Addio al maestro Ennio Morricone
Tutti sanno che i lunedì mattina sono difficili da mandare giù, ma pensare di dover affrontare il resto della settimana dopo aver letto della morte di Morricone rende il tutto praticamente impossibile.
Per ognuno di noi Ennio Morricone ha avuto un ruolo importante nella nostra vita. Un ruolo magari diverso, con livelli di importanza diversa, ma non per questo trascurabili. Che ne abbia fatto parte grazie alla passione dei nostri genitori per i film western all’italiana, o come sottofondo musicale di giornate infinite di studio, o come divertissement di una band che amiamo (basti vedere la cover dei Metallica di “L’estasi dell’oro”), o più recentemente come colonna sonora dell’Italia che resiste — esemplificato dal ragazzo che suona alla chitarra il “Tema di Deborah” da “C’era una volta in America” su una Piazza Navona vuota — non si può negare che Morricone sia stato come un eco costante della nostra vita.
Una presenza fissa e irraggiungibile, uno standard inarrivabile, il canone del talento italiano inneggiato anche all’estero, Ennio Morricone è stato e sarà per sempre un protagonista indimenticabile del mondo del cinema e della musica.
Indiscutibilmente noto per i due Oscar vinti, per le vittorie ai Grammy Awards, ai Golden Globes, ai BAFTA, ai David di Donatello, ai Nastri d’argento, agli European Film Awards e per aver ricevuto un Leone d’Oro alla carriera e un Polar Music Prize, a me piace però ricordare Ennio Morricone come la persona che non era mai soddisfatta del proprio lavoro, che cercava sempre un di più invisibile agli altri, come il peggior critico di se stesso e come un perfezionista che non si è accontentato mai delle proprie vittorie. Quasi come Caligola di Camus, sempre alla ricerca di un qualcosa di inarrivabile che lo teneva sveglio la notte, mi immagino un Morricone perennemente insoddisfatto dalle sue creazioni, il genio assoluto alle prese con i limiti umani.
Pensare che l’uomo che ha incantato il mondo intero con le sue colonne sonore possa non essere stato del tutto appagato dalla sua carriera può sembrare quasi paradossale, ma al tempo stesso identifica il compositore, musicista e direttore d’orchestra romano come un artista d’altri tempi. La frase forse più esemplificativa per spiegare l’immagine che ho di Morricone venne detta proprio da lui. Il musicista si identificava quasi come un guerriero solitario alle prese con la grande battaglia contro la musica, rappresentazione dell’anima:
“Posso avere anche centomila persone, alle spalle: non me ne accorgo. Sono troppo concentrato, sono solo. Solo fino agli applausi conclusivi. Allora tutto si scioglie. Il miracolo s’è ripetuto un’altra volta. E posso passare anch’io dalla parte del pubblico“.
Addio maestro, hai raccontato l’introspezione di un’Italia in crescita e hai fatto sognare il mondo intero con i tuoi brani e per questo rimarrai per sempre una pietra miliare della storia artistica italiana.
“La musica poi è intangibile, non ha sembianze, è come un sogno: esiste solo se viene eseguita, prende corpo nella mente di chi ascolta. Non è come la poesia, che non necessita di interpretazione perché le parole hanno un loro significato”