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La realtà virtuale è diventata pericolosa?

Photo by Stella Jacob on Unsplash

La VR tra libertà di accesso e violenze sessuali 

E’ di poche settimane fa la denuncia di uno “stupro virtuale” subito da una ricercatrice di SumOfUs, organizzazione internazionale dedita alla corporate accountability. Il 24 maggio, con una serie di tweet e un report approfondito, SumOfUs ha raccontato di come l’avatar della ricercatrice sia stato condotto in una stanza e sia stato forzato ad atti sessuali davanti ad altri avatar, dopo essere stata incoraggiata da un altro utente a disattivare l’impostazione dei confini personali (Personal Boundary). Per quanto la violenza non sia stata “fisica”, per la ricercatrice è stata in ogni caso disorientante: quando un altro utente toccava il suo avatar i controller manuali vibravano, creandole una sensazione fisica molto inquietante.

Questa aggressione non è però l’unica testimoniata nella realtà virtuale, come riportato dallo stesso documento di ricerca dell’organizzazione: sono diversi gli utenti che hanno riferito di aver visto o vissuto in prima persona violenze di natura discriminatoria, omofoba, razzista e sessuale e gli stessi ricercatori hanno notato la propensione del metaverso a ospitare contenuti estremisti.

Ho parlato con Laura, una ragazza che pochi mesi fa ha vissuto la sua prima esperienza nella realtà virtuale attraverso la strumentazione e l’avatar di un suo amico (“il che – ha detto – mi ha dato una serenità d’animo per affrontare la cosa”) e che in poco tempo si è trovata ad essere importunata da uno sconosciuto, che ha iniziato a comparire con insistenza da ogni angolazione: “si toccava il seno e faceva gesti che mi hanno turbato; io l’ho presa bene perchè ero con l’account del mio amico, e quindi era anche tutto molto scherzoso, però poi la situazione mi ha molto infastidito e ho dovuto cambiare sala per evitare che questo utente continuasse a seguirmi e parlarmi. Quello che mi è accaduto non è una violenza sessuale ma penso sia stata una forma di violenza psicologica. Per me è bastato togliere il visore ed è tutto finito lì, però mi sono chiesta: cosa potrebbe accadere se decidessi di proiettarmi nella realtà virtuale con un mio visore e un avatar con le sembianze femminili? Trovarmi in una situazione del genere potrebbe ledermi?”.

SumOfUs afferma che questi episodi stanno rendendo la realtà virtuale pericolosa e inaccessibile, ma il dibattito tra gli “abitanti” del mondo virtuale è acceso: da una parte, c’è chi chiede una regolamentazione più precisa e severa, per evitare che persone più fragili – primi tra tutti i bambini – possano essere vittime di episodi simili; d’altra parte, c’è chi non vuole esasperare la considerazione che si ha della VR, affermando che non è (ancora) un far west.

A chi dare ragione? Ma, soprattutto, come contrastare questi fenomeni, moderare i contenuti e prevenire gli atti di violenza, mantenendo l’ampia apertura e accessibilità della VR?

Professor Carmelo Macrì (ndr docente di Game Programming e Virtual Reality presso l’UNICAL e Project Manager presso la Internet & Idee), innanzitutto cos’è la virtual reality e cos’è il Metaverso?

Nel 1957 Morton Heilig introdusse con la sua “Sensorama Machine” un’esperienza multisensoriale che gli valse il titolo di Padre della Realtà Virtuale. Tuttavia, è Fred Brooks nel 1999 a restituirci una prima definizione di Realtà Virtuale, così come la conosciamo noi oggi, “Un’esperienza in cui l’utente è immerso in un mondo virtuale interattivo nel quale si ha un controllo dinamico del viewpoint”. Questa definizione ricalca l’aspetto chiave, alla base di tutti gli odierni VR device, legato al controllo dinamico del “punto di vista” del fruitore. Immaginiamo ora che indossando un visore non siamo solo fruitori di un contenuto dove tutto è “controllato” ma entriamo in un mondo che ospita altri visitatori e che propone esperienze di tipo sociale, cercando di riprodurre contenuti che siano quanto più possibile vicino alla realtà, questo è quello che comunemente intendiamo come Metaverso.

Quali applicazioni può avere nelle nostre vite? 

Le applicazioni della Virtual Reality sono innumerevoli, ancor di più se si pensa alle applicazioni dell’intero comparto dell’extended reality (XR) che include Virtual, Augmented e Mixed reality. L’associazione più immediata è quella con i videogiochi. In UniCal, infatti, durante il corso di Virtual Reality,  introduciamo i concetti fondamentali della programmazione in ambienti virtuali facendo sviluppare un videogioco agli studenti, mentre le applicazioni aziendali in Internet & Idee, puntano su aspetti differenti, recentemente abbiamo lavorato in ambito Educational/Training, con applicazioni per l’illustrazione di contenuti tecnici, e in ambito Real Estate, sviluppando un’applicazione per la vendita di appartamenti (non ancora esistenti).

Quali sono i rischi legati alla VR? 

Il primo approccio alla VR si è avuto in ambito accademico, è stata poi adottata inizialmente per le attività di training militare/aerospaziale e ha iniziato ad avere successo perché numerose aziende hanno deciso di investire per far si che potesse essere una tecnologia alla portata di tutti, prospettando dei benefici economici e sociali. Purtroppo però se è vero che la diffusione di una tecnologia ne aumenta le possibilità di sviluppo/crescita in differenti ambiti (grazie al fatto che molte più persone faranno ricerca e investiranno) è altresì vero che aumenta, inevitabilmente, la possibilità che qualcuno ne faccia un uso malsano.

In che modo possono avvenire atti di violenza all’interno del Metaverso?

Il metaverso ospiterà le “copie virtuali” (avatar) di persone reali ed è facile pensare che se cerchiamo di realizzare qualcosa che sia il più simile possibile alla realtà di sicuro ne apprezzeremo i benefici, in termini di esperienza utente, ma non ci possiamo esimere dal pensare che questa attinenza alla realtà non includa anche quanto di peggiore abbiamo da offrire come esseri umani, con lo sfociare di episodi che verranno tristemente ricordati esattamente come avviene purtroppo nel mondo reale, chiaramente con i limiti che il “mezzo” impone.

E’ giusto pensare che la diffusione di atti di violenza nella realtà virtuale stia rendendo questo spazio pericoloso e inaccessibile per alcuni utenti (persone di colore, i membri della comunità LGBTQ+, donne, bambini…)? 

No, sarà e dovrà essere sempre accessibile a tutti (con dei limiti di età), non sarebbe giusto pensare a uno spazio esclusivo quando in realtà dovrebbe rappresentare quanto di più inclusivo possa esistere. Purtroppo, al di là delle esperienze “controllate” che possono essere erogate in un ambiente Virtuale, dagli utenti ci si potrà sempre aspettare dei comportamenti scorretti e inappropriati. Con il tempo bisognerà collezionare tutti gli episodi gravi e irrispettosi con l’intento di trovare tecniche mirate per marginarli quanto più possibile.

Da un punto di vista di impalcatura tecnologica, quali tutele si possono prevedere per gli utenti?

Il Metaverso mirerà sempre di più a ridurre il gap con la realtà, l’intento è quello di creare uno spazio virtuale vivibile che per essere popolato di “fatti” che lo rendano reale e vicino alla nostra quotidianità ha bisogno di informazioni, molte informazioni. Probabilmente, quindi, il primo aspetto da tenere in considerazione, sul quale sarà necessario investire tempo e risorse, è quello della privacy e della sicurezza dei nostri dati personali.

Avvocato Fabio Coppola (ndr. PhD. Professore Incaricato di Diritto Penale dell’Economia presso l’Università Popolare degli Studi di Milano e Presidente di Scuola Giuridica Salernitana), per alcune persone non si possono paragonare gli episodi che accadono nella VR alle violenze che si subiscono nel mondo “reale”; a livello giuridico è giusto parlare di violenze o si tratta di una definizione eccessiva? 

