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La musica che riparte da Sanremo

Il Festival di Sanremo è una di quelle occasioni di ritrovo dal sapore nazionàl-popolare. Per una settimana, il bel Paese rallenta o addirittura si ferma, incantato dalle luci e dalle voci di sirene che ammaliano dal palco dell’Ariston.
La 71° edizione, tuttavia, ci costringe ad aguzzare la vista. Gli spettacoli e le manifestazioni sono bloccate da più di un anno a causa della pandemia; gli addetti ai lavori, storicamente poco tutelati, chiedono – da tempo e a gran voce – che la cultura non si fermi e che i luoghi fisici come teatri, sale da concerto e live club, tornino a ricoprire la propria funzione sociale all’interno delle nostre città.

I numeri sono sconfortanti e raccontano una sconfitta: secondo le stime, i concerti e le manifestazioni musicali dal vivo rappresentano il primo settore come volume d’affari, pari a circa un miliardo di euro; seguono gli spettacoli di musica leggera e quelli all’aperto, che nel 2019 registravano 53 milioni di ingressi e presenze. Tutto questo è stato messo in pausa, senza prospettiva alcuna: urge una ripartenza totale del settore, con l’apertura di tavoli interministeriali, l’introduzione di livelli essenziali di cultura, nuove tutele del reddito e garanzie di diritti previdenziali. C’è anche bisogno di stabilire protocolli che consentano un ritorno sicuro e tempestivo alla fruizione dei luoghi della cultura, senza la quale non c’è presente, non c’è futuro e non c’è libertà.

Per questo motivo, la 71° edizione del Festival di Sanremo non è più solo la kermesse chiacchierata, ma è un’occasione da non sprecare per mantenere accesi i riflettori sul mondo della musica.
I cantanti in gara sono ben 26, cui aggiungere gli 8 concorrenti di Sanremo giovani. E poi le cover, i super ospiti, le gag… Tutto questo non è che l’inizio: ci saranno singoli, videoclip, nuovi album, magari anche firmacopie e tour veri e propri. Una boccata d’ossigeno per cantanti, musicisti, management, addetti stampa, fonici, tecnici audio/video, stylist, make-up artist, fotografi.
Gli stessi, magari, che proprio il 27 febbraio hanno preso parte all’evento simbolico L’Ultimo Concerto?, che ha coinvolto 130 live club portando in scena il silenzio assordante e straziante di chi ha fatto della musica un lavoro.

Per questo motivo, lo slogan che ha accompagnato il Festival – “La musica non si ferma mai” – deve essere un auspicio e un monito per tutti noi. La musica si è fermata, ma è un pilastro della cultura di cui non possiamo più fare a meno.

Le poltrone vuote, gli applausi registrati, l’assenza del red carpet, le interviste in videoconferenza, i guanti, i saluti con la mano sul cuore, i carrelli porta fiori, il distanziamento tra gli orchestrali e il protocollo rigido: il Festival c’è, anche se da fuori non si direbbe, e indica a tutti la strada maestra verso un lento ritorno alla normalità, in sicurezza.

Non solo intrattenimento, risate e leggerezza, ma soprattutto musica e canzoni. Quelle da ascoltare tornando a casa come “Potevi fare di più” di Arisa o “Ti piaci così” di Malika Ayane, quelle da ballare come “Musica leggerissima” di Colapesce e Dimartino, “Combat pop” de Lo Stato Sociale e “Amare” de La rappresentante di lista, oppure da sussurrare con occhi adoranti verso chi amiamo come “Fiamme negli occhi” di Coma_Cose e “Quando ti sei innamorato” di Orietta Berti.

Un anno fa ci eravamo lasciati con la vittoria di Diodato e “Fai rumore”. È così che ci siamo ritrovati, con la sua voce ad auspicare di poter tornare a far rumore nelle piazze, nei palazzetti, nei teatri di tutta Italia. Perché Sanremo è Sanremo e quest’anno è anche qualcosa in più: un anelito di speranza.

Già pubblicato su L’Altravoce dei Ventenni-Quotidiano del Sud 08/03/2021

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