dell’orientamento politico su “destra” e contattato chi si trovasse ancora nei dintorni della città e riportasse nelle foto di essere un sostenitore convinto.

Dato il fervente attivismo di molti, nessuno nelle chat private ha saputo resistere alla tentazione – per fare colpo – di vantarsi di aver preso parte agli eventi. A ingannarli sono stati, quindi, prima di tutto loro stessi, cresciuti in un clima che fino ad allora ha permesso ai suprematisti bianchi di subire poche se non nessuna ripercussione per azioni e organizzazioni violente e razziste. A quel punto per molte è stato facile riportare le informazioni necessarie all’organo di controllo e aiutare notevolmente l’FBI nelle indagini. 

Mai come in questo periodo si è reso evidente come la politica sia legata intrinsecamente allo stile di vita di ogni individuo e, soprattutto, come le differenze politiche non siano più tollerabili anche in contesti come le relazioni affettive. Dichiararsi lontani dalla politica è un privilegio che in pochi possono avere ormai e chi non si sente rappresentato da ideologie dichiaratamente violente, non può che reagire con ogni mezzo a disposizione. 

Articolo già pubblicato su Il Quotidiano del Sud – l’Altravoce dei ventenni del 25 gennaio 2021

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