Officine Buone, il non-profit che mette in moto tutto il potere della musica
La musica è arte, è fonte di divertimento, è forma di espressione, è passione, è professione, è terapia; è tante cose messe insieme. La musica, soprattutto, unisce le persone e può creare opportunità bellissime di arricchimento e crescita umana, come avviene nei progetti di Officine Buone, un’associazione non-profit nata a Milano nel 2013 e oggi attiva in 12 città italiane e a Londra, col fine di supportare le persone con fragilità attraverso format culturali. E’ una fucina di progetti, talenti e buone azioni. A colpire è soprattutto Special Stage il progetto con cui giovani musicisti si sfidano in ospedale di fronte a una giuria composta da pazienti, personale sanitario e volontari.
Special Stage è una delle più grandi rassegne musicali in Italia e a causa del covid ha subito una battuta di arresto nei reparti ma non si è mai veramente fermata. Proprio per la forza che unisce musica e volontariato, si è tramutata in una forma di stage sharing, consentendo alla musica di superare le barriere. Così, anche in un periodo complicato come quello attuale, i musicisti continuano ad esibirsi, facendo arrivare la loro musica a chi ne ha più bisogno, e Officine Buone continua a mettere in moto il potere della musica.
Ugo Vivone (Presidente di Officine Buone ndr.), come nasce Officine Buone?
Ci fu un episodio scatenante all’Istituto Tumori di Milano. Io sono calabrese e avevo accompagnato un mio parente per le cure, a causa dell’emigrazione sanitaria. Passavamo weekend lunghi nello sconforto e un giorno mi fu chiesto di suonare qualcosa per “movimentare” la situazione, così presi Ia tastiera portatile e suonai per mezz’ora nel reparto. Alla fine, due pazienti mi chiesero: “Quando torni?”. Da lì l’idea. C’era un buco dell’associazionismo ospedaliero: per i bambini ci sono centinaia di associazioni, per gli adulti, invece, si fa solo assistenza pratica, perchè l’adulto è adulto. Inoltre, subito ci siamo resi conto che il vero destinatario del volontariato non è il paziente ma chi suona, perché riceve contemporaneamente 3 cose: un palco, difficile da avere a disposizione per gli emergenti; un’opportunità professionale, perché si trova a suonare a tu per tu con i grandi della musica; fare volontariato in un contesto che solitamente spaventa, che avvicina all’ospedale e alla prevenzione. Quindi il volontariato aiuta soprattutto chi lo fa. Questo è stato il nostro punto di partenza ma c’era già alla base la voglia di creare modalità per far emergere i giovani talenti.
Special Stage è il vostro progetto più importante, in cosa consiste?
Dopo i primi 3 o 4 anni di laboratori abbiamo avviato Special Stage, un talent in cui vincono tutti. Gli artisti si iscrivono ad una gara, arrivano sul posto, sono portati in un reparto a suonare e quando finiscono, in realtà, non sono più interessati a vincere o perdere. E’ un talent in cui anche l’ultimo classificato vince perchè è riuscito a far sorridere qualcuno. E’ un talent “al contrario” che, fino ad oggi, ha attratto circa 500 artisti.
E’ quindi un bel connubio tra volontariato e valorizzazione dei giovani artisti ma in quest’anno e mezzo, in cui il contatto umano e l’accesso in ospedale sono stati molto limitati, se non impossibili, come avete reagito?
Incredibilmente, nel 2020 abbiamo triplicato il giro di lavoro. Samo dovuti uscire dagli ospedali ma ai musicisti che abbiamo conosciuto negli anni volevamo dare qualcosa in cambio, così abbiamo creato Open Stage, un palco che si installa all’aperto creando un concerto vero e proprio di alta qualità. Si tratta di un totem che funziona via app: l’artista prenota, arriva sul posto, lo sblocca con lo smartphone, si attacca al mixer e suona. Ha a disposizione il mixer, il microfono, le luci al led e i sensori che calcolano quante persone si fermano ad ascoltare, inviando sul telefono la reportistica. Inoltre, il totem fa da anti-assembramento, perché se le persone nel pubblico sono troppo vicine la musica si ferma. Lo abbiamo realizzato con un’alta operazione di ingegneria informatica e anche con l’assistenza di Cesareo, il chitarrista di Elio e Le Storie Tese.
Chi sono i vostri volontari?