La criminalità informatica rappresenta una delle maggiori sfide della modernità. Secondo le più recenti statistiche, mentre la delinquenza c.d. comune è in calo, i reati informatici sono in crescita. Il dato non deve stupire: trasferendo la maggior parte delle attività umane in contesti virtuali, anche la delinquenza ha trovato un comodo alloggio digitale. Sarebbe dunque ingenuo sottovalutare il fenomeno e anzi vanno studiate nuove forme di prevenzione e repressione. Quanto alla violenza sessuale, la giurisprudenza già ammette che possa consumarsi anche “a distanza” e in assenza di contatto fisico, tramite, ad esempio, l’invio sotto minaccia di foto o filmati ritraenti attività sessuale della vittima. Nel metaverso, l’assimilazione tra violenza sessuale reale e virtuale potrebbe addirittura essere più evidente: immaginiamo l’avatar che sia costretto a subire atti sessuali (es.: la palpeggiata indesiderata). I sensori che collegano l’uomo alla macchina, il cui sviluppo è attualmente solo immaginabile, permetterebbero alla persona di percepire sensorialmente l’atto sessuale subito dall’avatar, proprio come accade nella realtà. Con l’aggravante di una maggiore esposizione al pericolo nei luoghi solitamente più intimi e sicuri (grazie al PC e ai sensori, nemmeno la propria abitazione sarà totalmente al riparo dagli avatar malintenzionati).

Quali tutele ci sono attualmente in Italia per gli utenti e per chi è vittima di queste violenze nel Metaverso? Quali ulteriori tipologie di tutele si potrebbero prevedere? 

Al momento le forme di tutela previste sono per lo più territoriali, legate cioè al Codice penale di ciascuna Nazione. Ciò rappresenta un primo grande problema con cui occorrerà (a livello europeo lo si sta facendo) confrontarsi. Scomodiamo ancora una volta la vittima di violenza sessuale nel metaverso. Quella condotta potrebbe essere subita da un cittadino italiano da parte di un cittadino cinese all’interno di un server canadese. Si pongono allora una serie di questioni: chi e dove dovrà perseguire quel reato? gli strumenti investigativi transnazionali sapranno garantire la necessaria prontezza d’azione? 

Se il metaverso dovesse avere il successo che si prevede, non è troppo azzardato immaginare forme di tutela, anche penale, condivise tra gli Stati per i fatti di reato avvenuti al suo interno. Chissà che non arriveremo addirittura ai Tribunali del metaverso…  

L’organizzazione SumOfUs ha presentato un’istanza ad alcuni azionisti di Meta, chiedendo un’analisi di rischio di violazione dei diritti umani nel Metaverso e negli ambienti di realtà virtuale. Cosa pensa di questa azione? 

Non conoscevo nello specifico l’iniziativa di SumOfUs, ma ritengo sia una esigenza condivisibile. Se, come pare, il metaverso ci permetterà di trasferire, con ancora più immedesimazione, le nostre attività sociali e imprenditoriali nella realtà virtuale, occorrerà prevedere per quel ‘Nuovo Mondo’ le stesse tutele e diritti riconosciuti in quello reale. Banalmente, il fatto stesso di dover possedere un PC di ultima generazione e una connessione prestante per accedere a servizi digitali sempre più essenziali potrebbe creare irragionevoli e inammissibili disparità.

E allora, la realtà virtuale è diventata pericolosa? Si può dire che sia lo specchio del nostro mondo, della realtà “fisica” che viviamo quotidianamente; è quindi necessario che anche nel mondo virtuale ci siano tutele, restrizioni e che gli stessi utenti abbiano una maggiore consapevolezza dei rischi. Poi, per fortuna, almeno in questo mondo basta togliere il visore per fuggire da gran parte dei pericoli.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni

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