Cacciatori di leggende: com’è nato Ernest Egg

Avventura, passione e amore per la conoscenza. Questi gli elementi che caratterizzano Ernest Egg, l’ambizioso progetto di due talentuosi ragazzi che hanno investito tempo ed energie nella realizzazione di un corto in stop-motion italiano che mostri la bellezza di quest’arte visiva. Sono Francesco “Paul Izzo” Polizzo e Stefano “The Tree” Bosi Fioravanti gli autori di questa storia che si prospetta al limite del surreale. Il protagonista Ernest Egg, infatti, è un esploratore assetato di conoscenza che si muove nel mondo con lo sguardo disincantato di un bambino, al fine di verificare l’esistenza delle Leggende, ossia quelle creature fantastiche di cui si sente parlare nei miti e nelle favole.
Il regista di questo corto è Claudio Di Biagio (aka nonapritequestotubo su Youtube, Facebook e altri social), già noto sul web; ed è proprio da qui che il progetto ha avuto notevole risonanza, basando le proprie forze sui contributi degli utenti, siano essi materiali o di semplice supporto, grazie al passaparola sui social network.
Visto il notevole successo e la passione investita, abbiamo voluto contattare gli autori per farci raccontare alcuni dettagli in più del nostro Cacciatore di Leggende.
Iniziamo partendo dalla storia, come avete sviluppato la trama di Ernest Egg e qual è il tema conduttore?
FRANCESCO: è l’amore per l’avventura la molla dietro alla scrittura delle prime storie di Ernest, mescolate alla passione per la slapstick comedy americana. La trama è nata su un canovaccio che abbiamo steso insieme a Stefano dopo aver creato dei personaggi che speriamo abbiamo centrato l’obiettivo di farsi amare dal pubblico.
Ci sono storie, atmosfere a cui vi siete ispirati particolarmente?
FRANCESCO: la letteratura avventurosa di tardo Ottocento gioca un ruolo chiave, ma posso assicurare che all’interno delle storie ci sono richiami più o meno evidenti al vissuto di noi creatori, ma anche alle esperienze di cui ci siamo nutriti fin dall’infanzia. Se ti dico che dentro Ernest puoi ritrovarci le canzoni di Tupac, alcuni film di Howard Hawks e dei testi di economia riesci a credermi?
STEFANO: dal punto di vista del character, abbiamo frullato insieme molte immagini, ricordi e visioni, filtrandole con una sana dose di gusto personale. Tra i vari ingredienti, mi sento di citare le forme e la cultura dei toys, Shaun Tan, Mcbess, la grafica anni ‘30 e ‘40, un briciolo di steampunk, l’amore per quelle vecchie foto in bianco e nero dove nulla è veramente a fuoco. Ci sarebbe da tenere un lungo discorso sulla fotografia e sul cinema. È su un mucchio di altre cose.
Secondo voi, cosa fa sì che un’opera possa intrattenere e colpire sia i bambini che gli adulti?
FRANCESCO: credo che si debba realizzare qualcosa che possa permettere al lettore adulto di andare a ritroso nei propri ricordi per ritrovare quel “fanciullino” che Pascoli descriveva nella sua opera come una voce nascosta nel profondo di ciascun uomo e nel frattempo sintonizzarsi sulla giusta frequenza per i bambini, che invece quella voce la ascoltano ogni giorno. Non è un compito facile, ma speriamo di averlo svolto al meglio.maxresdefault
Parlando del vero lato innovativo del progetto: utilizzate la tecnica stop-motion, nuova nell’ambito dell’animazione italiana, ha rappresentato una sfida notevole? È stato difficile coordinarla con la sceneggiatura proposta?
FRANCESCO: la storia e i personaggi si prestano all’utilizzo su diversi media, ma il lato grafico dell’opera ci ha convinti a percorrere questa strada, altamente difficile ma anche molto soddisfacente, e poi, alla scorsa Lucca Comics & Games, fu lo stesso pubblico a richiedere a gran voce la stop-motion. E devo ammettere che è stata una bella sfida, io vengo dal fumetto e mi sono ritrovato catapultato nella scrittura per l’audiovisivo che nonostante sia tangente alla nona arte risulta per molti versi differente a quella per un prodotto editoriale completamente fuori dagli schemi, il libro infatti è un vero e proprio diario di viaggio, e con Stefano abbiamo lavorato ai diversi script ritoccando ogni volta le cose che non funzionavano a causa di limiti tecnici o per le opportunità offerte dal media prescelto per veicolarne la storia.
STEFANO: diciamo che è una mezza verità. In Italia si fa stop-motion praticamente da sempre. Si utilizza perlopiù ai fini pubblicitari, ma anche in campo cinematografico abbiamo avuto qualche esempio importante. Basti pensare a Stefano Bessoni, regista che da anni lavora mescolando live action e stop-motion. Il problema è che, essendo una tecnica molto costosa e dispendiosa in termini di energie, attrezzature e tempo, è poco diffusa e spesso non viene presa in considerazione come una reale alternativa.
Per la somma di tutti questi fattori direi che, sì, è stata davvero una bellissima sfida per noi!
Il progetto ha suscitato l’interesse del popolo del web, che è anche il primo a contribuire alla sua realizzazione, attraverso la campagna su Indiegogo. Come ci si sente a sapere che tante persone vi supportano “a scatola chiusa”?
FRANCESCO: per me la prima cosa che sento è la responsabilità di offrire al pubblico un prodotto che possa soddisfare il loro interesse, ci siamo impegnati moltissimo pur restando “puri” nella ricerca di una storia che fosse bella ma non scontata. Saranno loro a dirci se ci siamo riusciti. Sulla “scatola chiusa” sono grato a ogni singola persona che ci ha supportato, anche chi lo ha fatto con un solo euro, perché il semplice fatto che si sia preso la briga di andare sul web ed effettuare la donazione dimostra un interesse verso il nostro lavoro.
STEFANO: una delle più grandi soddisfazioni che abbia mai provato. In molti ci seguono e ci supportano, ci chiedono, si propongono. Penso che sia meraviglioso.
Il primo goal di 6000 euro è stato raggiunto e presto arriverete a 10000, cosa vorreste realizzare con i nuovi fondi?
FRANCESCO: in realtà la campagna si è chiusa con il 138% di successo, ma non abbiamo raggiunto la soglia dei diecimila euro, che era un obiettivo successivo. Con la somma raccolta abbiamo potuto realizzare il modello animabile, le ricompense previste per chi ci ha sostenuto e le copie del Diario di Ernest, un libro davvero unico, che sarà in vendita anche che per chi non è riuscito a partecipare alla campagna iniziale, stiamo aggiornando il sito di Ernest Egg dove potrete preordinarlo e restare informati sugli sviluppi del progetto.
In ultimo, abbiamo messo in produzione il cortometraggio da mostrare al pubblico che ci ha sostenuto e anche a quello che non ci conosce, oltre che alle diverse case di produzione per mostrare tutto il potenziale del nostro Cacciatore di Leggende.
STEFANO: con il denaro raccolto durante la campagna, oltre alla stampa del libro, alla realizzazione di gadgets quali modelli in resina numerati e personalizzati, portachiavi in pelle e cartoline, abbiamo realizzato il modello animabile di Ernest Egg. Un modello complesso e ben articolato, realizzato con vari materiali, perlopiù di natura tessile, per avere sempre un effetto ruvido e materico, in contrapposizione alla natura “morbida” del personaggio. Già solo questo aspetto può render bene l’idea della complessità nel realizzare la stop-motion, sia per quanto riguarda la ricerca, la realizzazione, le tempistiche e – ahi noi! – i costi.
Ho notato che la maggior parte delle donazioni viene utilizzata per le tasse, credete che sia particolarmente difficile per i giovani realizzare un progetto nuovo, in Italia?
FRANCESCO: l’Italia è un paese affascinante nelle sue contraddizioni, che sono fortissime, e per i giovani avviare qualsiasi cosa che riguardi il proprio futuro è piuttosto complicato, specie rispetto ad altri paesi. Io credo che si debba snellire la burocrazia e incentivare anche progetti che non riguardino solo la produzione fisica, in fondo siamo anche un popolo di poeti.
STEFANO: abbiamo incontrato molti ostacoli, è vero. Ma ce la stiamo facendo, no? La determinazione è una delle piante più prolifere, soprattutto quando il terreno non è poi così fertile.
Cosa vorreste suggerire a chi vuole farsi strada nel campo dell’animazione o della cinematografia?
FRANCESCO: ricordo quello che diceva mio padre: “il lavoro paga sempre, anche sulla distanza”, per cui l’unico consiglio che mi sento di suggerire, per quanto banale, è quello di lavorare sodo e credere nei propri sogni fino in fondo. Ernest era solo una idea nella mente dei suoi creatori ma a distanza di un solo anno è diventato qualcosa di più grande.
STEFANO: come direbbe il nostro beneamato regista Di Biagio, Daje!