I nostri volontari rientrano nella fascia tra i 20 e i 30 anni; c’è chi studia all’università e chi ha iniziato a lavorare. Si tratta di un volontariato occasionale e quindi si presta a questo target perché lascia libertà: si partecipa quando si può, non ci sono quote di partecipazione né obblighi, occorre solo prenotarsi alle date tramite la nostra app, così sappiamo che in ogni data che organizziamo c’è una squadra per organizzarla. C’è anche un’altra squadra di volontari: gli artisti che creano lo show o, riferendoci agli altri progetti di Officine Buone, i cuochi di Special Cook, che devono cucinare il miglior piatto possibile in ospedale.
Avete iniziato negli ospedali milanesi ma pian piano c’è stata un’espansione in altre città d’Italia e d’Europa…
Dall’Istituto Tumori, dov’è anche la nostra sede sociale, ci siamo espansi innanzitutto in altri ospedali di Milano, poi il primo fuori regione fu a Catanzaro e pian piano abbiamo raggiunto anche altre città, come Roma, Venezia o Torino, in cui siamo stati contattati da sostenitori che ci avevano scoperto sui social. Adesso siamo anche a Londra.
Oltre alla musica sono tantissimi i progetti portati avanti da Officine Buone, come quelli a supporto dei giovani a livello lavorativo. In cosa consistono?
Nei primi 10 anni di attività abbiamo realizzato progetti nostri, come Special Stage, Special Cook, Involontaria, e più crescevamo più capivamo di poter avere anche una funzione di incubatore a supporto di progetti esterni. Il primo progetto che abbiamo supportato uscirà nell’autunno e porterà l’insegnamento del cantautorato a scuola come materia integrativa: permetterà ai giovani musicisti di lavorare, insegnando nelle scuole medie e superiori e permetterà di portare una cultura dell’ascolto cantautorale; Con Ad Astra Project, invece, con la collaborazione di Campari, Lavazza, Eataly e Fondazione Comunica Milano abbiamo offerto a ragazzi di 20 anni con fragilità di diverso tipo un percorso formativo di alto livello e tirocini in bar e attività affiliate, con possibilità di assunzione.
Pensate di rafforzare queste attività anche al sud?
Facciamo spesso progetti al sud però quello che è difficile è il rapporto con l’amministrazione. Ad esempio, lo scorso anno abbiamo realizzato un’attività a Pizzo attraverso la vincita di un bando ma ancora non abbiamo ricevuto i contributi monetari che ci spettano; stesso discorso per un progetto realizzato all’interno dell’Università della Calabria. Quindi, se dovessimo scegliere tra realizzare un progetto a Milano e uno in Calabria, il cuore ci spingerebbe in Calabria ma la ragione saprebbe che realizzandolo a Milano si andrebbe avanti senza difficoltà. Però non ci demoralizziamo mai e agiamo sempre. Allo stesso tempo, non dobbiamo chiudere gli occhi, anzi bisogna tenerli aperti e dire quali sono i problemi del territorio, perchè può aiutare a migliorarlo.
Il 19 giugno si è tenuto Special Stage Fest, di cosa si tratta?
Ogni anno organizziamo un evento finale; nel 2020 è saltato e quest’anno quindi si è trattato soprattutto di un concerto di ripartenza. La data del 19/6 non è stata casuale perché volevamo essere prossimi alla Festa della Musica. E’ stato anche un best of, con i 10 migliori artisti degli ultimi 6 anni di Special Stage che si sono sfidati sul palco per vincere un premio di 10.000 € finalizzato a finanziare un tour estivo. E’ stato un concerto all’aperto davanti all’ospedale Niguarda, un posto di sofferenza ed uno dei principali protagonisti del Covid a Milano, quindi per noi è un segno di ritorno nel portare un po’ di umanità negli ospedali e, allo stesso tempo, un concerto musicale importante con molti nomi noti della musica italiana.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Il primo è ricominciare da settembre con i nostri progetti nelle modalità che conosciamo, tornando in contatto con i pazienti, i reparti e i nostri ragazzi. Poi abbiamo una call aperta per selezionare 6 realtà di innovatori milanesi under 35 con idee di innovazione sociale, che saranno protagoniste di una web serie importante sul tema: andremo a creare un’operazione di comunicazione di queste piccole realtà che le portino ad essere conosciute. L’altro progetto importante è l’insegnamento del cantautorato nelle scuole e, infine, uno sviluppo di Open Stage.
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni