Il modo in cui si sta affrontando l’emergenza sanitaria legata alla diffusione del coronavirus in Italia è ben noto e, passata una prima fase in cui l’allarmismo faceva presagire conseguenze catastrofiche, l’informazione corretta sta consentendo ai cittadini e al governo di reagire proporzionalmente alla gravità dell’evento. Le notizie dal resto del mondo, però, scarseggiano e sembra che non vi sia lo stesso interesse o la stessa preoccupazione per il COVID19 negli altri Paesi, i cui media trattano la notizia superficialmente o solo a livello locale.
Dalle testimonianze raccolte si può ben notare la differenza tra la ricezione dell’emergenza in Paesi colpiti e non, Paesi asiatici, europei e africani. Claudia Soddu vive a Seul, in Corea del Sud (uno dei tre Paesi maggiormente colpiti dal virus attualmente) dove studia da un anno grazie a una borsa di studio del governo coreano presso la Korea University.
I più grandi cambiamenti a cui ha dovuto adattarsi durante l’emergenza non differiscono particolarmente rispetto alle disposizioni annunciate dal governo italiano, soprattutto riguardo l’ormai famosa mascherina: “All’inizio la mettevo solo nella metro o in luoghi affollati, ma ora la indosso sempre anche per strada e mi lavo molto più spesso le mani.” Inoltre, continua: “Sicuramente esco meno di quanto farei se non ci fosse l’emergenza. Se posso resto a casa, però prima di uscire controllo sempre la mappa ce mi segnala in tempo reale gli spostamenti delle persone risultate positive al virus, per vedere se uno dei malati è stato da poco nella zona in cui sto andando e controllo spesso il telefono perché il governo invia informazioni in tempo reale via messaggio se ci sono aree da evitare.”
Rappresenta un dato interessante che le persone maggiormente preoccupate per l’epidemia siano gli studenti stranieri o i turisti, soprattutto a causa delle martellanti comunicazioni dei media a riguardo, d’altronde l’allerta è massima e segue periodi di crisi altrettanto gravi date da SARS e MERS.
L’emergenza, inoltre, è stato dichiarata in un periodo di attiva campagna elettorale, per cui le notizie sono politicizzate ed è difficile comprendere l’effettiva percezione del virus per i coreani. Certamente, i provvedimenti del governo riguardano la sospensione di eventi pubblici e manifestazioni, ma sono norme non implementate e la priorità- ci racconta Claudia- consiste nell’invitare i cittadini alla tutela di sè e degli altri e alla cautela.
Similmente in Inghilterra, per la precisione a Londra, Luigi Sprovieri che lavora nella big city ci fa sapere che il governo ha preferito diramare avvertimenti circa l’attenzione particolare da dare alla propria igiene in contesti simili di emergenza sanitaria, ma che la questione sembra assumere particolare importanza o generare preoccupazione, se non nell’ipotesi in cui si decida di partire in Italia, perché vorrebbe dire esporsi al rischio che i prossimi provvedimenti del governo nostrano spingano a una chiusura degli aeroporti.
Sono proprio i mezzi di trasporto aerei a generare maggiore preoccupazione, in questo momento di incertezza- Le gite scolastiche annullate e le prenotazioni disdette- Trenitalia, per esempio, ha predisposto un rimborso completo per i biglietti acquistati e non utilizzati nella settimana di maggiore picco del virus- fanno presagire che i più si aspettino prossime regolamentazioni, ma dalla prospettiva di chi è appena tornato da una vacanza in Egitto, come Carlotta Bianchi, non sembra ancora esserci l’esigenza.
Pur partendo da una zona gialla come Mantova, Carlotta non ha riscontrato controlli negli aeroporti in cui è stata, o almeno non oltre lo standard. Inoltre, il clima nel Paese africano sembra impassibile all’emergenza sanitaria, di cui si ha anche meno percezione mediatica a causa della linea internet meno potente.
Il coronavirus sembra quindi una questione e una preoccupazione distribuita in modo molto disomogeneo, malgrado la capillare analisi del fenomeno condotta in Italia.
Ed è proprio il Bel Paese a rischiare di più, proprio a causa dell’allarmismo delle scorse settimane. Il rischio è di ottenere un drastico calo del turismo e l’applicazione di forme di contenimento che possano compromettere non solo il PIL, ma anche le relazioni internazionali.
Pubblicato su Il Quotidiano del Sud- l’Altravoce dei Ventenni in data 2/03/2020